Care lavoratrici e cari lavoratori,
inizio questo mio editoriale da un episodio grave che ha coinvolto i lavoratori di Accierie d’Italia in cassa integrazione. Come forse sapete, lunedì 3 aprile a migliaia di loro è apparsa sul profilo del portale aziendale la comunicazione di proroga di cassa integrazione straordinaria, avente sulla parte sinistra come simbolo “una sdraio e un sole”.
Devo essere sincero: appena si è diffusa la notizia ho fatto fatica a crederci, invece purtroppo si è dimostrata veritiera. Per questo non potevo stare fermo. Da tempo la Uilm si batte per interrompere una situazione insostenibile che dura ormai da oltre dieci anni, che vede come vittime principali i lavoratori e i cittadini, in modo particolare quelli di Taranto. Da due anni anche lo Stato è diventato complice di questa situazione, dopo l’ingresso nel capitale sociale di ADI attraverso Invitalia.
Lo scorso anno è stata richiesta una cassa integrazione straordinaria per riorganizzazione aziendale per tremila lavoratori senza alcun piano industriale e senza una programmazione degli investimenti necessari. Tutte le organizzazioni sindacali non accettarono le condizioni, ciononostante il Ministero del Lavoro concesse la cassa integrazione straordinaria per un anno.
Quest’anno, nonostante ci siano le condizioni per raggiungere i sei milioni di tonnellate, si preferisce tenere fermo uno dei tre altiforni per attestarsi su una produzione di quattro milioni di tonnellate. Ovviamente le perdite economiche sono certificate, poiché solo a partire dai sei milioni di tonnellate è previsto l’equilibrio finanziario.
Il 29 marzo scorso è stato sottoscritto un accordo di proroga di un anno della cassa integrazione straordinaria per tremila lavoratori, senza i presupposti previsti dalla legge. Il Ministero del Lavoro si è fatto promotore di una trattativa inconcepibile, svolta quasi completamente da remoto.
L’aspetto più grave emerso durante la trattativa, non contestato dallo stesso Ministero, riguarda la dichiarazione esplicita dell’azienda di non voler più rispettare il vincolo di assunzione dei 1.600 lavoratori in Amministrazione straordinaria previsto dall’accordo sindacale del 2018.
L’accordo separato sulla proroga di cassa integrazione straordinaria, che ha peggiorato le condizioni previste dal mancato accordo dell’anno scorso, sta provocando una reazione a catena all’interno degli stabilimenti. Registriamo manifestazioni da parte dei lavoratori in Amministrazione straordinaria e dell’indotto e l’aumento, giorno dopo giorno, della tensione tra i tremila lavoratori di Acciaierie d’Italia in cassa integrazione. Mentre scriviamo, i lavoratori ci segnalano, oltre alla mancanza di dispositivi di sicurezza, anche l’assenza di beni essenziali come l’acqua per dissetarsi.
Le modalità dell’invio della comunicazione di cassa integrazione straordinaria non hanno precedenti nella storia sindacale, non solo italiana. Atto ancora più grave se consideriamo il presunto ruolo delle organizzazioni sindacali firmatarie e la presenza dello Stato nel capitale sociale, alla luce anche del finanziamento pubblico di 680 milioni di euro stanziati dall’ultimo Decreto del gennaio scorso.
Riteniamo che sia offensivo e irrispettoso nei confronti dei lavoratori e delle proprie famiglie, che da oltre dieci anni rivendicano il diritto al lavoro e a uno stipendio dignitoso, oltre al diritto alla salute e alla sicurezza.
La Uilm continuerà a denunciare in ogni sede e con tutti gli strumenti a disposizione questa situazione di inaudita gravità e sollecita tutte le Istituzioni a intervenire e prendere i necessari provvedimenti.
Per concludere vi ricordo che sosteniamo le UIL nella fase di mobilitazione unitaria con CGIL e CISL nei mesi di aprile e maggio. Si svolgeranno Assemblee nei luoghi di lavoro e nei territori e tre manifestazioni interregionali di sabato (Nord, Centro, Sud), che si svolgeranno a Bologna (6 maggio), Milano (13 maggio) e Napoli (20 maggio).
La mobilitazione sostiene le richieste unitarie nei confronti del governo e del sistema delle imprese al fine di ottenere un cambiamento delle politiche industriali, economiche, sociali e occupazionali, e concreti risultati in materia di tutela dei redditi dall’inflazione e aumento del valore reale delle pensioni e dei salari, rinnovo dei contratti nazionali dei settori pubblici e privati; riforma del fisco, con una forte riduzione del carico su lavoro e su pensioni, tassazione extraprofitti e rendite finanziarie; potenziamento occupazionale e dei finanziamenti al sistema sociosanitario pubblico per garantire il diritto universale alla salute e del sistema di istruzione e formazione, maggiore sostegno alla non autosufficienza; contrasto alle morti bianche, alle malattie professionali e alla precarietà, centralità della sicurezza sul lavoro nel sistema degli appalti, eliminazione subappalti a cascata, lotta senza quartiere alle mafie e al caporalato; riforma del sistema previdenziale; politiche industriali e d’investimento condivise con il mondo del lavoro per negoziare la transizione ambientale e digitale, realizzando un nuovo modello di sviluppo con particolare attenzione al mezzogiorno e puntando alla piena occupazione.