di Andrea Farinazzo
Lo smart working è un nuovo modello organizzativo che interviene sul rapporto tra individuo e azienda. Attraverso la rimozione dei vincoli e dei modelli legati a concetti di postazione fissa, sviluppando i principi di personalizzazione, flessibilità, virtualità e autotutela. Questa parte, iniziale della norma, serve per rispondere al tema delle strategie aziendali nel ripensamento delle modalità lavorative, con cui si svolgono le attività all’interno degli spazi aziendali o all’esterno.
Pertanto, è necessario affiancare al nuovo modello, un ripensamento del ruolo del lavoratore che non può, più essere considerato soggetto passivo dal quale esigere il rispetto e l’esecuzione di ciò che altri soggetti stabiliscono, ma deve essere considerato attore capace di influire e influenzare, con il suo apporto, il sistema di organizzazione della sicurezza. Non più solo creditore di sicurezza ma anche debitore della stessa, obbligato cioè a collaborare con gli altri soggetti della sicurezza in virtù dei compiti di intervento, di segnalazione, di controllo e del suo fattivo contributo nell’organizzazione aziendale.
Il Lavoratore e gli obblighi di sicurezza
Il dovere di contribuire alla sicurezza del lavoratore è stato già ampiamente contemplato nel Testo Unico. La definizione di lavoratore contenuta nel Dlgs 81/08 per cui tutti i soggetti che lavorano sotto contratto, in un rapporto di dipendenza, pur non avendo doveri e compiti dal punto di vista strettamente organizzativo hanno comunque il compito di seguire le disposizioni in materia di sicurezza prendendosi cura della propria e altrui sicurezza. Il lavoratore assume, quindi, responsabilità delle proprie azioni, sconsiderate e omissive, se esse determinano effetti dannosi sulle altre persone presenti.
Tuttavia, a fronte di ciò, permangono per il lavoratore quei diritti volti a tutelarlo da ogni eventuale rischio e pericoloderivante dall’attività lavorativa.
Tra questi possiamo citare il diritto:
- a ricevere una formazione adeguata,
- a ricevere i DPI idonei
- di essere autorizzato ad interrompere la sua attività ogni qual volta siano presenti situazioni di pericolo grave o imminente dove si determina in modo evidente un grado di iniziativa diretta.
Il luogo di lavoro agile esterno come “contesto di rischio”
Quindi se il lavoro agile o smart working, non rappresenta una specifica tipologia di rapporto di lavoro, ma, evidentemente, una particolare modalità di esecuzione della prestazione di lavoro subordinato, dobbiamo conseguentemente considerare il luogo di lavoro esterno scelto, come un contesto di rischio.
Come disciplinare il luogo di lavoro agile?
Il luogo di lavoro va disciplinato con riferimento all’obbligo, dettato dall’Art.17 comma 1 lettera a, del D. Lgs.81/08, come modificato dal D. Lgs. 106/09, per la valutazione del rischio a capo del DL, che ha l’obbligo di predisporre tutti provvedimenti necessari per la salvaguardia della sicurezza e salute dei lavoratori e principalmente quello di individuare tutte le fonti di pericolo e valutarne la possibile incidenza sul lavoro.
Le misure generali di tutela del lavoratore in smart working
In relazione a tali obiettivi, dobbiamo concentrare la nostra attenzione sui provvedimenti necessari al conseguimento delle migliori condizioni di salubrità e sicurezza nel lavoro in smart working in particolare sullemisure generali di tutela che prevedono:
- Corretta informazione e formazione dei lavoratori in merito ai possibili rischi cui potrebbero essere soggetti;
- Adeguato sistema di gestione delle mansioni e degli incarichi ricoperti al fine di limitare le eventuali esposizioni a fattori di rischio;
- Formazione circa il corretto utilizzo dei DPI;
- Riduzione alla fonte di eventuali rischi;
- Presenza della squadra di gestione delle emergenze e primo soccorso.
Prestazione di lavoro agile: serve un’analisi del contesto di rischio
Attualmente, la disciplina di riferimento per il lavoro smart working è la Legge 22 maggio 2017, n. 81 (articoli 18-24), secondo la quale il lavoro agile è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro. Pertanto, la prestazione di lavoro può essere eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, per cui diventa necessario, non tanto, per l’esecuzione del lavoro interno, quanto per la parte esterna, effettuare l’analisi del contesto di rischio. Appunto per questo, bisogna definire i processi riguardanti il CdR scelto. Definizione che rappresenterà per il DL la risposta alla verifica dell’efficacia delle misure di riduzione e controllo dei rischi.
Cos’è l’analisi del contesto di rischio?
In particolare, l’analisi dovrà rappresentare la fotografia delle interazioni dell’organizzazione con l’ambiente esterno, il contesto e le parti interessate, con particolare attenzione all’identificazione degli aspetti ambientali collegati alle attività svolte. Ad ogni modo, per legge la responsabilità di un lavoro pericoloso è in capo, prima di tutto, al datore di lavoro e solo in seconda battuta ai suoi dipendenti. L’importante è partire da una corretta valutazione, checklist di monitoraggio, dal più basso al più alto rischio, per cui si richiede al lavoratore di adottare un comportamento conseguente. Questo modo di agire ha anche l’effetto di trasmettere una maggiore conoscenza al lavoratore delle situazioni di rischio e di pericolo a cui, in un modo o nell’altro, potrebbe andare incontro.
Misure di tutela specifiche
Se le misure di tutela generali sono quelle intraprese al fine di prevenire e ridurre i rischi derivanti da condizioni di lavoro che comportano pericoli trasversali o non adeguatamente inquadrabili all’interno di una specifica categoria di rischio, le misure di tutela specifiche, sono quelle attuate laddove si riscontri uno specifico rischio legato ad una mansione svolta da uno o più lavoratori. Queste si articolano in modo specifico imponendo al lavoratore particolari comportamenti, eventuale utilizzo di dispositivi di protezione individuale, obbligo d’intervento di eventuale personale esperto e formato per la specifica area di rischi evidenziata. In generale si possono configurare all’interno di questa tipologia di misure, quelle che richiedono una specifica attenzione o emergono in relazione a precisi livelli di esposizione a rischi specifici.
Misure di tutela specifiche e contesto di rischio esterno
In modo generale per un contesto di rischio esterno le misure di tutela specifica dovranno prevedere:
- Adozione dei previsti DPI (anche per i lavoratori maggiormente esposti a rischi che non possono essere evitati);
- Attribuzione alle mansioni, solo dopo adeguata informazione e formazione alla specifica attività da svolgere.
La nozione di Pericolo
In base alla definizione dell’art. 2, lettera r, del decreto 81/08 per cui il pericolo è: “proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni”, possiamo definire il concetto di pericolo quale capacità potenziale di provocare un danno alle persone. Mentre, la definizione di rischio si definisce quale “probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione”. Una nozione probabilistica, che esprime la probabilità che si verifichi un evento in grado di causare un danno alle persone.
Il lavoratore e la percezione degli aspetti interni ed esterni che influenzano l’organizzazione del lavoro
Per questo, l’obbiettivo futuro da raggiungere è quello che ogni lavoratore sia in grado di comprendere la combinazione degli aspetti interni ed esterni che possono avere effetti sull’organizzazione del suo lavoro valutando l’effetto dell’incertezza nella piena consapevolezza e responsabilità.
Risalta ancor di più, alla luce di quanto esposto, l’importanza che ha in azienda, una corretta formazione delle varie figure presenti. In questo modo i lavoratori saranno informati in merito agli strumenti e alle tecniche da utilizzare per gestire rischi e pericoli. Acquisire la capacità di percezione del rischio quale comprensione personale e soggettiva dei rischi reali, condotta non sulla base di dati certi ma di conoscenze e nozioni individuali.
Lavoratori agili e rilevazione della percezione rischio da parte del lavoratore agile
È indubbio che la rilevazione della percezione del rischio può apportare benefici notevoli all’organizzazione aziendale nelle attività agili. Un processo che ci permette di facilitare molti processi e di implementare soluzioni e interventi nuovi rispetto al passato.
Conoscendo il livello di percezione del rischio da parte dei lavoratori, è possibile ridefinire più facilmente i propri obiettivi esterni ma anche interni per la prevenzione degli infortuni e la protezione dai rischi. Qualora infatti il lavoratore agile percepisca un rischio come troppo basso o elevato, il datore di lavoro può rispondere adeguatamente, per esempio, con forme di comunicazione, consulenza, sorveglianza, controllo o coordinamento appropriate.
Come gestire i pericoli ed i rischi?
Tutte queste modalità di intervento sono adottate con lo scopo di fornire servizi di protezione per i lavoratori nel mondo delle imprese ed evitare che i pericoli e i rischi non siano gestiti nel modo idoneo, migliorando le condizioni di lavoro (e quindi di vita) degli stessi. Esistono numerosi metodi per valutare i rischi all’interno di un contesto aziendale. È ad ogni modo importante scegliere quello più adatto al singolo caso, in funzione delle caratteristiche che presentano sia i luoghi di lavoro, sia le mansioni svolte da ciascun lavoratore a livello individuale.
La valutazione dei Contesti di rischio per l’identificazione delle fonti di rischio
In seguito alla valutazione operata per tipologie di Contesti di rischio, nell’ottica di una gestione del rischio commisurata al termine probabilistico del verificarsi dell’evento, è fondamentale la corretta identificazione dell’origine dei rischi e delle vulnerabilità connesse, in maniera tale da adeguare le attività lavorative e le misure di protezione dei soggetti coinvolti. Diviene essenziale il coordinamento delle competenze acquisite in fase di formazione e aggiornamento, in modo tale che ciascuna azienda possegga tutto il personale addetto alla gestione dei diversi rischi che possono verificarsi, in grado di misurarsi con le diverse situazione e di coordinare gli sforzi sia nella prevenzione che nella gestione.