Acciaierie d’Italia: altro che piano di risalita, si allunga agonia senza garanzie per i lavoratori

Si è tenuto a Palazzo Chigi, il 24 luglio, un incontro cruciale tra governo, commissari straordinari e sindacati volto a discutere per l’ennesima volta il futuro dell’ex Ilva. Il tavolo di discussione è soprattutto il frutto di una lettera inviata al governo da Fim Fiom Uilm, alla luce della richiesta di cassa integrazione per migliaia di lavoratori. Dalla discussione sono addirittura emersi sei potenziali acquirenti per Acciaierie d’Italia, in amministrazione straordinaria dal marzo scorso.
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha infatti dichiarato che sei operatori del settore hanno manifestato interesse: due italiani, due indiani, uno ucraino e uno canadese. Tra i nomi italiani, Arvedi e Marcegaglia, mentre tra i gruppi stranieri troviamo le aziende indiane Vulcan Green Steel e Steel Mont, il gruppo ucraino Metinvest e l’azienda canadese Stelco. La tabella di marcia prevede la pubblicazione del bando di gara per la vendita degli asset entro fine mese, con l’obiettivo di concludere l’operazione entro l’anno. 

MANCANZA DI CERTEZZE
Tuttavia, il Segretario generale della Uilm Rocco Palombella ha sottolineato la mancanza di certezze nel piano presentato, poiché prevede una produzione a sei milioni di tonnellate di acciaio entro il 2026, con i tre altoforni a Taranto completamente operativi solo nel primo trimestre del 2026. La decarbonizzazione, la costruzione di forni elettrici e l’impianto di preridotto sono temi critici che restano ancora senza scadenze precise: “Stiamo parlando di una lenta e inesorabile agonia – dice – che, purtroppo, il Governo e i Commissari non stanno evitando. Se non ci sarà una svolta chiara e immediata, il destino è segnato”.
Palombella ha criticato la proposta governativa, evidenziando le condizioni fatiscenti degli impianti: “Cosa mette sul mercato il governo? Abbiamo impianti fermi e in condizioni critiche e una richiesta per migliaia di lavoratori in cassa integrazione. Quale azienda si farà carico di questo?”.

LA CASSA INTEGRAZIONE
La Uilm aveva, inoltre, espresso forte preoccupazione per la mancanza di garanzie. La questione centrale riguardava la cassa integrazione straordinaria (CIGS), che avrebbe dovuto coinvolgere fino a 4.700 lavoratori.
Tuttavia, nella notte del 25 luglio (il giorno seguente all’incontro a Palazzo Chigi) è stato raggiunto un accordo che ha ridotto significativamente il numero dei lavoratori in cassa integrazione di oltre mille unità: “Abbiamo stabilito che non ci saranno esuberi strutturali – ha spiegato il Leader Uilm – ci saranno gli investimenti previsti e, nel nell’arco dei 18 mesi, partiranno tutti e tre gli altoforni. Secondo noi questo è un piano di salvataggio ed è molto probabilmente l’ultima possibilità che abbiamo per poter salvare la siderurgia in Italia e migliaia di posti di lavoro”.
L’accordo ha stabilito, inoltre, la possibilità che non ci siano lavoratori in cassa integrazione per tutto il periodo, c’è infatti chi farà i corsi di riqualificazione e ci sarà una rotazione spinta. “Insomma – aggiunge Palombella – l’accordo raggiunto è sicuramente importante, ma comunque non sufficiente. Tutto quello che verrà, comprese le manifestazione di interesse e il bando di gara, non potrà prescindere dalla decarbonizzazione e dagli investimenti sui forni elettrici e sul DRI. Noi abbiamo fatto la nostra parte, adesso ci aspettiamo che il governo e i commissari facciano la loro”.

IL FUTURO
La lotta sindacale, afferma Palombella, è ciò che finora ha evitato la chiusura imminente degli stabilimenti ma i lavoratori si trovano nuovamente a fronteggiare una situazione di incertezza e instabilità.
“Quello che ci hanno detto a Palazzo Chigi il governo e i commissari – conclude Palombella – non ci tranquillizza perché non abbiamo ottenuto garanzie. Di fatto siamo tornati indietro al 2017, al bando di gara, con la differenza che all’epoca gli impianti funzionavano. Quel che è certo è che non ci siamo arresi allora e non ci arrenderemo nemmeno questa volta”.
La Uilm segue con estrema attenzione l’evolversi della situazione, pronta a difendere con determinazione i diritti e il futuro dei lavoratori dell’ex Ilva. La sfida è complessa, ma il sindacato è fermamente convinto che un vero rilancio possa avvenire solo attraverso un piano industriale solido, impegni concreti e garanzie reali.

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