“Abbiamo avuto con FCA un primo confronto sulla situazione di emergenza causata dalla epidemia di Covid-19. Emerge naturalmente un quadro grave per l’industria in generale e quella dell’auto in particolare. Caduta di mercato, fermo produttivo prolungato e restrizioni del tutto intempestive da parte della Unione Europea rischiano di costituire un connubio durissimo”. Lo dichiara Rocco Palombella, segretario generale Uilm, che ha partecipato, insieme al segretario nazionale Uilm Gianluca Ficco responsabile del settore auto, alla videoconference fra FCA e Organizzazioni nazionali, presieduta dal responsabile EMEA della multinazionale Pietro Gorlier e dal responsabile delle relazioni sindacali Pietro De Biasi.
“Innanzitutto – dichiara il leader Uilm – abbiamo convenuto con FCA la necessità di predisporre le condizioni di massima sicurezza possibile per quando ci sarà la auspicabile ripresa produttiva, proseguendo con il lavoro che era iniziato in ogni fabbrica e in ogni ufficio prima che il Governo decidesse il blocco generalizzato. Che si torni a lavoro il 6 aprile, il 14, o in qualsiasi altra data, sarà difatti indispensabile rendere la fabbrica e gli uffici luoghi sicuri, poiché si passerà certamente attraverso una fase più o meno lunga in cui dovremo usare cautele particolari, in parte già adottate e in parte da rafforzare, quali la dotazione di dispositivi di protezione individuale, in particolare mascherine e guanti, la gestione scadenzata delle pause, la rilevazione della temperatura in ingresso, la limitazione dell’utilizzo degli spogliatoi ai soli lavoratori che ne hanno effettivo bisogno, la possibilità di sostituire il normale servizio mensa con la consegna di un cestino e con la collocazione della relativa pausa a fine turno, la creazione di percorsi e procedure interni che evitino assembramenti anche nelle delicate fasi di entrata e di uscita; per tutti coloro che ne hanno la possibilità è naturale che andrà assicurata la prosecuzione del lavoro agile, che è arrivato a coinvolgere circa quindicimila dipendenti; misure particolari devono essere riservate infine ai soggetti a rischio, ad esempio per pregresse patologie, o comunque impossibilitati ad arrivare al lavoro per la carenza o la pericolosità dei mezzi di trasporto collettivi. In ogni caso ci siamo ripromessi di organizzare presto un nuovo incontro operativo sul tema, per cercare di elaborare linee condivise”.
“I vertici di FCA – continua – ci hanno inoltre puntualizzato che anche all’estero la situazione è simile all’Italia e che in pratica le uniche attività aperte, anche se a ritmo ridotto, sono quelle di assistenza; in futuro le prime attività a riaprire potrebbero essere la produzione del Ducato in Sevel, della Compass a Melfi e della Fiat 500 elettrica a Mirafiori. Ci hanno rassicurato che non è in corso alcuna revisione del piano industriale, anche se naturalmente quantomeno i tempi dei lanci saranno da valutare alla fine della fase acuta della emergenza. In questo contesto ci hanno spiegato quanto difficile sia per tutte le aziende automobilistiche rispettare le normative europee appena entrate in vigore sulle emissioni medie delle nuove auto vendute. Il calo di mercato repentino renderà difatti pressoché impossibile vendere un numero di vetture elettriche molto superiore al passato, come i regolamenti draconiani della Unione Europea pretenderebbero”.
“Pensiamo – conclude – che oggi istituzioni pubbliche e imprese private possano avviare una fase di collaborazione utile sia a fronteggiare l’epidemia sia a salvaguardare il più possibile l’apparato produttivo. FCA lo sta facendo ad esempio aiutando Siare Engineering a raddoppiare la produzione di respiratori, supportandola con i fornitori e producendo direttamente nello stabilimento di Cento in Emilia il componente più critico, la valvola. Ora è essenziale che le Istituzioni si dimostrino capaci di coordinare la sinergia fra pubblico e privato, nonché di sostenere l’apparato produttivo italiano”.