Gestione dei Lavoratori Fragili

di Andrea Farinazzo

In condizioni ordinarie la sorveglianza sanitaria dei lavoratori e i compiti del medico competente sono definiti dal D. Lgs 81/08. L’attuale emergenza epidemiologica e la necessità di contrastare la diffusione del virus SARS-CoV-2 nella popolazione (e quindi anche tra i lavoratori) ha posto il mondo del lavoro di fronte a una situazione inedita che ha richiesto interventi anche normativi che si sono andati precisando con l’evoluzione delle conoscenze e le necessità. Fra questi aspetti di novità il tema della persona “fragile”, del ritorno al lavoro delle persone che sono state contagiate o malate, della collaborazione con le autorità sanitarie nei percorsi di accertamento di casi e contatti, coinvolgono i datori di lavoro, i lavoratori e il medico competente. Il Protocollo Condiviso di regolamentazione firmato il 14 marzo dalle parti sociali, in accordo con il Governo, per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori dal possibile contagio da nuovo coronavirus e garantire la salubrità dell’ambiente di lavoro, integrato il 24 aprile ed inserito come allegato 12 nel DPCM 17 maggio 2020, assegna al Medico Competente il ruolo di segnalare al Datore di Lavoro eventuali fragilità ed eventuali patologie attuali o pregresse, per definire l’idoneità del lavoratore alla mansione.

DEFINIZIONE DI FRAGILITA’
La produzione normativa e tecnica di questi mesi ha posto attenzione dapprima alla “persona fragile” e successivamente al “lavoratore fragile”.
La persona fragile è il portatore di patologie attuali o pregresse che la rendono suscettibile di conseguenze particolarmente gravi in caso di contagio, anche detti ipersuscettibili; una generica definizione può essere rintracciata nel DPCM 08/03/2020 e successivi fino al DPCM 26/04/2020 che all’art. 3, comma 1, lett b) prevede che “sia fatta espressa raccomandazione a tutte le persone anziane o affette da patologie croniche o con multi morbilità o con stati di immunodepressione congenita o acquisita, di evitare di uscire dalla propria abitazione o dimora fuori dai casi di stretta necessità”.

LAVORATORE FRAGILE
L’ambito di applicazione è quello delle patologie gravi, come circoscritto dal DL 17/03/2020, poi ripreso dalla Legge n. 27 del 24/04/2020 in conversione del DL appena citato e, successivamente, dal DL n. 34 del 19/05/2020 che prolunga il periodo di fruizione della tutela fino al 31 luglio 2020. Viene definito come “il lavoratore in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché per i lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della medesima legge n. 104 del 1992”. Per questi lavoratori è previsto un periodo di assenza dal servizio che è equiparato al ricovero, prescritto dalle competenti autorità sanitarie, nonché dal medico di assistenza primaria che ha in carico il soggetto, sulla base documentata del riconoscimento di disabilità o delle certificazioni dei competenti organi medico-legali di cui sopra, i cui riferimenti sono riportati, per le verifiche di competenza, nel medesimo certificato. In modo più specifico la condizione di immunodepressione è affrontata nella Circolare del Ministero della Salute n. 7942 del 27/03/2020 dove si suggerisce di attivare per questi lavoratori, per quanto possibile, condizioni di lavoro a distanza, di evitare assolutamente attività lavorative in ambienti affollati e comunque di mantenere una distanza di un metro (meglio due) con uso di mascherina e corrette norme igieniche. Altro riferimento a condizioni di fragilità si trova nella Circolare del Ministero della Salute n. 14915 del 29/04/2020 “Indicazioni operative relative alle attività del medico competente nel contesto delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 negli ambienti di lavoro e nella collettività” ove si invita il medico competente a tener conto “della maggiore fragilità legata all’età nonché ad eventuali patologie del lavoratore di cui è già a conoscenza; i lavoratori vanno comunque – attraverso adeguata informativa – sensibilizzati a rappresentare al medico competente l’eventuale sussistenza di patologie (a solo titolo esemplificativo, malattie cardiovascolari, respiratorie, metaboliche)”. Recentemente il DL n. 34 del 19/05/2020 nell’art. 83 stabilisce che “in relazione al rischio di contagio da virus SARS-CoV-2, fino alla data di cessazione dello stato di emergenza per rischio sanitario sul territorio nazionale, i datori di lavoro pubblici e privati assicurano la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, anche da patologia COVID-19, o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da comorbilità che possono caratterizzare una maggiore rischiosità.”
Per un’utile applicazione di questa ultima previsione normativa si notano i seguenti aspetti:

La sorveglianza sanitaria qui prevista è intesa come “straordinaria” (quindi non ordinaria), in relazione al rischio di contagio da virus SARS-CoV-2, transitoria (fino alla data di cessazione dello stato di emergenza per rischio sanitario sul territorio nazionale) e quindi non assimilabile a quella prevista dal D.Lgs. 81/08, anche se opportunamente e naturalmente effettuata dal medico competente già nominato. Anche i datori di lavoro che non sono tenuti alla nomina del medico competente per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria, nei casi previsti dal Decreto sopra citato, per effettuare tale sorveglianza sanitaria eccezionale hanno la possibilità di nominarne uno per il periodo emergenziale, oppure richiederla ai servizi territoriali dell’INAIL che vi provvedono con propri medici del lavoro, su richiesta del datore di lavoro, avvalendosi anche del contingente di personale in assunzione. La previsione che possa essere effettuata anche da medici competenti temporaneamente individuati e la previsione che in caso di affidamento ad INAIL “non si applicano gli articoli 25, 39, 40 e 41 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81” conferma la diversità di questa sorveglianza sanitaria rispetto a quella ordinaria.

Il lavoratore fragile viene qui individuato allargando la definizione già proposta nella Legge 27/2020 che ne dispone la possibile tutela previdenziale. Vengono introdotte anche l’età e comorbilità che possono caratterizzare una maggiore rischiosità come condizione di fragilità. A questo proposito è utile il riferimento a quanto pubblicato in ISS – EPICENTRO relativamente a gruppi vulnerabili e all’analisi dei casi di decesso, di seguito riportato. La condizione di maggiore rischio appare un’età superiore a 60 anni, ma soprattutto età più avanzate. La presenza di patologie preesistenti è anch’essa riferita soprattutto ad età avanzate, pur potendo essere un riferimento per adottare precauzioni anche in età inferiori. L’uso di tabacco e alcuni trattamenti ipertensivi sono anche essi indicati come fattori di predisposizione a un decorso più grave.

Pertanto la sorveglianza sanitaria straordinaria è rivolta a valutare eventuali condizioni di fragilità connesse all’età e gruppi di vulnerabilità (vedi paragrafo successivo), a seguito della quale il medico competente valuta l’esistenza di eventuali limitazioni/esigenze di adattamento nella mansione svolta ai fini della tutela rispetto al rischio COVID. Non è invece rivolta ai lavoratori di cui al DPCM 27/2020, in quanto già affidata ad altri sanitari quali il medico di assistenza primaria.

ETA’ E GRUPPI VULNERABILI
Gruppi vulnerabili – “I gruppi di popolazione in cui è riportata più frequentemente una forma grave di malattia e un tasso di mortalità maggiore includono persone sopra i 60 anni di età, maschi, persone con patologie concomitanti quali ipertensione, diabete, malattie cardiovascolari, malattie respiratorie croniche e cancro. La percentuale della maggior parte delle malattie croniche segnalate e delle condizioni di salute è simile alla prevalenza di queste condizioni nelle fasce di popolazione anziana cinese, e pertanto potrebbero essere solo un surrogato dell’aumento di età. Una maggiore espressione genica dell’enzima convertitore dell’angiotensina II (ACE II) potrebbe essere collegata a una maggiore suscettibilità a SARS-CoV-2. 

È stato dimostrato che l’espressione ACE II nei tessuti polmonari aumenta con l’età, l’uso di tabacco e con alcuni trattamenti ipertensivi. Queste osservazioni potrebbero spiegare la vulnerabilità delle persone anziane, dei consumatori di tabacco/fumatori e persone con ipertensione arteriosa; evidenziano anche l’importanza di identificare i fumatori come un potenziale gruppo vulnerabile per COVID-19. Ci sono evidenze scientifiche limitate sulla gravità della malattia tra le donne incinte con COVID-19.
Le donne incinte sembrano riportare una manifestazione clinica simile a pazienti adulte non incinte con polmonite da COVID-19. Non ci sono evidenze di gravi esiti avversi nei neonati a causa di polmonite materna da COVID-19, e sono state rilevate tracce di virus nel latte materno”.

I pazienti deceduti – L’età media dei pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 è 80 anni (mediana 82, Range Inter Quartile – IQR 74-88). Le donne decedute dopo aver contratto infezione da SARS-CoV-2 hanno un’età più alta rispetto agli uomini (età mediane: donne 85 – uomini 79). Il 60% dei pazienti deceduti era portatore di 3 o più patologie, il 22 % era portatore di 2 patologie, il 15% di 1 patologia e il 4,1% di nessuna patologia preesistente. Le più comuni patologie croniche preesistenti (diagnosticate prima di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2) nei pazienti deceduti sono state: ipertensione arteriosa (68%), diabete mellito-tipo 2 (30%), cardiopatia ischemica (28%), fibrillazione atriale (22%), insufficienza renale cronica (20%), BPCO (17%), cancro attivo negli ultimi 5 anni (16%), demenza (16%), scompenso cardiaco (16%), obesità (11%), ictus (10%), insufficienza respiratoria (5,1%), epatopatia cronica (4%), malattie autoimmune (3,8%), dialisi (2%), HIV (0,2%). Prima del ricovero in ospedale, il 23% dei pazienti deceduti SARS-CoV-2 positivi seguiva una terapia con ACE-inibitori e il 16% una terapia con Sartani (bloccanti del recettore per l’angiotensina).

 

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