Le parti sociali dell’industria metalmeccanica e meccatronica, accogliendo la sollecitazione del Premier Mario Draghi a una prospettiva economica condivisa, hanno sentito la responsabilità di affrontare congiuntamente, di fronte alle istituzioni e agli attori economici e sociali, un’emergenza che oscilla pericolosamente tra grandi opportunità e gravi rischi, con l’obiettivo di salvaguardare e promuovere l’occupazione e la presenza industriale.
Quello che hanno voluto lanciare il 3 febbraio dall’Hotel Nazionale di Roma, in piazza Monte Citorio, è un grido di allarme rispetto alle richieste di interventi urgenti e strutturali per salvaguardare il futuro produttivo e occupazionale del settore dell’auto in Italia.
URGENTE UNA DISCUSSIONE
Come ha sottolineato il Leader dei metalmeccanici della Uil, Rocco Palombella: “Gli effetti della transizione ecologica, con il passaggio all’elettrico e lo stop alle auto con motori endotermici entro il 2035, li stiamo già registrando oggi. Solo per citare le vertenze più note con Gkn, Gianetti Ruote, Speedline, Caterpillar e per ultime Bosch e Marelli, stiamo parlando di circa 3mila lavoratori a rischio licenziamento, oltre a chiusure, delocalizzazioni e perdita di pezzi importanti della filiera della componentistica, la più colpita da questa rivoluzione industriale”.
Per questo Fim Fiom Uilm e Federmeccanica, insieme, hanno chiesto ufficialmente di incontrare con urgenza il Presidente del Consiglio insieme ai ministri dell’Economia e delle Finanze, del Lavoro e delle Politiche Sociali, dello Sviluppo economico e della Transizione ecologica per valutare assieme le condizioni e le possibili iniziative da attivare in merito ad alcune questioni cruciali, emerse dall’Osservatorio automotive.
Per quanto riguarda Stellantis, ovviamente non può che essere strettamente collegato a tutto quello che abbiamo detto fino a questo momento. In vista della presentazione del nuovo piano industriale, il 1° marzo, il 4 febbraio scorso i sindacati unitariamente hanno chiesto di riattivare con urgenza il tavolo al Mise.
I NUMERI PARLANO DA SOLI
Anche oggi, pur a fronte di una caduta della produzione nazionale di autoveicoli – che è passata dagli oltre 1,8 milioni di veicoli del 1997 ai 700mila nel 2021, di cui meno di 500mila autovetture – il settore automotive ha, nel suo insieme, un peso rilevante nell’economia italiana.
L’industria automotive – definita sin dal 1946 “l’industria delle industrie” – vale in Italia un fatturato di 93 miliardi di euro, pari al 5,6% del Pil e nel solo comparto della fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi operano oltre 2mila imprese e 180mila lavoratori e si realizza il 7% delle esportazioni metalmeccaniche nazionali per un valore di 31 miliardi di euro.
L’intervento degli Stati sul settore negli anni è stato amplissimo e in ultimo l’Unione europea ha previsto entro il 2035 lo stop alla vendita di nuove auto che producono emissioni di carbonio, confermata anche dal governo italiano con la posizione del Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica dello scorso dicembre.
Questa misura, se non accompagnata da interventi, potrebbe portare in Italia a una perdita di circa 73mila posti di lavoro, di cui 63mila nel periodo 2025-2030 (stime Anfia-Clepa-PWC).
Già oggi i dati sull’andamento dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali forniti dall’Inps indicano la tendenza: nel 2019 sono state utilizzate 26 milioni di ore di cassa integrazione, nel 2021 quasi 60.
INTERVENTI DA METTERE IN CAMPO
“Gli interventi urgenti che chiediamo a Draghi e ai Ministri competenti – sottolinea Palombella – riguardano misure strutturali che accompagnino nel breve e lungo periodo il processo di transizione ecologica, come l’utilizzo degli oltre 10 miliardi previsti dal PNRR per valorizzare e rendere competitiva l’intera filiera dell’auto, partendo dal sostegno alla domanda con incentivi permanenti, investimenti sulla rete infrastrutturale e per l’attrazione di nuove realtà produttive ecosostenibili”. “Inoltre – aggiunge – considero preoccupante il fatto che il Governo non abbia previsto all’interno della Legge di bilancio i 450 milioni di euro di incentivi per auto elettriche e ibride, né ci possiamo accontentare del fatto che questa cifra potrebbe essere recuperata con i prossimi provvedimenti”.
Rispetto a tutto ciò, la domanda circa la preparazione del sistema Paese a fronte di questo scenario di discontinuità è doverosa e urgente.
RISCHIO DEINDUSTRIALIZZAZIONE
Il rischio di deindustrializzazione di un settore chiave dell’economia italiana è concreto. Occorre avviare tutte le azioni difensive necessarie e guardare soprattutto all’opportunità di rilancio e sviluppo del settore automotive, poiché non solo ha una sua storia, ma possiede un’identità distintiva, una base di competenze e una rete da mettere a sistema.
Per questo Fim Fiom Uilm e Federmeccanica hanno chiesto di discutere insieme iniziative urgenti rispetto a:
- Gli interventi di regolamentazione del settore nel quadro delle transizioni e della relazione con gli attori istituzionali;
- Gli impatti specifici per il territorio italiano;
- Le risorse e la governance per le politiche industriali che, sulla base di competenze specifiche, possano contribuire a:
- attivare le sinergie di una filiera ramificata, promuovendo dimensioni e cultura di impresa compatibili con le sfide del settore;
- gestire le crisi industriali già aperte;
- attivare investimenti di sostegno alla domanda verso le tecnologie compatibili con il Green Deal e, parallelamente, all’introduzione di vincoli alle emissioni;
- attivare investimenti di sostegno all’offerta per: la difesa dell’attuale capacità installata e dell’occupazione; l’attrazione di nuovi investimenti produttivi nel contesto competitivo; il sostegno alla ricerca e sviluppo di prodotti che valorizzino le eccellenze italiane di tecnologia e stile.
- Gli ammortizzatori sociali per accompagnare le transizioni in atto, di breve e di lungo periodo;
- I fabbisogni e le disponibilità di competenze tra education e formazione di accompagnamento alla trasformazione.
TEMPO SCADUTO
“Sarà fondamentale – conclude Palombella – anche prevedere importanti investimenti nella formazione dei lavoratori per le nuove competenze richieste e l’utilizzo di misure di salvaguardia occupazionale per gestire al meglio la transizione. Non c’è più tempo da perdere, il rischio di una catastrofe sociale ed economica è dietro l’angolo, noi siamo pronti a fare la nostra parte per scongiurarla”.