Un piano di rilancio per uscire dalla crisi più grave dal Dopoguerra e per porre le basi verso una transizione ecologica, energetica e digitale. Questi i principali obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), 248 miliardi complessivi e un documento dettagliato di 337 pagine che il governo italiano ha inviato alla Commissione europea lo scorso 29 aprile, dopo il via libera delle Camere.
COSA PREVEDE
Il Pnrr italiano è un programma di investimenti che l’Italia intende avviare entro il 2026 per risollevare l’economia interna dopo la grave emergenza causata dalla pandemia. Si va dal più grande di 14 miliardi degli incentivi sulle ristrutturazioni alle micromisure da dieci milioni di euro come la zona economica speciale della Sardegna o iniziative per la città di Roma.
Sei missioni, sedici componenti, duecentoventi progetti totali per 248 miliardi, di cui 191,5 provenienti dal Recovery Fund europeo e il resto da fondi nazionali. L’Italia è stata la nazione dell’Ue che ha ricevuto più fondi, circa un quarto del totale, pari a 750 miliardi di euro.
I 191,5 miliardi provenienti da fondi europei sono divisi tra i 122,6 miliardi di prestiti e 68,9 miliardi a fondo perduto. A questi si aggiungono 30 miliardi del Fondo complementare nazionale e ulteriori 26 miliardi di euro da destinare alla realizzazione di opere specifiche ritenute strategiche dal governo.
LE SEI MISSIONI
Il Piano di ripresa e resilienza è costituito da sei missioni, suddivise per aree tematiche, e un totale di sedici componenti.
La prima missione comprende digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura per investimenti complessivi di circa 50 miliardi, di cui 41 finanziati con fondi europei e 8,5 con il Piano complementare nazionale. L’obiettivo è la trasformazione digitale e l‘innovazione del sistema produttivo attraverso banda ultralarga e connessioni veloci in tutto il Paese; digitalizzazione della pubblica amministrazione; rilancio in senso digitale e sostenibile del turismo e della cultura.
La rivoluzione verde e la transizione ecologica rappresentano la seconda missione per un totale di 68,6 miliardi di euro di investimenti, di cui 59,3 miliardi da fondi europei e 9,3 miliardi dal Fondo nazionale. Gli scopi principali sono suddivisi in quattro componenti: economia circolare e agricoltura sostenibile; energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile; efficienza energetica e riqualificazione degli edifici; tutela del territorio e della risorsa idrica.
La terza missione riguarda investimenti per la costruzione di infrastrutture per una mobilità sostenibile e interconnessa, per un totale di 31,4 miliardi, di cui 25,1 miliardi di fondi europei e 6,3 dal fondo nazionale. Obiettivi primari sono il potenziamento dell’alta velocità, la modernizzazione e il potenziamento delle reti ferroviarie regionali, gli investimenti sui porti in chiave green e la digitalizzazione della catena logistica.
Istruzione e ricerca, per complessivi 31,9 miliardi di euro, di cui 30,9 miliardi dal fondo europeo e 1 dal Fondo nazionale, costituiscono la quarta missione del Pnrr. L’obiettivo è rafforzare la collaborazione tra mondo della ricerca e impresa finanziando nuovi centri per l’innovazione e il trasferimento tecnologico e la partecipazione a programmi europei come Horizon e Ipcei.
La quinta missione è denominata “Inclusione e Coesione” e vengono stanziati complessivamente 22,4 miliardi, di cui 19,8 miliardi dal fondo europeo e 2,6 miliardi da quello nazionale. Tra le riforme previste, centralità per le misure di sostegno sociale, politiche attive del lavoro e formazione, coesione territoriale e grande attenzione all’occupazione femminile, anche con la creazione di un nuovo Fondo Impresa Donna.
L’ultima, la sesta, riguarda un diritto e un settore che è stato messo a dura prova dalla pandemia: la salute. L’obiettivo principale di questa missione, per la quale vengono previsti 18,5 miliardi, di cui 15,6 miliardi dal fondo europeo e 2,9 miliardi dal Fondo nazionale, è il rafforzamento della prevenzione e dei servizi sanitari territoriali e di prossimità, oltre all’ammodernamento del parco tecnologico e digitale del sistema ospedaliero nazionale.
PROSSIMI PASSAGGI
Dopo l’invio del Piano nazionale di ripresa e resilienza del 29 aprile, entro i prossimi due mesi la Commissione europea concluderà la sua valutazione per poi passare la parola del Consiglio d’Europa, che avrà quattro settimane di tempo per approvare il Recovery Plan.
Dopo il via libera del Consiglio, la Commissione potrà procedere all’erogazione di un prefinanziamento, pari al 13% del totale della dotazione assegnata, ovvero circa 25 miliardi.
Lo sblocco dei pagamenti è subordinato alla ratifica da parte di tutti gli Stati membri della decisione sulle risorse proprie (DRP) da parte di tutti gli Stati membri, ovvero l’aumento del massimale delle risorse proprie, cioè l’importo massimo dei fondi che l’Unione può richiedere agli Stati membri per finanziare le proprie spese. Questo processo di ratifica per ora è stato completato da Stati membri su 27, tra cui l’Italia che l’ha recepita attraverso il Decreto Milleproroghe.
OCCASIONE DA NON SPRECARE
“Se non riparte l’industria manifatturiera e non vengono utilizzati i fondi del Recovery fund nella giusta direzione il nostro Paese non uscirà da questa crisi senza precedenti” ha dichiarato Rocco Palombella, Segretario generale Uilm. “È un’occasione storica, irripetibile e da non sprecare per il futuro del nostro Paese e per questo – ha concluso il leader Uilm – dall’inizio della pandemia abbiamo dichiarato la nostra disponibilità al governo di confrontarci portando le nostre proposte, per costruire l’Italia del domani che abbia come pilastri il lavoro, la tutela dei diritti e l’ecosostenibilità”.