“Dall’avvio dell’amministrazione straordinaria di un mese fa il clima all’interno degli stabilimenti è migliorato, con un rapporto positivo tra azienda e lavoratori e organizzazioni sindacali. Allo stesso tempo continuiamo a registrare impianti fermi, produzione al minimo, migliaia di lavoratori in cassa integrazione, assenza di manutenzioni e di materie prime per la ripartenza. Come descritto dal Commissario Quaranta, la condizione degli altoforni 1 e 2 è drammatica, necessitano di interventi urgenti e importanti e prima di fine anno non avremo tre altoforni in marcia”. Così il Segretario generale Uilm, Rocco Palombella, all’uscita da Palazzo Chigi il 25 marzo scorso. L’incontro si è svolto alla presenza dei Ministri Urso, Giorgetti e Calderone, del Sottosegretario Mantovano e dei commissari straordinari Quaranta e Danovi.
SOLO MACERIE
“Mittal ci ha lasciato solo macerie – ha detto il leader della Uilm – e ci vorranno centinaia di milioni di euro e molto tempo per ritornare a una situazione di normalità. Per questo i 320 milioni del prestito ponte e i 150 milioni da Ilva AS devono essere immediatamente utilizzabili per le manutenzioni e gli interventi straordinari per riavviare gli altoforni e la produzione, per far rientrare i lavoratori dalla cassa integrazione e dare risposte concrete all’indotto. Il Governo faccia in fretta, non c’è più tempo da perdere e il piano industriale sarà la cartina tornasole del vero progetto che si vorrà mettere in campo”. “Gli interventi per i lavoratori e le aziende dell’indotto non sono ancora sufficienti – sottolinea Palombella – e per questo bisogna intervenire più incisivamente sia sui crediti passati che sui tempi e le modalità di pagamento delle attività che stanno svolgendo attualmente”.
IMPEGNI PRECISI
“Purtroppo non abbiamo ricevuto le necessarie garanzie da parte del Governo, e ci aspettiamo che gli impegni presi siano rispettati nel più breve tempo possibile. L’ex Ilva – conclude – si trova di fronte a un bivio terribile: o si avvia il rilancio e si programma la decarbonizzazione o si va verso la chiusura e il disastro ambientale e occupazionale”.