I lavoratori dell’ex Gruppo Ilva vogliono “cambiare pagina e porre fine a una gestione che ha dimostrato di non aver nessun interesse a garantire un serio rilancio dello stabilimento siderurgico”. A consegnare alla politica un indirizzo chiaro per un intervento diretto dello Stato, è il risultato del referendum promosso da Uilm, Fiom e Usb tra i 10mila lavoratori del gruppo: il 98,85% dei votanti pari a 6.041 sì, infatti, si è espresso a favore di una ricapitalizzazione immediata dell’attuale gestione di Acciaierie d’Italia su 6.326 votanti; 70 i no pari a 1,15% mentre 215 le schede tra nulle e bianche. Risultati questi che sono stati consegnati l’11 gennaio scorso dai sindacati a una rappresentanza parlamentare di maggioranza e opposizione alla Camera dei Deputati, che sarà chiamata a breve a convertire in legge il decreto del governo sulle misure urgenti per gli impianti di interesse strategico nazionale.
IL PROVVEDIMENTO
Un provvedimento questo che ha sbloccato circa 1,7 mld di euro, di cui 680 mln da utilizzare quale finanziamento soci convertibile in futuro in un aumento di capitale, per dare modo ad Acciaierie d’Italia di fronteggiare la crisi industriale e debitoria che sta attraversando da tempo.
“Con il referendum tenutosi in questi giorni in fabbrica, i lavoratori dell’ex Ilva di Taranto hanno espresso la volontà che il governo intervenga per assicurare una prospettiva industriale, ambientalmente compatibile, che garantisca il lavoro. Dopo oltre 10 anni di sofferenze e incertezze diciamo basta alla cassa integrazione e agli interventi estemporanei con cui si sprecano denari pubblici senza alcuna certezza di futuro”. Lo dichiarano Guglielmo Gambardella e Davide Sperti, rispettivamente segretario nazionale Uilm per la siderurgia e segretario responsabile Uilm Taranto, a margine dell’iniziativa sindacale odierna di Uilm, Fiom e Usb tenutasi a Montecitorio presso la Commissione Ambiente Territori e Lavori Pubblici.
STOP ALLA CATTIVA GESTIONE
“Il governo in carica – aggiungono – deve decidere adesso come dare discontinuità alla cattiva gestione di un asset strategico per il nostro sistema manufatturiero e per l’economia dell’intera provincia di Taranto. Non è più accettabile l’instabilità e l’incertezza determinata dalla continua rinegoziazione di patti tra Stato ed ArcelorMittal sulla governance dell’ex Ilva, continuando a lasciare la gestione a Mittal; non sono accettabili i piani industriali disattesi, gli accordi sindacali non rispettati, i licenziamenti nelle ditte di appalto”.
“La gestione Mittal – sottolineano Gambardella e Sperti – ha prodotto debiti, più cassa integrazione per migliaia di lavoratori, ormai quasi 5mila in modo stabile oltre a quelli dell’indotto, e meno produzione di acciaio, neanche 3 milioni di tonnellate rispetto ai potenziali 8 milioni, soprattutto nei periodi in cui il mercato ne richiedeva ancora di più e tutti gli altri produttori di acciaio hanno fatto profitti”.
APPUNTAMENTO AL 19 GENNAIO
Nell’incontro del 19 gennaio, in concomitanza con lo sciopero nelle fabbriche e nell’indotto, la Uilm ribadirà con forza al ministro Urso le istanze dei lavoratori e chiederà un progetto industriale serio e definitivo, che assicuri l’ambiente e il lavoro. Un progetto che dia la possibilità ai sindacati di contribuire al rilancio dell’azienda, come già fatto con l’accordo del 6 settembre 2018, in armonia con le necessità dei cittadini di Taranto.
I lavoratori hanno confermato ancora una volta di non volersi rassegnare a una gestione che inevitabilmente senza l’intervento diretto dello Stato porterà alla chiusura delle fabbriche.