di Andrea Farinazzo
Il documento “Bonifica da amianto: iter procedurali e figure professionali coinvolte. Istruzioni operative Inail per la tutela dei lavoratori e degli ambienti di vita”, elaborato nel 2020 dal Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti prodotti e insediamenti antropici (DIT) dell’Inail, ha evidenziato come il ricorso al solo decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e s.m.i. “sia insufficiente a gestire in sicurezza gli interventi di bonifica e risanamento ambientale”. E, dunque, sia nelle fasi progettuali che in quelle esecutive “risulta indispensabile riferirsi anche alla normativa specifica di settore emanata sia dal Ministero della Salute (per ciò che concerne principalmente le metodologie di bonifica e la formazione degli operatori, etc.) che dal Ministero del Lavoro (per ciò che concerne principalmente la tutela degli operatori)”.
Tuttavia, proprio perché le attività di bonifica da amianto “possono essere espletate in sicurezza solo rispettando i dettami indicati da molteplici norme di settore”, riprendiamo dal documento alcune indicazioni sulle varie normative per ciò che attiene la tutela dei lavoratori, la salubrità pubblica e la tutela delle matrici ambientali aria, acqua e suolo.
Bonifiche da amianto e quadro normativo: la sicurezza sul lavoro
Il documento – curato da Federica Paglietti, Sergio Malinconico, Beatrice Conestabile della Staffa, Sergio Bellagamba, Paolo De Simone – ricorda il quadro normativo partendo dalla sicurezza nei luoghi di lavoro con riferimento al Testo Unico D.lgs. 81/2008 e s.m.i.
Si indica che il modello di sicurezza indicato dal decreto legislativo n. 81/2008 “non è incentrato esclusivamente sulla figura del Datore di Lavoro (Dl) e dei titolari di posizioni di garanzia, ma è basato sull’apporto di diverse figure professionali che, partecipando e/o collaborando attivamente alla gestione della prevenzione e protezione dei lavoratori, contribuiscono al raggiungimento dell’obiettivo di rendere più sicuro l’ambiente di lavoro”.
Riguardo la tutela dal rischio amianto nei luoghi di lavoro si deve far riferimento in particolare al Titolo IX, capo III (Protezione dai rischi connessi all’esposizione all’amianto).
Il Testo Unico “stabilisce di verificare nel tempo il mantenimento dei livelli di tutela previsti dalla valutazione dei rischi aziendale, effettuando opportune azioni di verifica e controllo”. E tra queste si “ritiene opportuno prevedere”, secondo le modalità e le frequenze individuate nel Dvr (Documento di valutazione dei rischi), “monitoraggi personali sugli operatori esposti (pompe di prelievo a basso flusso, 2-3 l/min, preferibilmente 480 litri campionati o, comunque, per operazioni di breve durata, il volume massimo campionabile durante l’intero intervento in cantiere, filtri in esteri misti di cellulosa da 25 o 47 mm, analisi in Microscopia ottica in contrasto di fase – Mocf)”.
Si ricorda poi che, come riportato nell’articolo 254, il “valore limite di esposizione per i lavoratori addetti ad attività di manutenzione, rimozione dell’amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti, nonché bonifica delle aree interessate, viene fissato in 0,1 fibre per centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel tempo di riferimento di otto ore”. E i datori di lavoro “devono provvedere affinché nessun lavoratore sia esposto a una concentrazione di amianto nell’aria superiore al valore limite”.
Rimandiamo anche alle novità connesse alla conversione del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 riguardo alla possibile sospensione dell’attività ammessa in casi di rischi connessi all’amianto.
Bonifiche da amianto e quadro normativo: la tutela della salute pubblica
Riguardo alla tutela della salute pubblica si sottolinea che la legge n. 257/1992 e s.m.i. (Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto) ha stabilito “numerosi dettami normativi ed applicativi volti, tra l’altro, a definire le modalità di censimento dei siti con presenza di amianto, di valutazione del rischio specifico, di gestione dei manufatti contenenti amianto, di attuazione degli interventi di bonifica, etc. In particolare, l’articolo 1, comma 2, ha consentito l’utilizzo di materiali contenenti amianto ad uso civile e industriale per due anni dalla data di entrata in vigore della Legge”.
Tuttavia, in conseguenza di varie proroghe ed “interpretazioni” normative (Allegato 3 del decreto ministeriale 14 maggio 1996) “l’utilizzo in deroga di tali manufatti è stato consentito fino all’emanazione del decreto ministeriale 14 dicembre 2004, che ne ha vietato definitivamente il nuovo impiego, ferma restando la possibilità dell’utilizzo di quanto già in opera”.
Sono ricordate poi varie altre normative:
- decreto ministeriale 6 settembre 1994che definisce “le metodologie tecniche per la valutazione del rischio, il controllo, la manutenzione e la bonifica di materiali contenenti amianto presenti nelle strutture edilizie”, ma non prende in esame “situazioni specifiche, quali ad esempio rimozioni di materiali contenenti amianto in ambiente outdoor, diversi dalle coperture”.
- decreto ministeriale 14 maggio 1996che contempla “diversi ulteriori casi di bonifica da amianto (cassoni, tubazioni, pietre verdi, siti industriali etc.), sia parziali che totali (bonifica di un solo lotto, rimozione di alcune porzioni, etc.);
- decreto ministeriale 14 maggio 1996che “richiama l’attenzione delle competenti amministrazioni sulla esigenza di programmare in tempi rapidi la progressiva e sistematica eliminazione dei manufatti contenenti amianto, sia in matrice friabile che compatta, via via che lo stato di manutenzione degli stessi e le circostanze legate ai vari interventi di ammodernamento delle strutture diano l’occasione per la dismissione”.
Bonifiche da amianto e quadro normativo: la tutela dell’ambiente
Si indica che riguardo alla possibile contaminazione da fibre di amianto delle matrici aria e suolo, contaminazione che “potrebbe generarsi a seguito del deterioramento dei materiali contenenti amianto”, si deve fare riferimento a vari atti normativi.
In merito ai valori limite di esposizione in aria ambiente, “si ricorda che per gli ambienti di vita outdoor non esiste un riferimento normativo; pertanto si considera il valore di 1 ff/l, indicato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per esposizioni della popolazione (Air Quality Guidelines for Europe, 2000)”, mentre riguardo a ciò che concerne la contaminazione dei suoli, “il decreto legislativo 152/2006 e s.m.i., fissa il valore limite in 1000 mg/kg di amianto totale, mentre tale valore scende, con il Decreto del 1° marzo 2019, n. 46 , inerente il Regolamento relativo agli interventi di bonifica, di ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d’emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all’allevamento, a 100 mg/kg”. Limiti che “risultano tuttavia difficilmente misurabili con le strumentazioni analitiche commercialmente disponibili”.
Per la possibile dispersione di fibre di amianto nell’acqua, “si ricorda che il principale riferimento vigente è costituito dal decreto legislativo 114/1995 relativo alle acque di scarico provenienti da impianti industriali e da operazioni di bonifica” anche in questo caso vengono riportati dal documento Inail i valori limite che possono anche variare “in relazione alla natura dei prodotti contenenti amianto presenti negli scarichi liquidi” (articolo 3, comma 3, legge 257/1992).
Riguardo, invece, alla classificazione e gestione dei rifiuti ricorda che il già citato D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. “stabilisce l’obbligo di iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali in categoria 103, per le imprese che svolgono attività di bonifica da amianto, ed in categoria 54 o 2 bis per quelle che effettuano il trasporto dei rifiuti pericolosi, tra cui quelli di amianto generatisi da tali attività. Stabilisce altresì che un rifiuto deve essere classificato come pericoloso, ai sensi della direttiva 2008/98/CE, qualora contenga ‘una sostanza riconosciuta come cancerogena (Categorie 1 o 2) in concentrazione ≥ 0,1%’. Poiché l’amianto è una sostanza di Categoria 1, tutti i rifiuti che ne contengono concentrazioni maggiori dello 0,1% devono essere classificati come pericolosi”.
Si ricorda anche che tutti i rifiuti speciali “vengono classificati come pericolosi quando rispondono ai criteri riportati all’Allegato I (caratteristiche di pericolo) alla parte IV del decreto legislativo 152/2006 come sostituito dal decreto legislativo 205/2010. Tutti i rifiuti speciali pericolosi e speciali non pericolosi, tra cui anche quelli contenenti amianto, sono quindi catalogati secondo la provenienza in un apposito elenco europeo rifiuti (Eer) definito a livello comunitario”.
Segnaliamo, in conclusione, che il documento Inail, che vi invitiamo a leggere integralmente, per quanto riguarda il quadro normativo in materia di tutela ambientale fa riferimento anche a:
decreto ministeriale 27 settembre 2010 in merito allo smaltimento dei rifiuti prodotti;
legge 93/2001 e decreto ministeriale 101/2003 per ciò che concerne la mappatura dei siti contaminati da amianto.