di Enrico Ferrone
Secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, “space economy” è l’insieme delle attività e dell’uso delle risorse spaziali che creano valore e benefici per l’umanità nel corso dell’esplorazione e utilizzo dello spazio. E tuttavia con questa definizione si tende a comprendere una serie di iniziative diversificate che rendono le attività spaziali un terreno di coltura per investimenti, sfruttamento e volontà di guadagno d’impresa. Lo spazio è un’indiscutibile opportunità, se è vero che il suo valore è stato stimato in poco meno di 500 miliardi di dollari con un tasso di crescita di circa 7% annuo (fino al 2026) e un indotto che genera continuamente valore allo sviluppo sostenibile anche in campi diversificati e apparentemente lontani. Negli Stati Uniti lo spazio è un affare sempre più strategico, trasformatosi nel giro di circa mezzo secolo da un elemento di competizione e di dimostrazione tecnologica ad un vero e proprio produttore di ricchezza, con la partecipazione attiva di imprenditori privati che hanno radicalmente trasformato il modello di business e di partecipazione alla politica mondiale.
NODI IDEOLOGICI
Indipendentemente dalla posizione geografica e dalla visione che ogni singolo stato industriale possa avere all’approccio delle attività inerenti allo spazio, vi sono oggi nodi ideologici e funzionali non ancora risolti: uno di questi è la mancanza di regole che normano universalmente, in forma chiara ed ufficiale sia l’accesso all’ambiente ultra atmosferico, che le reali attività che si possano svolgere in una dimensione che può definirsi simmetricamente “di tutti” o “di nessuno”. La questione è antica e risale addirittura agli ormai lontani anni Cinquanta del secolo scorso in cui vi furono pericolosi tentativi di appropriazioni di regioni lunari per aver sparso frammenti di astronavi con le effigi dei Paesi autori dei lanci; a queste azioni deliberatamente provocatorie seguì una risoluzione delle Nazioni Unite del 1967 in cui fu bandito il termine di “colonizzazione” dai dizionari delle cose spaziali. Ma a quanto pare oggi quel divieto è sempre più debole se si continua ad insistere nell’invasione delle basse orbite con migliaia di piccoli satelliti i cui rottami di fine vita costituiscono armi letali per i nuovi ingressi e se sulla Luna si ammassano tonnellate di materiali con la presunzione che siano apparecchiature scientifiche o semplicemente rifiuti da non voler riportare sulla Terra o se, fatti non lontani nel tempo, si lanciano vettori contro gli asteroidi con l’intento di deviarne l’orbita o più semplicemente con l’obiettivo di testare nuovi modelli di armamento per future guerre spaziali.
ASPETTI POSITIVI
Lo scenario è inquietante e potrebbe nascondere aspetti poco rassicuranti. Però, come ogni forma di progresso, vanno colti molti aspetti positivi: con la Stazione Spaziale Internazionale si sono aperti importanti varchi di diplomazia in una cooperazione internazionale che ha visto a fattor comune interessi e aspettative tra popoli che su altri tavoli per decenni hanno dichiarato un’ostilità reciproca. E telecomunicazioni, osservazione della Terra, navigazione rappresentano oggi tre assi imprescindibili per un’umanità sempre più bisognosa di comunicare, di prevedere gli sviluppi climatici e controllare il territorio, per sostenerne la sicurezza dell’ambiente e di protezione nazionale. Per ottenere tutti questi vantaggi si presenta sempre più necessaria una normativa internazionale che regoli concretamente l’intera disciplina perché lo spazio sia un’opportunità e non una minaccia per la popolazione del pianeta Terra.
L’ITALIA SI MUOVE
L’Italia si sta muovendo, sulla falsariga di altre nazioni europee per una legge che tenga in considerazione i numerosi pericoli che possano giungere da un uso incontrollato dello spazio. Al momento però si parla solo del principio di responsabilità per uno stato per le sue attività realizzate nello spazio, per la responsabilità di eventuali danni causati dai propri oggetti lanciati e di tutto quanto concerne l’immatricolazione dei vettori: non è dunque, quella che si appresta a varare lo Stato italiano, una legge che riguardi in toto l’intero settore, dalla produzione all’utilizzo dei segnali captati o, ancor più il riconoscimento di professionalità dei suoi lavoratori ma è comunque un piccolo passo verso un settore vasto e di continua innovazione. In futuro però si dovrà fare molto di più per fare in modo che la cooperazione internazionale sia un vero vantaggio per tutti e non solo una leva di schiacciamento contro le comunità più deboli e meno difese politicamente.