Cosa può fare Federacciai per Taranto e Piombino

di Guglielmo Gambardella

“No chiedete cosa può fare il vostro Paese per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro Paese”. È quello che avremmo voluto dire al presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, in occasione dell’assemblea annuale dell’associazione tenutasi lo scorso 10 maggio alla Fiera di Milano, ricordando le parole che pronunciò John Fitzgerald Kennedy il 20 gennaio 1961 chiudendo il suo discorso d’insediamento a Washington dopo aver prestato giuramento come Presidente degli Stati Uniti. Perché riteniamo che le legittime richieste di sostegno e supporto al settore dell’acciaio avanzate da Federmeccanica al “sistema Paese” (Stato) possano e debbano avere un riscontro positivo se al tempo stesso il “sistema siderurgico” italiano saprà rispondere altrettanto positivamente alla chiamata del nostro Paese a trovare congiuntamente una soluzione che dia una prospettiva industriale ed occupazionale alle due grandi vertenze del settore: ex Ilva, a partire dall’acciaieria di Taranto, e dell’ex Lucchini di Piombino.

DIFESA DELLA SIDERURGIA
Riteniamo condivisibili le questioni poste dal presidente di Federacciai nella sua relazione a difesa della siderurgia italiana: un costo dell’energia competitivo al pari degli altri paesi dell’UE, la disponibilità di materia prima (rottame e cariche metalliche), disponibilità delle professionalità aggiornate rispetto ai processi di digitalizzazione e decarbonizzazione.
Sono temi che debbono interessare anche i sindacati se si vuole tutelare un’occupazione di 70mila addetti del settore, il 2% dell’occupazione manifatturiera nazionale; fra questi, la tutela occupazionale prioritaria, per quanto ci riguarda, è rappresentata dai 20mila addetti dell’ex Ilva (Acciaierie d’Italia) e del sistema degli appalti e dei 3mila addetti dell’ex Lucchini (JSW Steel) e delle rispettive ditte terze interessate.

ASSET STRATEGICO
Anche noi, come Antonio Gozzi, siamo (da tempo) a sollecitare il Ministro Adolfo Urso ad adoperarsi nel realizzare un Piano per la siderurgia che possa individuare strumenti normativi per mantenere il posizionamento della siderurgia italiana nello scenario di mercato internazionale ma, al tempo stesso, a dare una soluzione alle suddette crisi. Come è stato ricordato in occasione della suddetta assemblea, le aziende siderurgiche italiane godono di “buona salute” e sono reduci da due anni di importanti risultati economici.
Quello della siderurgia continua a essere un asset strategico per il nostro Paese: nel 2022 ha registrato una produzione di acciaio grezzo pari a 21,6 milioni di tonnellate ed un fatturato di circa 66 miliardi di euro.
Non possiamo che essere d’accordo sulla necessità di disporre di produzione di DRI con l’installazione di impianti che possano essere messi a disposizione dell’elettrosiderurgia italiana esistente ma anche per il futuro assetto impiantistico dello stabilimento di Taranto (ibrido), dopo l’avvio immediato del rifacimento di AFO 5 con le più aggiornate tecnologie decarbonizzanti (BAT), e per il nuovo forno elettrico di Piombino già richiesto dal ministro Urso all’imprenditore indiano Jindal.

ASSUNZIONE DI RESPONSABILITA’
Siamo proprio d’accordo con Antonio Gozzi, è giunto il momento dell’assunzione di responsabilità da parte di tutti i soggetti interessati: lo Stato, con una politica industriale di settore, la politica con la legiferazione di normative a sostegno e gli imprenditori con le capacità industriali, le competenze specifiche ed i necessari investimenti congiuntamente a quelli pubblici.
Come Uilm ribadiamo che il procrastinare le decisioni non aiuta a risolvere i problemi: bisogna, al più presto,  chiamare Mittal e Jindal per chiarire le loro reali intenzioni sul destino di Taranto e Piombino. Se le due multinazionali indiane non saranno disponibili al rilancio industriale, occorrerà che il governo si assuma la scelta di decisioni coraggiose per la soluzione delle crisi.

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