Crisi e sfide della siderurgia italiana: analisi di un settore in difficoltà

di Guglielmo Gambardella

Sono tante le discussioni in atto sul settore della siderurgia in Italia e numerosi i futuri appuntamenti previsti, nei diversi tavoli di crisi al ministero delle Imprese e del Made in Italy guidato dal ministro Adolfo Urso, per definire uno scenario complesso con luci e ombre.
Nel 2023 in Italia è stata consuntivata una produzione di circa 21 milioni tonnellate di acciaio, segnando un meno 2,5% rispetto all’anno precedente; un dato che ha consentito di mantenere la seconda posizione nella classifica dei Paesi produttori in Europa, dopo la Germania che si è attestata a poco meno di 36 milioni. Per quanto riguarda i primi mesi del 2024 si registra ancora una conferma del trend di decrescita dei volumi.

L’ACCIAIO
Nel definire lo scenario partiamo dall’incontro tenutosi scorso 5 giugno in cui si sono incontrati i rappresentanti del MiMIT e quelli di Federacciai per discutere delle criticità del settore dell’acciaio; la maggior parte delle imprese italiane possono vantare una posizione molto avanzata, rispetto a quello europee, essendo già improntate verso la decarbonizzazione attraverso un assetto prevalentemente elettrosiderurgico. Questa caratteristica assume un aspetto positivo rispetto agli obiettivi fissati dall’Unione europea in termini di ambientalizzazione, ma espone le aziende a dover affrontare alcune criticità: un elevato costo dell’energia rispetto agli altri competitor europei che utilizzano prevalentemente il ciclo integrale, difficoltà del reperimento del rottame, che rappresenta la materia prima per la produzione di acciaio da forno elettrico, e costi indiretti del sistema Ets. La delegazione di Federacciai ha chiesto al ministro Urso, nelle conclusioni della suddetta riunione, interventi di politica industriale a sostegno del settore per poter continuare a competere ad “armi pari” con gli altri produttori europei.

L’EX ILVA
Per quanto riguarda la vertenza storica dell’ex Ilva, il prossimo 2 luglio si terrà, presso il ministero del Lavoro, il primo confronto fra i rappresentanti aziendali di Acciaierie d’Italia in AS e sindacati per espletare la procedura per la richiesta di proroga della cassa integrazione, comunicata lo scorso 19 giugno alle rappresentanze sindacali, per 5.200 lavoratori. È chiaro che da parte dei sindacati metalmeccanici verrà avanzata la richiesta di non discutere dell’ammortizzatore sociale, ma di aprire una discussione complessiva sulle prospettive del più grande gruppo siderurgico italiano a cui è legato il destino di oltre 20mila dipendenti fra diretti ed indiretti. Nulla è cambiato dalla presentazione, da parte dell’amministrazione straordinaria lo scorso 7 maggio, del cosiddetto “piano di ripartenza” degli impianti in ragione della mancata approvazione da parte della Commissione europea del previsto “prestito ponte” di 320 milioni di euro necessari per avviare le manutenzioni.

PIOMBINO
Infine, il prossimo 3 luglio è stato convocato al MiMIT il tavolo del polo industriale di Piombino, per un ennesimo nuovo confronto sul rilancio industriale dell’area toscana. Nulla si è mosso neanche per la vertenza della ex Lucchini e dei suoi 2.000 addetti dopo l’annuncio dello scorso 17 gennaio della sigla del protocollo d’intesa, firmato da Metinvest-Danieli e le istituzioni nazionali e territoriali, per la realizzazione di una nuova acciaieria e una linea di trasformazione di acciaio. Analoga condizione è da evidenziare per quanto riguarda il protocollo firmato con JSW Steel per gli investimenti sul treno rotaie (unico in Italia).

SITUAZIONE DI ATTESA
In conclusione, dallo scenario descritto emerge una situazione di attesa che perdura da troppo tempo. Le mancate scelte comporteranno inevitabilmente un arretramento di un settore estremamente strategico come quello della siderurgia, per un Paese a vocazione manufatturiera, con riflessi in tutti gli altri settori utilizzatori di acciaio dell’industria italiana. Occorre avere una visione di lungo periodo e intervenire in modo strutturale a sostegno della produzione di acciaio in Italia per evitare l’ulteriore pericolosa crescita della dipendenza del nostro sistema manufatturiero dalle importazioni estere di acciaio.

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