I metalmeccanici di Fim Fiom Uilm tornano a scioperare

Quattro ore di sciopero generale dei metalmeccanici: è quanto annunciato da Fim Fiom Uilm in una conferenza stampa che si è tenuta nella storica sede dell’FLM in Corso Trieste 36 a Roma. Alla base dello sciopero la volontà di rimettere al centro della discussione politica il lavoro metalmeccanico.
Secondo i dati del Ministero delle Infrastrutture e del Made in Italy, 70mila lavoratori oggi sono interessati da crisi aziendali e di questi oltre 50mila sono metalmeccanici (ben il 70%), a cui si devono aggiungere i 70mila posti a rischio nel settore dell’automotive in caso di mancata gestione della transizione ecologica.
Nel 2019, secondo dati ufficiali dell’allora Ministero dello Sviluppo economico, erano aperte 149 crisi aziendali che interessavano oltre 200mila lavoratori. Nel 2022, dopo la pandemia, le crisi aziendali erano scese a 70 per un totale di 90 mila lavoratori interessati. A oggi, secondo quanto dichiarato dal ministro Urso, sono aperti al Mimit 57 tavoli di crisi, di cui 34 attivi e 23 di monitoraggio. “Le crisi aziendali purtroppo non sono diminuite nel tempo – spiega il Segretario generale Uilm, Rocco Palombella – ma il Ministero ha deciso di considerare nel conteggio solamente le vertenze di aziende con oltre 250 dipendenti”.

PER L’OCCUPAZIONE E GLI INVESTIMENTI
Come si legge nel documento condiviso dai tre sindacati metalmeccanici più rappresentativi, le lavoratrici e i lavoratori stanno vivendo una condizione economica e sociale molto delicata. Sono anni che il nostro Paese vede ridursi la base produttiva e, nell’attuale fase di grandi trasformazioni sono mancati da parte della politica e dei governi gli orientamenti e le scelte sui temi del lavoro e dell’industria. Per questo ritengono sia necessario rimettere al centro il lavoro nell’industria metalmeccanica e impiantistica. Il Governo deve trovare una risposta alla necessità sempre più urgente di strategie e politiche industriali, di conseguenti importanti investimenti pubblici condizionati alla tenuta sociale che traguardi nuova e buona occupazione.

PER LA TRANSIZIONE ECOLOGICA
La transizione ecologica e digitale rischia di mettere maggiormente sotto pressione il settore e di colpire in primis chi produce componentistica per auto. Sebbene, infatti, c’è stato un leggero aumento della produzione di auto con 400mila auto prodotte in un anno, siamo ben lontani dal livello produttivo di 1,5 milioni di auto e stiamo registrando un trend in calo costante negli ultimi 20 anni, con conseguenze sull’occupazione. I ritardi negli investimenti nella transizione ecologica, se non programmata e non gestita adeguatamente, metteranno a rischio ulteriori 70mila posti di lavoro.

GLI ALTRI SETTORI
Per quanto riguarda la siderurgia, continua a essere tra i settori strategici per la nostra economia. Soffre però da diversi anni difficoltà consistenti con 20mila posti a rischio peggiorate dal caro energia e dalla mancanza di materie prime. Le criticità attuali si sommano con le scelte mai realizzate, come il tanto promesso piano nazionale della siderurgia e con le scelte sbagliate dei vari Governi che si sono succeduti negli anni. La condizione oggi è drammatica per l’ex Ilva (Acciaierie d’Italia), per l’ex Lucchini di Piombino (JSW Steel Italy) e per l’ex Alcoa di Portovesme (SiderAlloys).
L’elettrodomestico dopo un aumento consistente della produzione negli anni della pandemia, sta facendo registrare un nuovo e significativo calo, e deve essere al centro di politiche di reshoring e di rilancio degli investimenti tecnologici e sui prodotti. Non abbiamo informazioni rispetto agli annunciati cambiamenti societari delle due multinazionali, Whirlpool ed Electrolux, né garanzie sulle prospettive industriali e occupazionali.
L’installazione di impianti, con le continue gare al massimo ribasso e all’assenza delle clausole di salvaguardia sociale stanno letteralmente minando il settore.

L’ASSENZA DELLO STATO
Per il sindacato è necessario un più forte ruolo dello Stato nei settori considerati strategici e ad alto contenuto tecnologico; negli ultimi anni, infatti, la carenza di microchip e altri componenti tecnologici ha fortemente rallentato la produzione industriale e la capacità di molte imprese di rispondere al mercato. La necessità è quella di politiche industriali chiare, a partire dai tavoli di crisi aperti. Sono indispensabili strategie industriali che impediscano delocalizzazioni, acquisizioni finalizzate esclusivamente a creare valore e dividendi agli azionisti che spesso producono desertificazione industriale, soprattutto al Sud.

LO SCIOPERO
Per tutte queste ragioni Fim Fiom Uilm hanno proclamato quattro ore di sciopero in tutte le aziende metalmeccaniche del Paese così articolate: venerdì 7 luglio 2023 regioni del centro-nord (Lazio esclusa), lunedì 10 luglio 2023 regioni del sud. Presidi, manifestazioni e discussioni collettive serviranno a lanciare un grido nel Paese: l’industria metalmeccanica in Italia è a rischio; la transizione ecologica, energetica e tecnologica deve essere socialmente sostenibile; le lavoratrici e i lavoratori possono e devono essere protagonisti di questo processo. Uno sciopero per spingere il Governo ad agire, per costruire le basi di un vero confronto e per rilanciare il futuro del settore metalmeccanico.

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