La valutazione dei rischi in ottica di genere

di Andrea Farinazzo

Un volume Inail sugli aspetti connessi alla valutazione dei rischi in ottica di genere si sofferma anche su alcune esperienze e strumenti. Le quattro macrocategorie per estrapolare indicatori da utilizzare come base di partenza per la valutazione.

In questi ultimi anni è aumentata l’attenzione alla sicurezza delle donne lavoratrici e alla ricerca dei “determinanti che non possono mancare in una corretta valutazione del rischio in ottica di genere”. Malgrado questo sono ancora molto pochi “gli strumenti pratici e operativi messi a disposizione dei datori di lavoro per giungere a una corretta valutazione del rischio”.

A ricordarlo è un capitolo del documento Inail “ La valutazione dei rischi in ottica di genere. Aspetti tecnici. Volume 1”, nato dalla collaborazione tra CTSS (Consulenza tecnica per la salute e la sicurezza) e CSA (Consulenza statistico attuariale) dell’Istituto.

Nel capitolo – dal titolo “Esperienze di valutazione dei rischi in ottica di genere” – si presenta un repertorio di esperienze che se non fornisce un quadro esaustivo di tutte le iniziative messe in campo in Italia, permette tuttavia di avere “una breve panoramica su indicazioni operative, linee di indirizzo e vademecum, disponibili in rete, per la redazione di un documento di valutazione dei rischi in ottica di genere”.

Le risorse per le aziende: i rischi nel sistema delle agenzie ambientali

Nel documento – curato da L. Baradel, F. Cipolloni, A. Tassone, C. Tesei, L. Veronico, C. Breschi, R. Continisio, L. De Filippo, E. Mastrominico, L. Frusteri, P. Panaro e F. Venanzetti – si ricorda che queste risorse riguardano per lo più di “documenti messi a punto da Enti pubblici centrali o locali e da Organizzazioni sindacali”.

Ad esempio, si parla del documento ISPRA – ARPAV – ARPAT, Progetto Benchmarking relativo alle “Linee guida sul rischio di genere nel Sistema delle Agenzie Ambientali” (2010).

Il documento focalizza l’attenzione sulle “attività specifiche svolte nelle Agenzie ambientali, individuando i rischi che possono essere correlati al genere”.

I rischi nelle attività di laboratorio:

  • “Movimentazione manuale dei carichi, posture, movimenti ripetitivi
  • Radiazioni ionizzanti (effetti sulla riproduzione)
  • Microclima e sollecitazioni termiche
  • Sostanze pericolose (effetti sulla riproduzione)
  • Organizzazione del lavoro
  • Ergonomia
  • Fattori psicologici”.

Nelle “attività di ufficio:

  • Videoterminali (movimenti ripetitivi per uso tastiera, astenopia, stress, disturbi muscolo-scheletrici)
  • Microclima
  • Posture
  • Organizzazione del lavoro
  • Ergonomia
  • Fattori psicologici”.

Nelle attività in esterno:

  • “Guida automezzi
  • Agenti biologici
  • Vibrazioni al corpo intero
  • Radiazioni ionizzanti
  • Movimentazione manuale dei carichi, posture, movimenti ripetitivi
  • Organizzazione del lavoro
  • Ergonomia
  • Fattori psicologici”.

In tutti i casi, sono segnalati i “rischi per le donne in gravidanza”.

Le risorse per le aziende: la valutazione dei rischi in ottica di genere

Un altro documento presentato, a cura della Provincia Autonoma di Trento, è “Indicazioni per la redazione di un documento di valutazione dei rischi in un’ottica di genere” (2017).

Si segnala che il documento “contiene sotto forma di check list alcuni suggerimenti pratici per la valutazione dei rischi in ottica di genere, ad esempio:

  • rilevare separatamente per sesso gli indicatori oggettivi nella valutazione dello stress lavoro-correlato, inserendo l’interfaccia casa-lavoro e gli orari di lavoro degli uomini e delle donne, l’evoluzione della carriera, le molestie, i fattori di stress emotivo, le interruzioni impreviste e lo svolgimento di più compiti alla volta;
  • inserire i rischi riproduttivi, tanto per gli uomini quanto per le donne;
  • considerare tutti i settori interessati dalla salute riproduttiva, non soltanto la gravidanza;
  • per i disturbi muscoloscheletrici esaminare con occhio critico il «lavoro leggero»”.

Inoltre, il documento, richiama il Factsheet n. 43 dell’Agenzia europea Eu-Osha per la “caratterizzazione dei rischi in relazione al settore produttivo”.

Un terzo documento presentato, a cura del Gruppo Donne Salute Lavoro CGIL CISL UIL Milano, si intitola “La valutazione dei rischi tenendo conto del genere” (2013).

Il documento “illustra alcune questioni presenti nella letteratura scientifica relativamente ai principali rischi presenti sui luoghi di lavoro e alla connessione con il genere:

  • Sostanze pericolose (effetti su derma, apparato respiratorio, cancerogeni in genere, salute riproduttiva)
  • Movimentazione manuale dei carichi, posture, movimenti ripetitivi
  • Ergonomia della postazione di lavoro e dei DPI
  • Rischi di natura infortunistica
  • Valutazione dei rischi per le donne in gravidanza

L’analisi dei rischi: le quattro macrocategorie per fare la valutazione

Dopo aver presentato alcuni documenti, il capitolo sulle esperienze di valutazione dei rischi sottolinea che i documenti più completi “propongono un’indagine preliminare per l’analisi dei rischi in ottica di genere, individuando nella maggior parte dei casi quattro macrocategorie da cui si possono estrapolare indicatori di tipo sia quantitativo sia qualitativo, da utilizzare come base di partenza per la valutazione:

  1. donne e uomini, il più delle volte, non svolgono gli stessi compiti e non occupano le stesse posizioni (indicatori quantitativi: categorie socio-professionali, settore di impiego secondo il sesso e l’età; indicatori qualitativi: natura dei compiti affidati);
  2. donne e uomini non seguono gli stessi percorsi all’interno del mercato del lavoro e all’interno delle aziende (indicatori quantitativi: tipi di contratto, formazione, promozioni secondo l’età e il sesso; indicatori qualitativi: difficoltà di accesso a determinate posizioni o a determinati sviluppi di carriera per età e sesso);
  3. le donne e gli uomini il più delle volte sono esposti a rischi, disagi, violenze, in parte invisibili (indicatori quantitativi: infortuni, malattie professionali, assenteismo in base al genere e all’età; indicatori qualitativi: identificazione di vincoli fisici, mentali, emotivi, organizzativi);
  4. al di fuori del lavoro, donne e uomini non hanno gli stessi vincoli di tempo e di cura della famiglia (indicatori quantitativi: durata del lavoro, tipi di orari e possibilità di flessibilità per la conciliazione degli impegni casa-lavoro, situazione familiare, presenza di figli minori o di altre persone a carico, tragitto casa-lavoro; indicatori qualitativi: possibilità di prevedere i carichi di lavoro, possibilità di gestione delle pause, ecc.)”.

E una volta che siano identificate le condizioni che “presentano diversità rilevanti nel gruppo dei lavoratori”, l’indicazione risulta essere quella di “valutare la lesività specifica dei fattori di rischio presenti”.

I lavori analizzati mostrano che oggi alcuni rischi sono documentati anche in relazione al genere. Pur tuttavia è “molto importante che siano esaminate le mansioni svolte nei contesti lavorativi reali per garantire una prevenzione efficace”. E in alcuni documenti è “consigliato di arricchire gli strumenti attuali di pesatura dei fattori di nocività offerti dalle norme tecniche con la rilevazione della percezione soggettiva (attraverso l’utilizzo di questionari o la creazione di gruppi di confronto) e con una più approfondita analisi dei dati della sorveglianza sanitaria delle lavoratrici e dei lavoratori”.

Bisogna fare in modo che sia un processo costante di miglioramento, intervenire su tutte le tematiche inerenti la parità di genere, in modo da poter salvaguardare tutti i rischi connessi.

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