di Andrea Farinazzo
È evidente agli occhi di tutti che in queste settimane, purtroppo a causa dell’alto numero di femminicidi che avvengono nel nostro Paese, sia aumentata molto l’attenzione non solo sul tema della violenza sulle donne, ma anche su quello, più generale, della parità di genere. Un tema che riguarda anche il mondo del lavoro, le politiche/strategie aziendali e la possibilità di adottare specifici sistemi di gestione per la parità di genere.
Contesto
Dalla classifica mondiale del World Economic Forum (WEF 2021) sul Rapporto Parità di Genere relativo all’anno 2021, si evince che nessun paese al mondo ha colmato i divari di genere. Risulta infatti che solo i paesi più avanzati hanno chiuso il divario poco oltre l’80% (Islanda, Finlandia, Norvegia e Svezia).
Tale classifica che vede protagonisti 156 paesi, ha focalizzato l’analisi su quattro dimensioni della Parità di Genere, con chiusura del divario al 58% per l’economia, al 95% per l’istruzione, al 96% per la salute e al 22% per politica e rappresentanza. L’Italia si posiziona al 63° posto e al 114° posto per la sola componente economica. In particolare, si evincono settori tipicamente maschili come l’industria con il 71% e le costruzioni con l’89% e settori con occupazione femminile crescente (circa il 50%) quali sanità, istruzione, alloggio e ristorazione ed attività artistiche.
Da fonte ISTAT Analisi delle misure statistiche per Goal, relativamente al Goal 5 Agenda 2030 “Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze”, le donne risultano meno numerose nei settori più remunerativi: in Italia quelle che ricoprono posizioni manageriali di vertice sono circa il 27%, con differenze di reddito, a parità di ruolo, pari a circa il 23%.
La metafora dell’impenetrabile “soffitto di cristallo”, coniata dalla scrittrice francese George Sand, risulta attuale per tutte quelle barriere che ancora complicano o impediscono la crescita professionale delle donne verso il vertice. Pertanto, le donne restano segregate in posizioni medio basse e meno remunerative. Tuttavia, progressi sono stati fatti grazie all’introduzione nel 2011 delle quote di rappresentanza di genere nei Consigli di Amministrazione e nei Collegi Sindacali di società quotate in borsa, con un conseguente aumento della presenza del genere femminile dal 7 % dell’anno 2011 al 42,9% del 2022, in avvicinamento al 45% del target fissato dalla Strategia Nazionale per la Parità di Genere 2021-2026.
Risulta inoltre interessante l’aumento della presenza del genere femminile negli organi decisionali (21%) della Corte Costituzionale, del CSM, del Corpo Diplomatico e di altre autorità, ma comunque insufficiente per il raggiungimento del target del 45% della succitata strategia. Si evidenzia invece la riduzione della presenza femminile nel Parlamento Nazionale dal 35,4% del 2018 al 33,7% del 2022, riflettendo l’analogo andamento a livello europeo.
Con riferimento al Goal 10 Agenda 2030 “Riduzione delle disuguaglianze”, la norma UNI ISO 30415:2021 “Gestione delle risorse umane. Diversità e inclusione” evidenzia come la “promozione di una cultura organizzativa diversificata e inclusiva può consentire agli individui di prosperare e fare del proprio meglio in condizioni che consentano una collaborazione e una partecipazione efficace. La creazione di organizzazioni più imparziali, più inclusive e socialmente responsabili può aiutare le persone indipendentemente dall’identità, dal contesto o dalle circostanze, ad accedere al lavoro e sviluppare conoscenze, abilità e capacità fondamentali per il loro sviluppo e benessere personale”.
Il documento dell’Unione Europea del 2020, “Unione dell’uguaglianza: la strategia per la Parità di Genere 2020-2025” definisce gli obiettivi politici e le misure specifiche volte a conseguire la Parità di Genere, combinate ad una maggiore integrazione della dimensione di genere “inserendo sistematicamente una prospettiva di genere in ogni fase dell’elaborazione delle politiche in tutti i settori di azione dell’UE, sia interni che esterni”.
La strategia sarà attuata nel pieno rispetto del principio dell’intersezionalità, come definito dall’European Institute for Gender Equality – EIGE. L’indice sull’uguaglianza di genere attribuisce all’UE e agli Stati Membri un punteggio da 1 a 100, dove 100 rappresenta il raggiungimento della piena uguaglianza tra uomini e donne. L’Italia, secondo i dati per l’indice 2023, ha raggiunto il punteggio di 68,2 così come suddiviso nel grafico riportato in figura 1*. La migliore performance dell’Italia (9° posto su tutti gli Stati Membri) è nel settore della salute con 89,2 punti. Le diseguaglianze di genere risultano fortemente pronunciate nel dominio del lavoro (65 punti) in cui il nostro Paese risulta dal 2010, all’ultimo posto tra tutti gli Stati Membri.
Da sottolineare la mancanza del dato relativo alla violenza, non incluso nel calcolo del punteggio dell’indice, per mancanza di prove atte a valutare la violenza contro le donne in comparazione con i dati europei. Nella realtà dei fatti l’andamento dei femminicidi in Italia nel 2023 ha già raggiunto all’attualità quota 106 vittime. La più giovane aveva 13 anni, mentre la più anziana 95. Il Viminale evidenzia che 87 donne sono state uccise in ambito familiare/affettivo, di queste 55 sono vittime dei loro partners/ex partners. Uccise perché alla ricerca della libertà da un rapporto violento, controllante e possessivo, ben lontano dai principi di amore, di rispetto della persona, della sua dignità ed aspirazioni.
La recente Prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022 “Linee Guida sul Sistema di Gestione per la Parità di Genere”, elaborata in linea con i principi ispiratori dei documenti normativi UNI, CEN ed ISO esistenti in materia, come la linea guida internazionale UNI ISO 30415 “Gestione delle risorse umane – Diversità e inclusione”, tiene ben presenti le peculiarità del tessuto socio-economico italiano. Essa prevede la strutturazione e l’adozione di specifici indicatori prestazionali – KPI (Key Performance Indicator) inerenti alle Politiche di Parità di Genere nelle organizzazioni, con l’obiettivo di colmare i gap attualmente esistenti, nonché di incorporare questo nuovo paradigma nel DNA delle organizzazioni, nell’ottica di produrre un cambiamento sostenibile e durevole nel tempo.
L’Italia risulta ancora all’attualità caratterizzata da un basso tasso di occupazione femminile pari al 49,5%, valore quasi stabile nell’ultimo decennio, mentre quello maschile si attesta al 67,6%. Per tali parametri il nostro Paese si colloca agli ultimi posti in Europa, seguita solo da Grecia e Malta. Tale dato risulta in netto contrasto con il valore dell’istruzione pari al 56% di donne laureate sul totale. La presenza femminile nei percorsi di laurea STEM risulta tuttavia ancora in minoranza.
Le donne risultano meno numerose nei settori più remunerativi: quelle che ricoprono posizioni manageriali di vertice sono circa il 27%, con differenze di reddito, a parità di ruolo, pari a circa il 23%. In Europa il gender pay gap è al 13% (l’uomo guadagna 1 euro mentre la donna solo 0,87 cent) tale dato coincide con i numeri dell’Osservatorio Inps Official secondo il quale lo stipendio delle donne risulta essere inferiore di circa 8.000 euro.
La maternità resta nel mercato del lavoro ancora un ostacolo per il raggiungimento della parità di genere, in quanto la scelta di avere dei figli, incide diversamente su uomini e donne, sia nelle fasi di recruitment che di assegnazione del ruolo o di rientro post maternità. Il tasso di occupazione delle madri è pari al 54,5%, contro l’83,5% dei padri. Tipica è la child penality (il costo sul mercato del lavoro della nascita di un figlio), fenomeno diffuso che colpisce particolarmente le madri.
Dallo studio INPS del 2020, si evince che la nascita di un figlio determina per la donna una riduzione della probabilità di continuare a lavorare e una perdita reddituale nei 24 mesi successivi alla nascita.
Il Sistema di Gestione per la Parità di Genere secondo la Prassi UNI PdR/125:2022, strumento evolutivo per lo sviluppo di consapevolezza e cambiamento
Le organizzazioni hanno l’opportunità di poter superare i gap esistenti scegliendo di dotarsi di adeguati strumenti operativi attraverso i quali focalizzare precisi obiettivi organizzativi per ogni fase lavorativa. Le stesse dovranno misurare in modo chiaro e standardizzato i progressi realizzati, certificare i risultati raggiunti, attraverso processi qualificati e trasparenti, recependo i principi di gender equality articolati sull’intero percorso professionale e sulle fasi di vita delle persone, dal momento del recruiting sino al pensionamento. Dunque, l’impresa o l’ente che volontariamente sceglie di attivarsi, deve progettare ed implementare un Sistema di Gestione per la Parità di Genere documentato, in relazione alle proprie dimensioni e risorse, per garantire l’attuazione ed il mantenimento nel tempo dei macro requisiti definiti nella Prassi, operando attraverso la misurazione della propria maturità con la formalizzazione di Politiche di Parità di Genere, la redazione ed implementazione del Piano Strategico e l’individuazione ed il calcolo di KPI specifici (misurabili e raggiungibili). L’organizzazione individuati tali Indicatori chiave di prestazione di Area, verifica e comprende se possiede i requisiti necessari per raggiungere la soglia minima del 60% utile al conseguimento della certificazione del Sistema, ai sensi della prassi di riferimento. Infatti, la UNI/PdR 125:2022 al punto 5.1, al fine di garantire la misurazione del livello di maturità, individua 6 Aree di Indicatori attinenti alle differenti variabili che possono contraddistinguere un’organizzazione inclusiva e rispettosa del principio di Parità di Genere:
Cultura e strategia (5.2)
Governance (5.3)
Processi HR (5.4)
Opportunità di crescita ed inclusione delle donne in azienda (5.5)
Equità remunerativa per genere (5.6)
Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro (5.7)
I codificati specifici KPI per ciascuna Area di valutazione devono poi essere monitorati annualmente e verificati con cadenza biennale, al fine di evidenziare il miglioramento conseguito grazie alla varietà dei concreti interventi operativi attuati. Ognuna delle 6 Aree è contraddistinta da un peso percentuale (fatto 100 il totale del peso delle differenti Aree) e da un mix di KPI qualitativi e quantitativi.
Ogni singolo Indicatore è associato ad un punteggio il cui raggiungimento o meno viene ponderato per il peso dell’Area di appartenenza. Se ne riportano alcuni ad esempio: “formalizzazione ed implementazione di un Piano Strategico” [..] al punto 6.3 della prassi, per l’Area Cultura e Strategia. “Presenza di un budget dell’organizzazione per lo sviluppo di attività a supporto dell’inclusione, della Parità di Genere e dell’integrazione”, per l’Area Governance. “Presenza di meccanismi di protezione del posto di lavoro e di garanzia del medesimo livello retributivo nel post maternità” per l’Area Processi HR. “Percentuale di donne nell’organizzazione con qualifica di dirigente […]”, per l’Area Opportunità di Crescita. “Percentuale promozioni donne su base annua”, per l’Area Equità remunerativa per genere. “Rapporto tra il numero dei beneficiari uomini effettivi sul totale dei beneficiari potenziali dei congedi di paternità nei primi 12 anni di vita del bambino obbligatori”, per l’Area Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro.
L’azienda/ente deve:
- predisporre un Piano di Comunicazione e diffonderlo alle Parti Interessate interne ed esterne, coerente con i principi e con gli obiettivi stabiliti nel Piano Strategico. La stabilita comunicazione deve essere allineata con i valori e la cultura aziendale;
- effettuare attività di formazione (6.3.1) come azione generatrice di consapevolezze, competenze e comportamenti adeguati nell’interesse del benessere organizzativo e psicofisico da perseguire per il superamento del genere. La Formazione deve coinvolgere tutti i livelli organizzativi. Gli argomenti devono includere la lotta contro i pregiudizi e gli stereotipi legati al genere;
- pianificare ed attuare degli Audit interni (ISO 19011:2018), ai fini della rilevazione e gestione di eventuali non conformità nell’ottica del miglioramento continuo.
Tutte le organizzazioni, private e pubbliche, sono certificabili ad eccezione delle ditte individuali prive di addetti/e. La scelta di implementare e mantenere attivo nel tempo un Sistema di Gestione per la Parità di Genere, deve fondarsi, ai fini del conseguimento del Certificato, sulla selezione di un Organismo di Certificazione accreditato, ai sensi del Regolamento CE 765/2008. Tale accreditamento garantisce che le certificazioni siano rilasciate da Organismi competenti ed imparziali e che abbiano loro stessi adottato un Sistema di Gestione conforme alla UNI/PdR 125:2022. Inoltre, solo le certificazioni rilasciate da tali Organismi, sono valide ai fini del riconoscimento per le imprese certificate dei benefici e vantaggi stabiliti dal legislatore, quali: esoneri contributivi, agevolazioni per la concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti, punteggi nei bandi di gara e maggiore reputazione aziendale.
Il 6 novembre u.s. la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha pubblicato, sul sito dedicato, l’Avviso per l’erogazione dei contributi alle PMI per i servizi di assistenza tecnica e accompagnamento alla certificazione della Parità di Genere e dei contributi per i costi di certificazione. Questi ultimi saranno pagati direttamente agli OdC che hanno aderito all’Avviso e che compaiono nell’elenco dedicato ivi presente. Le domande di contributo potranno essere presentate dalle imprese interessate a decorrere dalle ore 10:00 del 06 Dicembre 2023 fino alle ore 16:00 del 28 Marzo 2024, fatte salve eventuali e sopravvenute modifiche legislative e/o regolamentari in ordine ai tempi di ammissibilità previsti per il PNRR.
Come stabilito da Centri Studi autorevoli, la Gender Equality davvero praticata, eticamente giusta, produce ampi valori, convenienti anche economicamente, innescando concreti cambiamenti per il superamento del genere, nell’ottica del valore della persona e delle sue competenze, come l’aumento delle donne nei ruoli di leadership in settori economici fondamentali per la crescita, che originano nelle aziende quella diversità di visione e di approccio che oggi è considerata leva cruciale per vincere le sfide della complessa attualità.