Beko: no a un piano con chiusure o licenziamenti, aspettiamo un vero piano industriale

Le ultime mosse di Beko, dopo la acquisizione di Whirlpool Europa, hanno il sapore amaro delle chiusure. Il 21 novembre scorso si è svolto l’ultimo incontro al Ministero delle Imprese e del Made in Italy nel quale purtroppo il Gruppo ha proposto un piano definito “devastante” dalla Uilm, poiché prevede la chiusura di due fabbriche, quella di Comunanza e di Siena, la pesante ristrutturazione di una terza, Cassinetta, e la dichiarazione di esuberi per tutte le fabbriche e gli uffici italiani, per un totale di quasi duemila esuberi su circa quattromila quattrocento dipendenti. Perfino nei settori che restano, come la cottura, gli investimenti a lungo termine appaiono insufficienti a un effettivo rilancio.
“Chiediamo al Ministero Urso di esercitare immediatamente la golden power. Per la portata e le motivazioni addotte ci troviamo dinanzi a un piano non solo socialmente inaccettabile, ma industrialmente inaudito, che rischia di segnare l’inizio di un processo di de-industrializzazione”. Ha infatti dichiarato Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm responsabile del settore.

UN TRAGICO INIZIO
Per la portata e le motivazioni addotte, ci troviamo dinanzi a quello che potrebbe essere il tragico inizio di un processo di deindustrializzazione europeo e più specificamente italiano, un processo che nell’immediato va contrastato con l’esercizio della golden power e poi va invertito con azioni urgenti e incisive che restituiscano competitività alla manifattura. L’illusione del mini boom post covid è finita e la realtà sta emergendo con tutta la sua drammatica evidenza. “Come sindacato – ha continuato Ficco – lotteremo con tutte le nostre forze per cercare di ottenere un ritiro del piano di Beko e un intervento deciso del Governo. Da subito inizieremo azioni di lotta in tutti gli stabilimenti italiani per tornare il 10 dicembre al Mimit con un messaggio inequivocabile: i lavoratori chiedono il ritiro di un piano inaccettabile”.

LE AZIONI PREGRESSE
Il coordinamento Beko di Fim, Fiom, Uilm lo scorso 8 novembre aveva già proclamato quattro ore di sciopero nazionale per opporsi a qualsiasi ipotesi di chiusura o di licenziamento.
All’incontro presso il Mimit ci si aspettava un vero piano industriale, che purtroppo non è arrivato.
Al Governo la Uilm continua a chiedere un tavolo di settore che abbia l’obiettivo di restituire competitività a un comparto che in mancanza di politiche industriali soccomberà sotto i colpi della concorrenza internazionale

LE CHIUSURE IN POLONIA E GRAN BRETAGNA
Non possiamo dimenticare che il 5 settembre Beko annunciava la chiusura di due impianti ex Whirlpool in Polonia che producono frigoriferi, asciugatrici, forni e piani cottura a libera istallazione e che attualmente offrono occupazione a 1.800 lavoratori. Questo annuncio seguiva quello di luglio, in cui era stato uno stabilimento di asciugatrici situato in Gran Bretagna ad essere colpito dalla medesima decisione.
Purtroppo le scelte di Beko sono tristemente coerenti con il quadro a tinte fosche che era stato fatto dalla Direzione aziendale al Mimit il 25 giugno, in quello che era il primo incontro sindacale dopo la acquisizione di Whirlpool EMEA avvenuta il 1° aprile 2024. Il settore degli elettrodomestici veniva tratteggiato come stretto in una morsa, fra un perdurante calo delle vendite e un significativo aumento dei costi di produzione. A ciò si aggiunge una concorrenza asiatica sempre più agguerrita, in grado di sottrarre quote di mercato ai costruttori europei, nonché una previsione di crescita assai modesta della domanda di mercato per i prossimi cinque anni.
In altri termini Beko ha confermato il quadro desolante del settore degli elettrodomestici che aveva spinto il colosso americano Whirlpool a cedere tutte le sue attività europee, con una decisone senza precedenti presa nel 2022 subito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.
Oggi che si stanno ridisegnando le catene globali di produzione è il momento decisivo per difendere la nostra industria, fonte insostituibile di ricchezza in un paese trasformatore come l’Italia povero di materie prime, ma ricco di gusto e di inventiva.

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