di Enrico Ferrone
Il 2023 si apre con i migliori auspici per le attività spaziali nazionali. I fondi liberati dall’Italia all’ultimo consiglio dell’Agenzia Spaziale Europea svoltosi in dicembre scorso a Parigi hanno consolidato il posizionamento nazionale a poche frazioni di punto dalla Francia, ma lasciandola comunque ultima della terna che vede in testa la Germania con il 20,8% dei contributi. Il risultato resta assai buono secondo il governo appena insediato e si è espresso con soddisfazione il ministro rappresentate del settore, che ha ricevuto la delega dalla Presidente del Consiglio poco dopo essere giunto nella capitale francese per presenziare i lavori. Da parte nostra ci auguriamo che la forte esposizione riporti all’Italia dignità e autorevolezza che sono sicuramente mancate negli anni scorsi nelle nomine apicali dell’ente europeo.
LE PROSPETTIVE DELLA CONOSCENZA
L’Agenzia Spaziale Italiana approccia l’anno con un budget praticamente triplicato rispetto al 2019: una consapevolezza dell’importanza strutturale e sociale di un comparto che non rappresenta soltanto il raggiungimento di una soglia tecnologica apprezzabile ma che offre le prospettive di una conoscenza scientifica ed industriale molto efficace per il benessere, la sicurezza e la produzione di ricchezza; secondo le stime dell’OSCE l’attuale valore della space economy globale passerà dagli attuali 310 miliardi di euro a volumi di mercato tra 1.500 e 2.000 miliardi entro i prossimi 20 anni. Naturalmente sono cifre teoriche e tutte da verificare.
Al momento sul territorio italiano sono insediate circa mille imprese del settore, di cui la quasi totalità è costituita da piccole e medie entità con oltre 7.000 occupati in tutto – comprese le sei numericamente più grandi – e due miliardi annui di fatturato. Una fascia produttiva classificata sesta al mondo, ma fortemente legata come Giano bifronte alle industrie d’oltreatlantico e pure alle realtà europee. La conformazione appare solida senza però che sia evidente un percorso industriale definito con le principali aziende nazionali della difesa, che rappresentano indubbiamente l’elemento traente dell’intera filiera dell’alta tecnologia. Una visione di netto disallineata da quella dei grandi partner e competitori europei, ovvero di Francia – con cui si condividono proprietà manifatturiere di livello “prime” – e di Germania.
Sul piano dei lanciatori, segmento essenziale per una nazione che si definisce spaziale, l’unica oggettività nazionale sta vivendo un momento molto difficile per alcune difficoltà tecniche che avrebbero causato fallimenti di missioni. Ma la gravità del caso sta più nella assoluta dipendenza strategica dalla Francia, che di fatto decide mercati e acquirenti di piccola e media taglia imbarcabili sui vettori di costruzione italiana.
LA FUTURA COSTELLAZIONE SATELLITARE ITALIANA
Lo scorso maggio è stata rivelata la denominazione della futura costellazione satellitare italiana: si chiama IRIDE e la scelta è stata effettuata tra 1.061 proposte ricevute da 638 istituti scolastici che hanno partecipato a “Spazio alle Idee”, il concorso lanciato dal Dipartimento per la trasformazione digitale con il Ministero dell’Istruzione e l’agenzia spaziale. Così l’Italia sarà impegnata a realizzare una costellazione che vale circa un miliardo di euro. La notizia in sé fece scalpore quando si appurò che nel quadro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, si è dovuto ricorrere ad una convenzione con l’Agenzia Spaziale Europea per la gestione del programma, data la evidente inadeguatezza delle istituzioni nazionali all’amministrazione del piano. L’inefficienza, oltre ad aver comportato un sostanziale aggravio dei costi del programma, ha traslato su una mentalità eurocentrica tutto quanto avrebbe dovuto essere sviluppato in base ad una conoscenza precisa del territorio e delle sue esigenze.
I satelliti di cui si doterà l’Italia serviranno a monitorare i cambiamenti climatici, a contrastare il dissesto idrogeologico e gli incendi, a tutelare le coste del Paese, a tenere sotto controllo le infrastrutture critiche, la qualità dell’aria e le condizioni meteorologiche generali. IRIDE fornirà inoltre dati analitici per lo sviluppo di applicazioni commerciali ad alta tecnologia da parte di startup e di piccole e medie imprese. Se l‘impegno punta a rilanciare l’ambizione dell’Italia con l’obiettivo di rafforzare l’industria nazionale attiva nel campo spaziale e in particolar modo nell’osservazione della Terra che con COSMO SkyMed rappresenta lo stato dell’arte mondiale, un uso di macchine più semplici, meno costose e ad alta risoluzione temporale potrà sicuramente migliorare il rapporto delle istituzioni preposte con il territorio per la sua salvaguardia sia in caso delle calamità naturali, che per la mala gestione che ne ha fatto la malavita organizzata. Occorre però che assieme alla promozione di una costellazione importante di sorveglianza vi sia una rete a terra adeguata a ricevere l’informazione, elaborarla e trasmetterla in tempo reale all’utenza finale, quale la Protezione Civile, i Vigili del Fuoco e le forze dell’ordine per poter intervenire limitando il danno degli eventi catastrofici non appena rilevati. Questo ci sembra un passaggio molto delicato di cui si parla poco ma che dovrà essere nodale perché i soldi investiti non siano utilizzati per creare inutili cattedrali nel deserto.
VIETATO FALLIRE
Ci auguriamo a questo punto che nel dopo IRIDE, le PMI italiane sappiano dare un seguito a quanto acquisito e che le istituzioni governative vogliano tutelare e sostenere tutte le potenzialità di penetrazione sui mercati mondiali. Perché il PNRR potrà dare una mano importante a tanti percorsi evolutivi del Paese solo se ogni sua componente riceverà una rigorosa architettura organizzativa e funzionale.
Un fallimento a questo punto non sarebbe soltanto una beffa per l’organizzazione statale e per i suoi bracci operativi, ma metterebbe a rischio migliaia di posti di lavoro molto qualificati su cui si sta fondando la speranza della Nazione.