di Roberto Toigo
Parlare di assistenza sanitaria nell’attuale emergenza Covid è davvero molto complicato. Siamo ancora nel pieno della pandemia: i dati sul contagio in Italia (e nel resto del mondo) sono ancora alti, i cittadini e i lavoratori sono ancora sottoposti a restrizioni negli spostamenti e nelle attività per limitare la diffusione del virus. Ci troviamo, in sostanza, ancora in una fase molto delicata. Proprio per questo, i fondi di assistenza sanitaria, in questi mesi, hanno previsto pacchetti specifici per venire incontro all’inedita situazione che si è verificata.
L’esperienza di mètaSalute (il Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa per i lavoratori dell’industria metalmeccanica) ha insegnato molto in questo periodo. Credo che per quanto riguarda un fondo che è pagato dalla contrattazione nazionale (e quindi senza nulla a carico dei singoli lavoratori), siano importanti tre temi, quelle che definisco le tre “S”: semplicità, solidarietà, sostenibilità.
PIANI SANITARI CHIARI
Semplicità deve essere quella di utilizzo: i piani sanitari devo essere chiari e fruibili, soprattutto devono essere complementari e non sostitutivi del Servizio Sanitario Nazionale. In poche parole, il fondo sanitario deve avere la capacità di sgravare il SSN e nello stesso tempo di agevolare l’utente, per esempio risolvendo il problema delle liste d’attesa. È del tutto evidente che, per quanto appena descritto, il Fondo complementare dovrebbe rappresentare il primo livello del SSN. E quindi – per ottenere la massima chiarezza ed efficienza – dovrebbe essere definito, attraverso un protocollo con il Sistema Sanitario Nazionale, cosa si intende per primo livello. In parole povere: stabilire quali sono gli esami e le prestazioni necessarie per accertare lo stato di malattia, e far sì che essi siano coerenti e sufficienti. Chi si rivolge al Fondo non deve essere costretto a “duplicare” le visite. È importante quindi coinvolgere e informare anche i medici di medicina generale.
LA COESISTENZA CON IL SSN
Solidarietà è la seconda “s”, l’altro tema sul quale concentrarsi. Occorre monitorare, nelle varie regioni, il livello di “intreccio”, di coesistenza tra il SSN e il Fondo: ogni territorio, infatti, ha le sue efficienze e le sue inefficienze. Ci sono aree del Paese in cui alcuni servizi funzionano meglio, in cui quello che abbiamo chiamato primo livello è più allargato, e altre in cui invece prevale il secondo livello. In uno spirito solidaristico, le prestazioni che non sono garantite dal SSN (prevenzione, odontoiatria ecc.) dovrebbero avere la massima facilità di utilizzo nel fondo complementare. Quindi un fondo nazionale ma con le sue specificità regionali.
GARANTIRE LA PRESTAZIONE
Infine c’è la questione sostenibilità. Se si rende un fondo performante e facilmente utilizzabile come è mètaSalute, si arriva ad avere una percentuale di utilizzo delle risorse del 98%: credo si tratti del rapporto S/P (sinistri a premi) più alto attualmente sul mercato, e incredibilmente continuamente criticato da qualche attore. La sostenibilità è fondamentale per poter garantire oggi e domani la prestazione.
Credo che per un welfare integrato di sostegno degno di questo nome, si debbano dare continuità, solidarietà e nello stesso tempo creare le condizioni perché il gestore assicurativo (molto importante in questa particolare fase) possa essere in piccole parti sostituito da mirate gestioni interne (quelle cosiddette in-house).
La gestione di Rbm, ora Rbm Intesa, è stata ed è costruttiva, collaborativa e di buon livello. Il cda ha prorogato di altri due anni il mandato proprio qualche giorno fa. L’esperienza del fondo mètaSalute, che con tanti e valenti colleghi e professori ho avuto il privilegio di far nascere e presiedere, è un primo passo. Da qui bisogna partire per migliorare e rendere fruibile un sistema che deve essere semplice, che risponda ai veri bisogni delle persone e dei lavoratori e che non si riduca ad essere uno strumento tipo bancomat.