La precoce entrata in vigore del motore euro 7 falcidierà produzione e occupazione

di Gianluca Ficco

La transizione elettrica, nonostante le fuorvianti affermazioni di molti commentatori, non avverrà nel 2035, poiché a ben vedere è già iniziata. Soprattutto la via scelta dalla Unione europea è la più ripida e la più rischiosa, lastricata di complesse normative che costringono i produttori a vendere determinati mix di vetture in base alle emissioni, incurante di qualsiasi considerazione economica o occupazionale e forse perfino tecnologica. L’entrata in vigore del nuovo motore endotermico euro 7 rappresenta, in questo percorso già irto di ostacoli, una improvvisa curva a gomito che rischia di mandare fuori strada gran parte dell’apparato produttivo e occupazionale del nostro Paese.

NUOVO STANDARD
In piena marcia forzata verso la motorizzazione elettrica, l’UE sta pensando, infatti, di costringere nel 2025 ad un nuovo standard estremamente costoso i motori endotermici, che pure hanno gli anni contati. Le case automobilistiche si dovrebbero dunque trovare dinanzi al paradosso di dover investire ingentissime risorse in una tipologia di motore che poi comunque verrebbe penalizzata in modo crescente fino alla totale messa al bando. Il risultato potrebbe essere il crollo repentino dell’acquisto e della produzione di autoveicoli con motore a scoppio, senza però che la tecnologia elettrica sembri ancora in grado di sostituirlo appieno.
Oggi i consumatori non si rivolgono spontaneamente verso l’elettrico, certamente non quanto l’UE vorrebbe. Allo stato attuale della tecnica difatti le auto elettriche suscitano ancora qualche dubbio, ad esempio per le difficoltà di ricarica o per la impossibilità di effettivo riciclo delle batterie o per i potenziali problemi di approvvigionamento dall’Asia, e presentano alcune dure certezze, dal costo elevato al minor fabbisogno di manodopera. 

PROGRESSO PER DECRETO
A fronte di ciò l’Unione Europea non ha seguito una via tradizionale, che promuovesse gradualmente l’elettrico attraverso un complesso di incentivi e di disincentivi fiscali commisurati alle emissioni di anidride carbonica, attraverso il rafforzamento del sistema di trasporto pubblico o la promozione di investimenti industriali e in ricerca. Al contrario ha scelto la via del progresso per decreto, quella via un po’ utopistica che alterna illusioni mercatiste a incubi regolatori, la via del politicamente corretto ma del praticamente insostenibile. Mutatis mutandis è ciò che è accaduto perfino in materia finanziaria, con i famigerati patti di stabilità e di austerità.
Come Uilm da anni denunciamo le criticità del percorso scelto dalla UE, ma al contempo abbiamo iniziato una azione di pressione sul Governo italiano affinché stanziasse le risorse necessarie per sostenere l’industria nazionale nel processo di trasformazione. Alcuni risultati li abbiamo raggiunti, con la approvazione della fabbrica di batterie a Termoli e con il varo di incentivi all’acquisto di auto elettriche, ma molto resta ancora da fare.

SVOLTA DRAMMATICA
Soprattutto con l’entrata in vigore di Euro 7 nel 2025 ci troviamo ad una svolta potenzialmente drammatica ed estremamente ravvicinata, che anticipa in buona parte la fine del motore endotermico senza che la società e il mercato siano ancora pronti a effettuare il salto. Le fabbriche italiane di Stellantis sono in teoria pronte a produrre vetture elettriche, anzi già le producono, ma quel che manca è un mercato adeguato a sopperire al crollo delle vetture tradizionali; per non parlare di quelle imprese della componentistica che sarebbero semplicemente condannate a chiudere nel giro di un paio di anni.
Alla politica italiana chiediamo di smettere di piangere sul latte versato e di fare ciò che è ancora possibile per salvare occupazione e tessuto industriale: fermare il parossismo di Euro 7 e sostenere le imprese italiane in quell’agone sempre più spietato che è la concorrenza europea. I soldi in teoria ci sono, compresi quelli del PNRR che non riusciamo a spendere. Ora occorrono le idee e la volontà.

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