“Proprio mentre l’ex Ilva vive la sua fase più drammatica, continuiamo ad assistere al tentativo di ArcelorMittal di prendere ulteriore tempo con l’obiettivo palese di chiudere gli impianti. Se davvero è disposto a cedere su tutto, come ha scritto nella lettera inviata al Governo il 18 gennaio scorso, perché non lo dimostra negli stabilimenti? Perché, invece, a Taranto spegne l’altoforno 2, nelle batterie guardie idrauliche non c’è drenaggio e l’acqua blocca il passaggio del gas arrivando quasi al fermo totale? Perché l’altoforno 1 è ancora fermo da agosto e il 4 è in marcia ridotta? Non ci sembra questo l’atteggiamento di chi vuole restare, di chi vuole salvaguardare l’ex Ilva, i lavoratori e l’ambiente”. Così Rocco Palombella, Segretario generale Uilm, ha commentato nei giorni scorsi il carteggio avvenuto tra Mittal e il Governo.
BASTA PERDERE TEMPO
“Abbiamo già perso troppo tempo – lamenta il leader Uilm – gli stabilimenti sono al collasso, la produzione è al limite storico, ci sono migliaia di lavoratori in cassa integrazione e un sistema degli appalti allo stremo. I Ministri ci hanno assicurato che indietro non si torna. Quello che serve agli stabilimenti è un intervento urgente: servono al più presto i 320 milioni di euro per la gestione corrente, per la messa in sicurezza degli impianti e di tutti i lavoratori.
APPALTO FONDAMENTALE
Secondo Palombella, il cronoprogramma di spegnimento annunciato nel 2019 questa volta si sta compiendo senza alcuna comunicazione ufficiale, sotto gli occhi dei lavoratori e nel silenzio assordante. La spiegazione questa volta non è legata a nessuno scudo penale, quell’alibi non c’è più, ma alle aziende dell’appalto che manifestano. “Una minaccia inaccettabile – ribadisce – Non possiamo permettere tutto questo, se spengono anche l’ultimo forno in marcia dobbiamo dire addio alla siderurgia in Italia e all’ex Ilva una volta per tutte. Ma noi non ci rassegniamo e chiediamo ai commissari di Ilva in AS, proprietaria degli impianti, di intervenire tempestivamente per bloccare questo scempio”. Nonostante la gravità del momento, le aziende di appalto stanno garantendo la sicurezza degli impianti senza essere pagate. Nel 2015 hanno già perso complessivamente 150 milioni di euro, questa volta le cifre sono addirittura più alte visto che vantano un credito di 180 milioni. Il sistema, che è fatto di manutenzioni, servizi, forniture e trasporti è il cuore che supporta l’attività produttiva e coinvolge circa 5.500 lavoratori.
Palombella chiede quindi di trovare il modo di utilizzare immediatamente i 320 milioni di euro per garantire la sopravvivenza di tutte le aziende dell’appalto, sia quelle piccole che quelle più grandi, che più degli altri stanno sopportando il peso di questa situazione. “Chiediamo anche – conclude –di fare un incontro congiunto subito, prima che parta l’eventuale amministrazione straordinaria, per mettere in sicurezza lavoratori e imprese discutendo nel merito delle soluzioni tecniche. Dobbiamo impegnarci tutti con responsabilità per superare l’emergenza e salvare l’ex Ilva salvaguardando ambiente, lavoro e produzione”.