LFoundry: luci e ombre… cinesi

di Monica Di Cola

LFoundry è una realtà industriale situata in Abruzzo, in provincia dell’Aquila, ad Avezzano. Si producono dispositivi elettronici integrati a semiconduttore (microchip) da oltre trent’anni e rappresenta la seconda realtà italiana del settore; conta oggi circa 1.300 dipendenti, inquadrati come impiegati del c.c.n.l. metalmeccanici industria (Federmeccanica Fim Fimon e Uilm). Ai dipendenti diretti si affiancano, ed avvicendano, circa 200 lavoratori e lavoratrici somministrati e un indotto di circa 300 figure professionali. La distribuzione di reddito sul territorio è di circa 90 milioni di euro di stipendi annui. Le ultime rilevazioni dicono che la LFoundry contribuisce al PIL regionale per il 10% e a quello provinciale per il 30%.

PUNTO DI FORZA
Punto di forza del sito è la certificazione IATF 16949, indispensabile per vendere prodotti nel mercato automotive ovvero tutto quanto ruota intorno all’automobile, ottenuta e mantenuta negli anni grazie all’impegno, la visione e la competenza di tutti i suoi lavoratori, rappresenta la soluzione vincente per un sito come LFoundry.
Il mercato automotive non richiede una aggressiva corsa verso le tecnologie più spinte (legge di Moore), per cui sarebbe difficile competere con i colossi asiatici, ma piuttosto elevati standard di qualità dei processi produttivi, ambito in cui impegno, conoscenza e know-how possono fare la differenza anche con un sito non tecnologicamente di frontiera; LFoundry si afferma come una realtà industriale e un modello di sviluppo-produzione resiliente, alternativo alla tecnologia di frontiera (il settore cosiddetto More Than Moore), ed importante per Italia ed Europa anche in funzione della pianificata transizione digitale Green di cui l’automotive è uno dei pilastri; nonostante ciò, e nonostante l’intensa produzione degli ultimi anni, LFoundry è rimasta sempre in ombra e mai considerata dai governi locali ed internazionali come player importante nello scenario dei semiconduttori.
Anche nella nota tematica pubblicata lo scorso dicembre dal Mef, in occasione degli sviluppi europei rispetto al chip acts, nell’analisi dell’industria dei semiconduttori, le sue principali caratteristiche, i risultati economici conseguiti negli ultimi 20 anni, i principali attori e le loro strategie di investimento, a LFoundry è riservato uno spazio marginale, nonostante le potenzialità per le sfide fissate dall’Europa.

LA STORIA
Lo stabilimento nacque nella seconda metà degli anni 80 come stabilimento della Texas Instruments, grazie anche ad un ingente finanziamento statale dell’allora Cassa del Mezzogiorno; venne acquisito alla fine del 1998 dalla multinazionale americana produttrice di memorie, Micron Technology, che ne ebbe, con successo, il governo per circa 15 anni, portando il numero di dipendenti a 2068; fu convertito, a partire dal 2005, alla produzione di CIS (Sensori di immagine) specializzandosi in tale settore nei successivi 15 anni, contribuendo attivamente al successo della divisione Sensori di Micron.
Nel 2009, data l’instabilità del mercato di riferimento, l’azienda iniziò a utilizzare gli ammortizzatori sociali (C.I.G.O. e legge 201/2009; a seguire, sotto le altre proprietà, anche C.D.S, Fondo Nuove Competenze e Contratto di Espansione). Nel 2013, con il ritiro di Micron dal mercato dei Sensori di immagine, lo stabilimento rischia la chiusura. Diventa quindi indipendente con una operazione di leveraged buyout sposando il modello foundry (fonderia) ed acquisendo la denominazione tramite l’ingresso, come partner, della omonima società tedesca, a sua volta costituita con un’operazione di management buyout. In questa fase vengono utilizzate quasi 52 settimane di CIGO oltre a C.D.S. ed il numero di dipendenti scende a meno di 1.700; da allora e finora rappresenta l’unico produttore di Sensori di immagine per il colosso americano OnSemiconductor (ovviamente quotato in borsa) che nel frattempo ha rilevato lo spin-off della divisione Sensori di Micron, Aptina.

IL COLOSSO ASIATICO
Nel 2016 la società SMIC, affermato colosso asiatico, acquista il 70% delle quote della LFoundry per 60 milioni di euro, lasciando ai venditori italo-tedeschi (quelli del leveraged e management buyout) il restante 30%. L’esperienza con la nuova società si conclude per mutate strategie aziendali e dopo 3 anni, nel 2019, SMIC decide di vendere le sue quote di LFoundry (70%) ad un’altra società cinese (Jangsu) che però lascia concludere l’operazione alla Wuxi (fondi di investimento cinesi e CAS, l’equivalente cinese del MIMIT), denominata SPARC (ad oggi non quotata in borsa). Il 30% delle quote italo-tedesche segue le stesse sorti del 70% cinese e viene anch’esso acquisito da Wuxi, per 60 milioni di euro. Quest’ultima acquisizione, completata a luglio 2019, ha puntato su un radicale cambiamento di prodotti e relativi mercati di riferimento, scalzando quelli che hanno caratterizzato nel tempo la forza di LFoundry. Il piano della nuova compagnia (Wuxi, poi SPARC) non è subito chiaro: nell’incontro presso l’allora MISE con il nuovo AD vengono illustrate alcune possibilità di nuove produzioni da affiancare a quella prevalente di CIS ma nulla di definito.
Successivamente le intenzioni della nuova proprietà vengono chiarite e prevedono:  un cambio di struttura da foundry, che produce autonomamente per clienti esterni, ad IDM (Integrated DeviceManufacturer), ovvero compagnia che integra design, sviluppo, produzione e commercializzazione; un cambio radicale di prodotti e tecnologie, dai sensori di immagine CIS, ai dispositivi di potenza (indispensabili nella gestione delle auto elettriche e in tutte le applicazioni in cui il risparmio energetico è fondamentale); un cambio di mercati in cui operare, da quello automotive occidentale e di pregio, a quello di consumo cinese.

DUE FRONTI
LFoundry ha operato negli ultimi cinque anni su due fronti complessi e difficili da gestire simultaneamente, tenuto conto anche dell’utilizzo di ammortizzatori sociali (Contratti Di Solidarietà) per circa 18 mesi tra il 2019 ed il 2020: continuare profittevolmente il suo business originale (CIS automotive), preziosa fonte di introiti che finanzia la nascente IDM denominata SPARC e sviluppare competenze su tecnologie diverse (dispositivi di potenza), per attaccare i nuovi mercati con i nuovi prodotti pianificati dalla proprietà cinese.
Ad oggi si ritiene che lo stabilimento LFoundry, grazie alle competenze e all’impegno dei suoi lavoratori (circa 1.300), sia riuscito a sostenere con successo questa duplice missione, mantenendosi grazie ai grossi volumi garantiti dal suo cliente principale OnSemiconductor (con il 98% della produzione totale ed il cui contratto di fornitura scade a dicembre 2024 ed è già faticosamente in discussione), qualificando i nuovi prodotti, pronti per la produzione ma ancora senza mercato.

IL FUTURO INCERTO
L’incertezza principale sul futuro, la mancanza di informazioni sull’andamento delle attività (piano industriale), l’impossibilità di accertare quanto dichiarato dalla proprietà con quanto si vive in azienda, l’insostenibilità economica del progetto industriale, hanno generato nel tempo un disingaggio del personale, e una emorragia del patrimonio di conoscenze, esperienze e competenze andate via con i numerosi dipendenti che hanno deciso di lasciare l’azienda per realtà più stabili. È discutibile che un’azienda operi una aggressiva riduzione dei costi di produzione agendo soprattutto sul costo del lavoro per moltiplicare profitti che per la gran parte vengono drenati all’estero invece che essere reinvestiti per il proprio mantenimento e sviluppo. I lavoratori sono fortemente preoccupati per le conseguenze di una possibile crisi industriale che genererebbe al contempo, una paralisi sociale per il territorio, in quanto, Il sito (che è sottoposto a normativa Seveso) una volta spento non potrà ripartire se non con cospicui investimenti (nell’ordine di 1,5 MLD di euro); la rimodulazione industriale in atto in azienda sembra proprio non poter garantire la tenuta occupazionale, sia in termini numerici sia in termini di condizioni dignitosamente stabili e qualificate (già nelle ultime due transizioni abbiamo perso circa 400 lavoratori stabili ed oltre 250 somministrati).

LE OMBRE
La risposta alle preoccupazioni non tarda ad arrivare dall’amministratore delegato rientrato qualche giorno fa dalla Cina: i power non possono essere prodotti nello stabilimento perché il margine di profitto, considerando i costi e il massimo dei volumi, non è sostenibile e si torna alla turnazione a 8 ore, loro dicono per aiutare i dipendenti stanchi, ma è evidente sia necessario a fare cash flow. Come nell’antica tradizione teatrale cinese che ha dato i natali al moderno cinema, le ombre prendono vita lasciando spazio a interpretazioni fantasiose, lenendo il dolore con armoniose speranze o facendo prendere vita ad arcaiche paure, ma il territorio e le persone hanno bisogno, oggi più di ieri, di concretezza per pianificare il proprio presente e sperare in un futuro.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *