Siderurgia, con il preridotto verso la completa svolta green?

di Guglielmo Gambardella

Con l’approvazione dell’art.25 contenuto nel decreto Aiuti Ter dello scorso 16 settembre il sistema siderurgico italiano sembra indirizzarsi verso un futuro ancora più “verde”. Il governo, in attuazione al PNRR e ai previsti investimenti legati all’utilizzo dell’idrogeno, ha destinato fino a 1 miliardo di euro per la progettazione, la realizzazione e la gestione di un impianto per la produzione di preridotto (Direct ReducedIron) con derivazione dall’idrogeno necessario ai fini della produzione esclusivamente da fonti rinnovabili. 

IL PROGETTO
L’iniziativa del progetto sarà affidata alla società DRI d’Italia SpA totalmente controllata da Invitalia e costituita, lo scorso febbraio, a tale scopo sotto la presidenza di Franco Bernabè già a capo del consiglio di amministrazione di Acciaierie d’Italia.
Nelle prossime settimane sarà avviata l’attività per la realizzazione degli studi di fattibilità sotto il profilo industriale. L’iniziativa, pertanto, non riguarderà solo l’ex Ilva ma l’intero settore con la possibilità di partecipazione di soggetti industriali e/o capitali privati.

DUPLICE OBIETTIVO
Questo consentirà di raggiungere un duplice ambizioso obiettivo: la riduzione delle emissioni di anidride carbonica (CO2) e raggiungere la neutralità “zero emissioni” entro il 2050 e far beneficiare all’intera filiera siderurgica l’immissione di DRI nel mercato italiano per ridurre la dipendenza da rottame estero e far fronte alla riduzione di disponibilità delle materie prime dovute, in particolare, a ragioni “geopolitiche”.
La totalità delle acciaierie italiane, ad eccezione della sola Taranto, è dotata di forni elettrici caricati prevalentemente con rottame, materia prima soggetta a variazioni di prezzo in relazione alla sua disponibilità nel mercato.

UNA SCELTA OBBLIGATA
Nel 2020 (dati Federacciai) il fabbisogno italiano di rottame, pani di ghisa e HBI (Hot Briquettes Iron) è stato pari a circa 18 milioni di tonnellate di cui 5 milioni derivanti da importazioni. Dunque, se il sistema produttivo di Acciaierie d’Italia, come più volte annunciato dal management dell’ex Ilva, prevederà un assetto ibrido con una produzione di 6 milioni di acciaio da altoforno ed ulteriori 2,5 milioni di tonnellate per i futuri forni elettrici di Taranto, l’installazione di un impianto di preridotto sarà una scelta obbligata per soddisfare il fabbisogno di materia prima (rottame/DRI/HBI) destinato ad aumentare nei prossimi anni.

UNA SFIDA GLOBALE
Del resto, la stessa ArcelorMittal nel corso del meeting i sindacati della rete mondiale IndustriALL Global Union Network lo scorso 6/7 settembre ha confermato per il 2022 il piano di investimento di 300 milioni di euro nei siti di Belgio, Spagna e Germania per la produzione di DRI.
Una sfida globale a cui l’Italia non può sottrarsi per rimanere un paese leader nella produzione di acciaio ecocompatibile.

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