L’Editoriale

Pubblichiamo il discorso integrale del Segretario generale Uilm, Rocco Palombella, pronunciato a Napoli il 28 marzo 2025 in occasione dello sciopero di 8 ore dei metalmeccanici per il rinnovo del CCNL Federmeccanica-Assistal. 

Non si registrava da tanti anni uno scontro così forte tra il sindacato metalmeccanico e Federmeccanica e Assistal.

E oggi si sono uniti a noi i lavoratori delle piccole e medie aziende.

Confapi ha deciso di rompere la trattativa dopo due mesi di negoziato e di imitare Federmeccanica facendo una scelta suicida.

Da oltre 9 mesi il contratto Federmeccanica e Assistal è scaduto.

Da maggio scorso non hanno avuto il coraggio di dichiarare le vere intenzioni e hanno aperto una trattativa finta fino a novembre.

Anziché rispondere alle nostre proposte, hanno presentato una “contropiattaforma” con il preciso intento di farsi dire di NO e rompere la trattativa.

Federmeccanica e Assistal con il loro comportamento stanno offendendo 1 milione e 600 mila lavoratori e le loro famiglie, di cui 15mila qui a Napoli!

Questa volta hanno voluto puntare più in alto:

attaccare il contratto dei metalmeccanici

  • quello più rappresentativo e più importante che negli anni è riuscito a difendere i modelli contrattuali
  • quello che ha innovato i contenuti economici e normativi (Cometa, Metapprendo e Metasalute sono i primi esempi) garantendo un minimo di potere di acquisto ai lavoratori.

Il vero obiettivo di Federmeccanica e Assistal è mettere in discussione e smantellare tutto il sistema contrattuale:

Il contratto nazionale perché non vogliono dare una garanzia universale a tutti i lavoratori e non vogliono fargli recuperare il potere d’acquisto aumentando i minimi.

Il secondo livello lo vogliono tenere perché solo poche aziende lo rinnovano.

Vogliono creare una categoria con le retribuzioni differenziate da un’azienda all’altra.

Il paradosso è che le grandi aziende, che rinnovano il contratto di secondo livello, sono disponibili a riprendere il tavolo e concludere la trattativa.

Le piccole aziende, invece, che non fanno la contrattazione di secondo livello si oppongono.

Vogliono avere mano libera per avere una contrattazione individuale, senza il fastidio del sindacato, così come fanno con i superminimi individuali.

Se il nostro contratto non andrà avanti, non si rinnoveranno i 28 contratti nazionali, ormai scaduti da mesi, che interessano oltre 6 milioni di lavoratori che aspettano il rinnovo.

Avete capito perché non vogliono sedersi e discutere la nostra piattaforma?

Perché ritengono che con il rinnovo precedente abbiamo guadagnato troppi soldi!

Per queste ragioni ritengono assurde le nostre richieste!

Voi ritenete che 280 euro di aumento salariale chiesto in tre anni sia troppo?

Andatelo a chiedere ai bancari che hanno chiuso il loro contratto con 435 euro di aumento salariale.

Gli elettrici a 300 euro.

Il commercio a 250 euro.

Ma vi rendete conto di quanto è aumentato il costo della vita?

In questi anni tra pandemia e guerra i salari sono stati dimezzati.

L’aumento dei prezzi incontrollati ha raggiunto livelli mai registrati per la responsabilità dei vari Governi che hanno colpevolmente lasciato le multinazionali dell’energia libere di speculare.

Abbiamo le bollette più care d’Europa!

Abbiamo tutto il sistema industriale in ginocchio per l’alto costo dell’energia.

Le nostre aziende pagano 140 euro al megawatt ora, fino a 4 volte quello che pagano i francesi, i tedeschi e gli spagnoli.

Non hanno voluto controllare neanche i prezzi dei beni di prima necessità.

Non hanno controllato l’aumento delle spese sanitarie delle cliniche e dei laboratori privati.

I consumi sono crollati del 9%, ma hanno pensato bene di aumentare i prezzi!

Il risultato è che abbiamo magazzini pieni e aziende in crisi o costrette a chiudere e a utilizzare gli ammortizzatori sociali e la cassa integrazione.

Rispetto a un anno fa le ore di cassa integrazione sono aumentate di oltre il 20%.

Spendiamo decine di miliardi per dare un sussidio a migliaia di lavoratori rendendoli precari a vita e sempre più poveri.

Ci hanno detto che i salari dei metalmeccanici sono aumentati troppo.

Lo sanno che abbiamo i salari più bassi dei 20 Paesi più industrializzati del mondo?

Non lo diciamo noi Fim Fiom e Uilm, lo dice l’agenzia delle nazioni unite!

Abbiamo perso negli ultimi anni quasi il 9% del potere di acquisto.

L’Italia è stata la peggiore, meglio di noi hanno fatto addirittura Indonesia, Turchia, Cina, India e Messico.

In Italia 1 persona su 4 è a rischio povertà con 6 milioni di poveri assoluti, oltre il 10%.

Sono cresciuti gli stipendi di tutti i lavoratori europei, tranne i nostri!

Dobbiamo toglierci questa maglia nera di essere gli ultimi.

Le aziende non se la devono prendere con i propri lavoratori!

È ingeneroso!

Sono quelli che durante le crisi con sacrificio e impegno hanno fatto funzionare il nostro Paese.

Ci hanno costretti a fare 24 ore di sciopero!

Non accadeva da tanti anni.

Scioperare per conquistare un diritto universale è sbagliato.

Federmeccanica e Assistal stanno violando le regole stabilite per rinnovare i contratti.

Sono tornati a mettere in discussione il sistema contrattuale.

Sono tornati a mettere in discussione il valore del lavoro e delle professionalità considerandoli solo un costo.

Ma noi non ci fermeremo!

Pochi giorni fa si è riunito il Consiglio generale di Federmeccanica, ancora una volta hanno deciso di non aprire la trattativa ferma da oltre 5 mesi.

È un atto grave e offensivo nei confronti dei lavoratori che stanno continuando a scioperare!

Lo sciopero non è uno sport!
Lo sciopero non è una giornata di festa.
Lo sciopero costa!

I lavoratori rinunciano a una giornata di lavoro e di retribuzione.

Dobbiamo continuare a credere al grande valore del contratto nazionale.

E’ l’unico strumento che ci consentirà di eliminare le diverse emergenze che attualmente attanagliano i lavoratori dal Nord al Sud d’Italia.

Lavorare con la paura di non riuscire a curarsi, a fare la spesa, a mandare i figli a scuola, ad assistere i propri cari crea uno stato d’animo pericoloso che si ripercuote anche sul lavoro e sulla famiglia.

Essere precari significa non poter programmare il futuro, essere emarginati dalla società e costretti a svolgere mansioni umilianti e poco sicure.

L’obiettivo della nostra piattaforma è quello di mettere una parola fine al lavoro precario.

Basta con la precarietà! 

Con la nostra piattaforma vogliamo dire basta alle stragi quotidiane sul lavoro!

Tre morti al giorno sono un peso insopportabile.

Martedì scorso hanno perso la vita tre lavoratori:

  • un giovane di appena 22 anni è stato trafitto da una scheggia incandescente
  • un lavoratore è stato investito mentre lavorava sull’autostrada
  • un altro è morto stritolato da un nastro trasportatore a pochi chilometri da qui.

Non si può lavorare e perdere la vita.

Vogliamo zero morti sul lavoro!

La vera emergenza è il lavoro dignitoso.

Ogni giorno ci dicono che abbiamo raggiunto il record di occupati, ma di quali posti di lavoro parlano?

Di lavoro precario?

Di lavori temporanei?

Sottopagati?

I nostri giovani fuggono dall’Italia.

Le migliori professionalità vanno all’estero.

Chi serve l’Italia col proprio lavoro non viene riconosciuto.

Viviamo una crisi industriale senza precedenti.

Per dare una risposta concreta bisogna affrontare e risolvere il tema della transizione ecologica e far ripartire la nostra economia.

Interi settori sono colpiti violentemente.

Il settore dell’auto, degli elettrodomestici, della siderurgia, delle Telecomunicazioni.

Tutti in mano a multinazionali estere.

Oltre 60 tavoli di crisi continuano a rimanere irrisolti e mettono a rischio oltre 150mila lavoratori.

Il Sud e in modo particolare la Campania da grande realtà più industrializzata del Mezzogiorno sta pagando il prezzo più alto.

La crisi dell’auto sta provocando difficoltà nello stabilimento Stellantis di Pomigliano con una contrazione di produzione del 22% pari a 50mila auto in meno.

Il peso maggiore anche in questo caso lo sta sopportando tutta la filiera dell’indotto.

La crisi invece del settore delle telecomunicazioni a Caserta continua inarrestabile a chiudere o ridimensionare realtà importanti come Jabil, che ha deciso di licenziare i 400 lavoratori rimasti che si oppongono alla triste conclusione annunciata.

Leonardo ha bisogno di investimenti per rilanciare tutte le diverse divisioni esistenti all’interno di Pomigliano.

La vera emergenza è rappresentata dalla divisione aerostrutture che ha bisogno oltre che di investimenti, anche di nuove missioni produttive.

Il piano di riorganizzazione non può assolutamente prevedere lo scorporo di aerostrutture dal Gruppo Leonardo.

La vertenza ex Whirlpool è stata una delle crisi più significative che grazie alla determinazione dei lavoratori e all’unità sindacale ha permesso di scongiurare il licenziamento di oltre 500 lavoratori.

Quattro anni di mobilitazione senza mai fermarsi sono riusciti a far conquistare una vera alternativa lavorativa che nei prossimi giorni dovrà dare i primi risultati.

Possiamo dire che la tenacia dei lavoratori ha fatto il giro d’Italia e non solo.

Napoli non molla e noi non molleremo!

L’Italia non ripartirà se non ci sarà una vera politica industriale e soprattutto si dovrà ricostruire tutta la filiera produttiva.

I dazi americani ci distruggeranno, il 25% sulle auto importate dall’Italia provocheranno grossi problemi sui nostri stabilimenti e in particolare su quello di Melfi.

Se non riusciremo ad avere una nostra economia rilanciando i consumi interni e limitando l’esportazione all’eccellenza sarà un disastro!

Per far partire i consumi interni bisogna aumentare i salari, bisogna credere nel proprio Paese valorizzando i giovani e incrementando le nascite.

La politica deve riconquistare la fiducia delle persone e l’agenda del Governo e dei politici deve preoccuparsi dei bisogni reali.

Essere considerati “parassiti” da uno Stato amico è sconfortante, immaginate cosa pensano gli altri Stati!

In questi giorni c’è stata quasi un’imposizione da parte dell’Europa di ricorrere ad armarsi.

800 miliardi sono una somma impronunciabile che sarà finanziata dai singoli Stati aumentando il debito e ovviamente diminuendo le spese sociali.

E non c’è stata una vera discussione in Europa.

Come mai in questa occasione la Von der Leyen sente la necessità di imporre a tutti i Paesi europei di procedere in tal senso, in una logica di Europa unita, e invece non lo ha fatto in questi anni per esempio sui temi del lavoro?

Continuiamo a soffrire la concorrenza tra gli stessi Stati membri.

Da tempo abbiamo chiesto all’Europa una politica comune sui temi del salario, degli orari, delle pensioni, del fisco evitando una concorrenza sleale tra le multinazionali.

Adesso invece sentono il bisogno di avere un riarmo comune?

Un’Europa unita è quella che noi vogliamo, ma che sia unita in tutto.

Che sia l’Europa di tutti i popoli.

Un’Europa di pace!

Oggi manifestiamo in tutte le principali piazze d’Italia.

Siamo orgogliosi di farlo per una causa giusta, con le nostre bandiere, senza sponsor di partito o di Governo.

Dobbiamo essere consapevoli che questo rinnovo contrattuale è diverso dagli altri per la concomitanza di tante situazioni negative.

Le aziende, anziché unirsi insieme ai dipendenti per superare questo complicato momento, così come hanno fatto durante la pandemia, vogliono invece annullare il sistema contrattuale.

Prendersela con i propri lavoratori e far pagare la crisi alle persone significa imboccare una strada senza uscita.

Come possono immaginare che la ripresa può avvenire senza aumentare i salari?

Come può avvenire senza risolvere alcuni problemi epocali, come quello della riduzione dell’orario di lavoro, della sicurezza e della formazione, del welfare contrattuale, della parità di genere e della precarietà del lavoro?

Tutto questo è compreso all’interno degli 11 punti della nostra piattaforma contrattuale.

Se ci tengono a salvaguardare il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro non c’è altra strada che convocare il tavolo della trattativa sui punti della nostra piattaforma contrattuale.

Questo rinnovo contrattuale deve introdurre misure dirompenti, nuove ed efficaci per affrontare i cambiamenti che già hanno modificato radicalmente il mondo del lavoro e l’intera società.

Non si può continuare ad agire di retroguardia, serve la responsabilità sociale e il coraggio di osare, di innovare, di essere protagonisti del futuro e non di subirlo.

Senza le risposte adeguate continueremo la nostra lotta con azioni ancora più incisive, perché in ballo c’è il primo strumento di tutela del lavoratore.

Il contratto dei metalmeccanici ha sempre fatto la storia del nostro Paese.

Le nostre idee sono giuste, per questo non molleremo.

NAPOLI NON MOLLA!
NOI NON MOLLEREMO!

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