di Andrea Farinazzo
L’avvicinarsi dell’estate e la sempre maggiore frequenza con cui si manifestano ondate di calore rendono la valutazione del rischio microclima un argomento su cui porre particolare attenzione per le aziende.
QUALI SONO I SETTORI PIÙ ESPOSTI AL RISCHIO DA CALORE?
Il D.Lgs. 81/08 indica, tra gli obblighi del datore di lavoro, quello di valutare “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori”, compresi quelli riguardanti “gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari”, tra i quali va inteso anche il rischio da danni da calore. Le aziende più esposte al rischio da colpo di calore sono quelle con lavoratori che svolgono la propria attività in aree particolarmente calde per esigenze produttive (ad esempio vicinanza a forni di fusione) oppure aziende del settore dell’edilizia e dell’agricoltura e nella Metalmeccanica viste le alte temperature all’interno delle fabbriche e nei reparti dove vi sono le fonderie che, nel periodo estivo, hanno lavoratori esposti in modo rilevante al rischio di colpo di calore.
COSA DEVONO FARE LE AZIENDE ESPOSTE AL RISCHIO DA COLPO DI CALORE?
Le aziende devono procedere ad effettuare una specifica valutazione del rischio da microclima dove per microclima si intende il complesso dei parametri fisici ambientali che caratterizzano l’ambiente locale e che, assieme a parametri individuali quali l’attività metabolica e l’abbigliamento, determinano gli scambi termici fra l’ambiente stesso e gli individui che vi operano.
RISCHI PER LA SALUTE DA ESPOSIZIONE A COLPI DI CALORE
I principali effetti che si possono riscontrare nella popolazione esposta ad eccesso di calore possono essere così elencati in ordine crescente di gravità:
- Colpo di sole: rossore e dolore cutaneo, vescicole, febbre, mal di testa.
- Crampi da calore: dolori alle gambe e all’addome, sudorazione.
- Esaurimento da calore: abbondante sudorazione, astenia, pallore, polso debole.
- Colpo di calore: temperatura corporea oltre i 40°, battiti accelerati, blocco della sudorazione, iperventilazione, convulsioni e possibile collasso.
Le elevate temperature possono causare quindi malori o ridurre la capacità di attenzione del lavoratore e di conseguenza aumentare il rischio di infortuni.
CONSIGLI DI PREVENZIONE DEL RISCHIO DA COLPO DI CALORE
Per contrastare le conseguenze da rischio di calore, dal datore di lavoro possono essere messe in atto le seguenti misure di prevenzione:
- Organizzare il lavoro in modo da minimizzare il rischio, ad esempio: svolgere i lavori più pesanti nelle ore più fresche della giornata, effettuare una turnazione dei lavoratori esposti, organizzare le attività in modo che i lavoratori si trovino ad operare nelle zone meno esposte ai raggi solari, evitare attività in solitaria in modo che sia garantito un reciproco controllo tra lavoratori.
- Mettere a disposizione idonei dispositivi di protezione individuali e indumenti protettivi.
- Prevedere pause adeguate ed in luoghi ombreggiati per permettere all’organismo di riprendersi. La durata e la frequenza delle pause devono essere valutate in base al clima e alla tipologia di lavoro da svolgere e all’utilizzo del vestiario prendendo in considerazione anche i DPI.
- Consultare il bollettino di previsione e allarme per l’area in cui i propri lavoratori devono svolgere le attività.
- Garantire la disponibilità di acqua nei luoghi di lavoro.
- Prevedere l’informazione e la formazione dei lavoratori sui rischi correlati al colpo di calore.
- Garantire la sorveglianza sanitaria: il medico competente può fornire infatti indicazioni indispensabili per prevenire il rischio da colpo di calore in relazione allo stato di salute di ciascun lavoratore. Il datore di lavoro dovrà seguire le specifiche indicazioni contenute nel giudizio di idoneità rilasciato dal medico del lavoro.
I consigli di prevenzione che dovranno mettere in atto i lavoratori possono essere invece i seguenti:
-
- Idratarsi e bere regolarmente acqua, a prescindere dallo stimolo della sete. Non bere alcolici.
- Rinfrescarsi bagnandosi con acqua fresca per disperdere il calore.
- Indossare vestiario idoneo: abiti leggeri traspiranti, di cotone, di colore chiaro, mettendo anche un copricapo che permetta una sufficiente ombreggiatura. Non lavorare a pelle nuda per evitare ustioni e perché la pelle nuda assorbe più calore.
- Informarsi sui sintomi a cui prestare attenzione e sulle procedure di emergenza.
- Lavorare nelle zone meno esposte al sole.
- Rispettare le pause e recarsi in luogo fresco.
- Evitare di lavorare in solitaria.
- Seguire un’alimentazione essere povera di grassi, ricca di zuccheri e sali minerali.MISURAZIONE DEL RISCHIO DA MICROCLIMA
Per quanto riguarda la misurazione del rischio da microclima i parametri ambientali da tenere in considerazione sono i seguenti:
- La temperatura dell’aria;
- L’umidità relativa dell’aria;
- La velocità dell’aria;
- La temperatura della media radiante
- La temperatura del pavimento
- La temperatura della piana radiante.
Per l’appunto, il Titolo VIII del D. Lgs. 81/08 tratta i criteri per la valutazione dei rischi derivanti dagli agenti fisici, tra i quali: il rischio rumore, il rischio vibrazioni, da radiazioni ottiche artificiali (ROA), da campi elettromagnetici (CEM) e quelli derivanti dalle condizioni microclimatiche degli ambienti di lavoro. Inoltre il Titolo II del D. Lgs. 81/08 impone che i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti indicati nell’allegato IV del medesimo decreto, il quale, al punto 1.9, fornisce delle indicazioni sulla qualità di alcuni parametri microclimatici.
I tecnici devono essere dotati delle competenze e della strumentazione necessaria per effettuare la misurazione del rischio da microclima per tutte le tipologie di ambienti (ambienti moderati, ambienti severi caldi e ambienti severi freddi). Le valutazioni dei rischi sono effettuate in accordo con le pertinenti norme tecniche di riferimento, tra le quali UNI EN ISO 15265, UNI EN ISO 7730, UNI EN ISO 7243, UNI EN ISO 7933, UNI EN ISO 11079 e UNI EN ISO 15743.
Per ulteriori informazioni sulle misurazioni di agenti fisici, quali: rumore, vibrazioni, radiazioni ottiche artificiali, campi elettromagnetici; e sulla valutazione del rischio microclima, contattate i nostri tecnici telefonicamente o utilizzando il link sottostante.
APPROFONDIMENTO SULLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO DA MICROCLIMA
Il “microclima” è il complesso dei parametri fisici ambientali che caratterizzano l’ambiente locale e che, assieme a parametri individuali quali l’attività metabolica e l’abbigliamento, determinano gli scambi termici fra l’ambiente stesso e gli individui che vi operano. Un microclima confortevole è quello che suscita nella maggioranza degli individui presenti una sensazione di soddisfazione per l’ambiente, da un punto di vista termo-igrometrico, convenzionalmente indicata con il termine “benessere termo-igrometrico”, ma più spesso indicata per brevità come “benessere termico” o “confort termico“. Tipicamente, dal punto di vista del microclima, in un ambiente di lavoro è possibile trovare due tipologie di ambienti: ambienti moderati e ambienti severi, questi ultimi distinti in “ambienti severi caldi” e “ambienti severi freddi”.
AMBIENTI MODERATI SECONDO LA MISURAZIONE DEL RISCHIO DA MICROCLIMA
Si possono definire “ambienti moderati” tutti i luoghi di lavoro nei quali non esistono specifiche esigenze produttive che, vincolando uno o più degli altri principali parametri microclimatici (principalmente temperatura dell’aria, ma anche umidità relativa, velocità dell’aria, temperatura radiante e resistenza termica del vestiario), impediscano il raggiungimento del confort. Per la valutazione del microclima negli ambienti moderati (10°C ÷ 30°C), la norma tecnica di riferimento è la norma UNI EN ISO 7730. Tale normativa propone una metodologia per la valutazione del confort microclimatico basata sulle misurazioni di alcuni parametri microclimatici (tra le quali la temperatura dell’aria, l’umidità e la velocità dell’aria), e sul conseguente calcolo degli indicatori sintetici di confort (PMV e PPD) che combinano diverse grandezze al fine di consentire la formulazione di un giudizio di accettabilità o inaccettabilità relativa a tale tipologia di ambiente termico. In aggiunta agli indicatori sintetici di confort è possibile calcolare degli indicatori di discomfort locali (es. percentuale di insoddisfatti a causa di correnti d’aria).
AMBIENTI SEVERI: COME VALUTARE IL RISCHIO DERIVANTE DALLE CONDIZIONI MICROCLIMATICHE
Le normative riguardanti la misurazione del rischio da microclima parlano chiaro: viene definito “ambiente severo” un luogo di lavoro nel quale specifiche ed ineludibili esigenze produttive (vicinanza a forni ceramici o fusori, accesso a celle frigo o in ambienti legati al ciclo alimentare del freddo, ecc.) o condizioni climatiche esterne (in lavorazioni effettuate all’aperto, in agricoltura, in edilizia, nei cantieri di cava, nelle opere di realizzazione e manutenzione delle strade, ecc.) determinano la presenza di parametri termoigrometrici stressanti. A loro volta questo tipo di ambienti termici si dividono in ambienti severi caldi e ambienti severi freddi.
Gli ambienti severi caldi sono caratterizzati da un notevole intervento del sistema di termoregolazione umano al fine di diminuire l’accumulo di calore nel corpo. L’azione termoregolatrice si esplica, primariamente sul piano fisiologico mediante meccanismi di vasodilatazione dei vasi sanguigni cutanei (con aumento della temperatura della cute) e di sudorazione. Per gli ambienti severi caldi, le norme tecniche di riferimento sono la norma UNI EN ISO 7243 e la norma UNI EN ISO 7933. Tali normative propongono due metodologie per la valutazione dello stress microclimatico derivante da ambienti severi caldi, una più semplice ed una più complessa. La metodologia più semplice consiste nella misurazione di alcuni parametri microclimatici e nel conseguente calcolo rispettivamente di un indice (WBGT) che combina le misure di tre differenti tipologie di temperatura al fine di consentire l’emissione di un giudizio di accettabilità delle condizioni microclimatiche dell’ambiente termico o di effettuare un’analisi più approfondita. Per la valutazione approfondita del rischio microclimatico in ambienti severi caldi la stessa norma UNI EN ISO 7243 prevede di ricorrere alla strategia più complessa proposta dalla norma UNI EN ISO 7933. In questo caso, utilizzando il PHS (Predicted Heat Strain) si calcoleranno alcuni indici atti a valutare l’accettabilità o la non accettabilità del rischio.
Gli ambienti severi freddi sono caratterizzati da condizioni che richiedono un sensibile intervento del sistema di termoregolazione umano per limitare la potenziale eccessiva diminuzione della temperatura caratteristica dei diversi distretti ed in particolare del nucleo corporeo. L’azione termoregolatrice si traduce sul piano fisiologico nella vasocostrizione dei capillari cutanei, che comporta una diminuzione della temperatura della cute e nell’incremento della produzione di calore per via metabolica (di cui i brividi e l’orripilazione ne sono segni evidenti). Per gli ambienti severi freddi, le norme tecniche di riferimento sono la norma UNI EN ISO 15743 e la norma UNI EN ISO 11079. In particolare quest’ultima normativa propone una metodologia per la valutazione dello stress microclimatico derivante da ambienti severi freddi che consiste nella misurazione di alcuni parametri microclimatici e nel conseguente calcolo di un indice (IREQ) che combina i valori di alcuni parametri al fine di consentire l’emissione di un giudizio di accettabilità o inaccettabilità relativa a tale tipologia di ambiente termico.