Facciamo il punto sulla politica industriale?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’articolo di Antonello Di Mario

L’editoriale di “Fabbrica Società”, il giornale della Uilm nazionale che sarà on line il prossimo 15 marzo

Il Paese cresce poco e la nota mensile dell’Istat ce lo fa sapere: nel primo trimestre del 2016 il Pil sale dello 0,1%; la previsione di incremento per il 2016, al momento, è dello 0,4%. Ci vogliono subito investimenti per rilanciare la produttività e la crescita. Bisogna attuare una politica di investimenti a livello europeo e subito dopo un’altra fiscale che tagli imposte e contributi.

Purtroppo, il “Quantitative Easing”, deciso dalla Bce, è stato utile, ma non risolutivo. Ecco, perché urge il finanziamento monetario in ambito europeo a sostegno della spesa pubblica e una riduzione del peso fiscale. Anche in Italia s’è registrata una consistente riduzione degli investimenti, perché è mancata la prospettiva riguardante la produzione collegata. Insomma, non c’è tuttora certezza che beni e servizi prodotti abbiano un mercato idoneo ad assorbirli. Lo dimostra il calo dei consumi interni. Se ne può uscire investendo, per esempio, non solo soldi pubblici, ma anche risorse private garantite dallo Stato, in infrastrutture d’ogni genere di cui l’industria nazionale ha tanto bisogno.

“La via di uno sviluppo sostenibile e duraturo è praticabile – ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella – ma dobbiamo essere consapevoli che l’uscita della crisi avviene nel contesto di una nuova rivoluzione industriale”. Il monito del Capo dello Stato resta fermamente condivisibile se si tiene conto che la creazione di lavoro e di ricchezza nei prossimi vent’anni sarà guidata dall’innovazione.

In un libro intitolato “L’industria del futuro”, che uscirà a breve in Italia, edito da Feltrinelli, emerge l’immagine di un Paese che può crescere solo se dispone di un contesto disponibile a fare impresa. “I Paesi che creeranno le precondizioni necessarie – scrive Alec Ross, consigliere per l’innovazione di Hillary Clinton, fino a quando è stata segretario di Stato Usa – un mercato del lavoro flessibile, una società più aperta, saranno la guida per i processi di innovazione”.

Se la società è chiusa anche gli investimenti in tecnologia innovativa falliranno. In questo senso, ci lasciano ben sperare le parole pronunciate dal ministro dello Sviluppo economico nella medesima cerimonia al Quirinale in cui si è espresso il presidente della Repubblica: “Stiamo lavorando in modo coeso – ha dichiarato Federica Guidi – perché avvenga il passaggio da un’economia manifatturiera a una moderna economia industriale nella quale la ricerca e lo sviluppo, l’innovazione possono svilupparsi. In questa direzione abbiamo elaborato il piano ‘Manifattura Italia’ che sarà presentato nelle prossime settimane”. Bisogna tener presente, però, che lo stesso ministro, ad inizio anno, aveva annunciato per lo scorso 10 febbraio degli “Stati generali dell’industria” di cui, però, s’è persa traccia.

Al Paese servono progetti precisi e risorse idonee, utili a finanziarli: un’azione sistemica, quindi, rivolta al settore industriale e a quello manifatturiero, in particolare, che necessita di incrementare la specifica produttività. La concretezza è fondamentale per uscire dalla crisi. Sarebbe utile, in questa logica, pensare all’istituzione di una “Autorità per gli investimenti”, affinché, tra priorità individuate e il loro finanziamento, non si sprechi tempo e denaro per realizzare la giusta politica industriale. E’ il presupposto fondamentale di ogni società aperta che vuole crescere.

Ufficio Stampa Uilm
Roma, 11 marzo 2016