Trenta giorni per salvare Industria Italiana Autobus

Il progetto di reindustrializzazione della ex Irisbus di Avellino e della ex Menarinibus di Bologna, partito quattro anni fa con un accordo ministeriale che scongiurava il rischio di chiusure e licenziamenti, è arrivato dopo alterne vicende ad una fase decisiva. L’impresa incaricata del progetto, Industria italiana Autobus, pare oramai entrata in una crisi da cui non potrà più uscire con le sue sole forze. O ci sarà il più volte invocato rafforzamento della compagine proprietaria oppure la assemblea dei soci, che si dovrebbe tenere fra trenta giorni, potrebbe perfino mettere in liquidazione la società. A far ben sperare è la dichiarazione di ieri del Ministro di Maio, secondo cui è pervenuto l’interessamento di Ferrovie dello Stato.

LO SPIRAGLIO

Da tempo era oramai evidente che Industria italiana Autobus era in crisi finanziaria e dirottava in Turchia la produzione degli autobus aggiudicati nelle gare vinte in Italia. Troppo a lungo tuttavia le denunce del sindacato sono rimaste inascoltate dalle Istituzioni, finché a luglio l’intervento del Ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, è sembrato che aprisse uno spiraglio per una possibile soluzione. Il Ministro prospettava innanzitutto l’ingresso nel capitale di Invitalia congiuntamente ad un nuovo investitore privato ancora da individuare; inoltre si impegnava a riformare la normativa del Jobs Act nella parte in cui questa impone un limite all’utilizzo degli ammortizzatori sociali di tre anni, che nel caso di Industria italiana Autobus, come in quello di molte altre imprese, si traduce in una scadenza al 31 dicembre di quest’anno.

LA PROTESTA

Tuttavia i due mesi successivi sono trascorsi senza che fossero assunte le agognate decisioni conseguenti, mentre la situazione finanziaria continuava ad aggravarsi, fino ad arrivare al mancato pagamento degli stipendi e al sostanziale fermo di ogni attività. Due giornate di protesta dei lavoratori, in presidio presso la sede del Ministero dello Sviluppo economico sia il 6 sia il 10 settembre, sono valse a spingere il Governo a prendere atto della gravità e soprattutto della urgenza della situazione, così da sventare il rischio di un fallimento o di una liquidazione della società e da consentire il pagamento degli stipendi, reso possibile in pratica dal sostegno garantito da Invitalia. Ma l’assemblea dei soci, convocata la prima volta il giorno 10 settembre, dovrebbe essere riconvocata entro trenta giorni, trascorsi i quali i medesimi problemi potrebbero riproporsi con ancora maggior gravità. Da ultimo è giunta, come si accennava, la notizia dell’interessamento di Ferrovie dello Stato, che naturalmente fa sperare in una svolta davvero risolutiva.

LA SPERANZA

Nei prossimi giorni attendiamo la convocazione del tavolo di confronto, per arrivare finalmente al necessario cambio dell’assetto societario. Infine attendiamo con estrema premura l’avverarsi di un altro impegno assunto dal Ministro proprio al tavolo di Industria italiana autobus, vale a dire la rimozione del limite agli ammortizzatori sociali imposto dal Jobs Act. Senza quest’ultimo intervento non solo evidentemente si resterebbe ben presto privi di strumenti utili a scongiurare gli esuberi, ma a ben vedere sarebbe quasi impossibile nell’immediato trovare un investitore che garantisca la piena tutela occupazionale per i circa quattrocentocinquanta lavoratori coinvolti. Lasciar fallire il progetto di Industria italiana Autobus sarebbe imperdonabile se si considera che sono state già acquisite commesse sufficienti a garantire almeno due anni di lavoro sia a Avellino sia a Bologna. Il prezzo non sarebbe solo pesante dal punto di vista sociale e occupazionale, ma anche strettamente industriale, poiché si perderebbe l’ultima possibilità di mantenere in Italia la capacità di produrre veicoli di trasporto pubblico su strada.

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