di Andrea Farinazzo
Il DL 146/21, per la precisione il Capo III, e la successiva conversione in legge (che introduce diverse modifiche) presentano diverse difficoltà interpretative e attuative. Gli aspetti rilevanti non sono pochi, ma qui ci focalizzeremo sui cambiamenti apportati al ruolo di preposto (quindi rispetto a quanto previsto dall’articolo 19 del D.lgs. 81/08). A una prima lettura pare che il legislatore da una parte voglia rafforzare l’aspetto sanzionatorio del citato D. Lgs., e dall’altro intenda responsabilizzare fortemente i preposti, con questo alleggerendo (in prospettiva) la posizione penale del datore di lavoro e dei dirigenti. Non si può non concordare sull’importanza del ruolo “centrale” del preposto sulla vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, però non è facile interpretare bene le nuove disposizioni di legge. Per gli altri temi del Capo III del DL rimandiamo il commento ad altre occasioni.
I compiti del Preposto
La questione aperta dal DL riguardo ai preposti a mio avviso è tutt’altro che chiara, almeno a una prima lettura. Se noi addetti ai lavori da anni vediamo nei preposti l’unica chiave che possa garantire in azienda comportamenti coerenti con le necessità e gli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro me corrispondenti a quanto previsto dalle disposizioni legislative e aziendali, è anche vero che in giurisprudenza i preposti sono stati molto poco considerati; i “colpevoli” degli infortuni e delle malattie professionali sono quasi sempre risultati il datore di lavoro e/o i dirigenti, oppure nessuno; la seconda ipotesi spesso sottende una responsabilità della persona che ha subito il danno, responsabilità derivante da violazioni evidentissime e/o da comportamenti assolutamente imprevedibili (abnormi); oppure si intende che il danno sia derivato da eventi assolutamente imprevedibili che l’azienda non avrebbe in alcun modo potuto “controllare”.
Nelle nuove disposizioni legislative emerge la volontà di considerare con maggiore attenzione il preposto, sotto tre aspetti (per come appare nel testo):
- Il preposto “alla vigilanza” deve essere individuato dal datore di lavoro o dal dirigente; quindi lo stesso non potrà più addurre una scarsa chiarezza organizzativa rispetto agli obblighi di vigilanza stabiliti dalla legge ed attribuitigli dalla azienda. È interessante che si faccia riferimento, pur con le dovute procedure contrattuali, ad un incarico potenzialmente oneroso: il preposto potrebbe quindi ricevere un compenso per la nomina a preposto per la vigilanza in materia di sicurezza e salute sul lavoro.
- Il preposto indicato dal datore di lavoro o dal dirigente, nei confronti dei lavoratori sottoposti alla sua vigilanza che violino le regole di salute e sicurezza, deve vigilare – richiamare – dare istruzioni – interrompere l’attività in attesa di risolvere la situazione.
- Il preposto, quando in difficoltà nello svolgere i compiti di cui sopra, deve chiedere il supporto dei superiori (naturalmente sospendendo eventuali attività che presentino un rischio grave, immediato e inevitabile).
Temi non nuovi, ma presentati con una nettezza e un tono imperativo ben diversi di quelli del passato. Quindi il preposto, in una azienda perfettamente regolamentata sotto il profilo della salute e della sicurezza, diventa l’ombrello ultimo e definitivo che protegge il datore di lavoro in caso di gravi infortuni o malattie provocate da comportamenti insicuri di un lavoratore. Leggendo acriticamente la risposta è affermativa ma.
I ruoli del Datore di lavoro
Gli aspetti che il datore di lavoro deve considerare per ottenere il “beneficio” sotteso alla lettera della legge sono (nell’ordine):
- Selezionare e identificare esplicitamente i preposti anche tramite una chiara job description che ne chiarisca i compiti e l’ambito di competenza.
- Dotare l’azienda (partendo da una seria e completa valutazione dei rischi) di un sistema di regole (procedure e istruzioni) che permettano il controllo dei rischi residui e prevengano i comportamenti pericolosi anomali ma prevedibili.
- “Dare” ai preposti le capacità e le competenze per poter svolgere efficacemente il loro compito di vigilanza e indirizzo.
- Mettere a disposizione risorse umane (e talvolta tecniche) perché la vigilanza possa essere svolta efficacemente.
- Stabilire le responsabilità, le gerarchie e i flussi informativi perché il preposto possa ricevere supporto quando ne ha la necessità.
Di chi sono le responsabilità?
Per ottenere la vigilanza dai preposti nei termini richiesti, il primo a doversi attivare è il datore di lavoro. Solo a seguito di un comportamento “irreprensibile” da parte del datore di lavoro si concretizzerebbe in forma incontestabile una rilevante responsabilità a carico del preposto alla vigilanza; in caso contrario si rimanderà il tutto alle aule giudiziarie.
Il termine “irreprensibile” ha una sua ragion d’essere: quale datore di lavoro o dirigente (tradotto: vertice aziendale) può sentirsi irreprensibile in materia di sicurezza sul lavoro? In un contesto così articolato e “liquido” dove è difficile stabilire una condizione di stato dell’arte o di “miglior tecnica disponibile”.
Le Istituzioni pubbliche incaricate per la Vigilanza
Per prima cosa dobbiamo ricordare che lo stesso DL di cui parliamo in queste pagine amplia la “platea” di enti incaricati della vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, inserendo l’ispettorato del lavoro fra i soggetti incaricati, ovvero attribuendo tale onere a una famiglia di ispettori sicuramente competenti sul diritto del lavoro (per le parti di competenza) ma non altrettanto sui temi della sicurezza e salute sul lavoro. Questo apre un tema interessante riguardo alla formazione di questi soggetti, ma qui non lo affronteremo. Neanche affronteremo gli obblighi attribuiti agli organi di vigilanza per le fattispecie di violazione (senza danni per le persone) elencate nell’allegato I del DL (allegato lievemente modificato in sede di conversione in Legge).
Facciamo invece un passo indietro: sino ad oggi il confronto fra aziende e tecnici della prevenzione si è sempre giocato su tematiche tecniche (per esempio idoneità dei ripari), formative (in relazione alla formazione minima obbligatoria di tutti i soggetti aziendali), o documentali (DVR, piano di emergenza, procedure, istruzioni ecc.). E gli eventuali procedimenti di sequestro (in caso di rischi gravi e immediati) dovevano comunque essere convalidati da un magistrato.
Oggi le stesse persone, che hanno maturato una grandissima competenza sui temi sopra indicati (mi riferisco agli addetti dei servizi di prevenzione) si ritrovano a dover giudicare aspetti organizzativi, di capacità e di competenze “non tecniche” che la stessa azienda, pur conoscendo perfettamente sé stessa, non è in grado di valutare, quantomeno rispetto al noto requisito di “massima diligenza”. Se non accadono eventi gravi o funesti un errore di valutazione, in un senso o nell’altro, avrà poco peso, se invece accade un evento nella sfera del penale, ovviamente con una ipotesi di imperizia o negligenza del preposto, certe valutazioni saranno determinanti nel giudizio. Ciò significa, cronologicamente, il coinvolgimento (nella formazione del giudizio finale):
- In primis dell’organismo di vigilanza e del magistrato competente.
- Successivamente di chi è chiamato a decidere sulla necessità del rinvio a giudizio di una o più persone.
- Poi del giudice chiamato ad emettere il giudizio di primo grado.
- Poi ancora …
Tanti soggetti chiamati a indagare e valutare aspetti che potrebbero essere assolutamente non tecnici, cioè in buona parte fuori dai confini di quella che sino ad oggi erano stati la base dei giudizi sulle ipotesi di reato ex artt. 589 e 590 con violazione delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Il preposto e gli Rls
Vista la modifica sostanziale all’interno del Decreto Legge 146/2021, viene da se che cambia il rapporto tra Rls e Preposto, si avverte una maggiore collaborazione per risolvere tutte le problematiche presenti in azienda, tenendo anche conto dell’articolo 299 del Decreto Legislativo 81/08, dove vi sia il Preposto o Preposto di fatto, tutto per raggiungere un percorso di salute e sicurezza sul lavoro sulla base della risoluzione delle problematiche.
In questo specchietto riassuntivo, si evince che il preposto diviene il fulcro dell’attività di salvaguardia della salute e della sicurezza all’interno dei luoghi di lavoro.
Siamo convinti che tutto ciò non basti, perché ad oggi serve un percorso culturale che faccia inserire la sicurezza sul lavoro all’interno delle scuole come programma didattico, come percorso di vita scolastica, già dalle elementari così da spiegare ai nostri figli, che la sicurezza sul lavoro non debba essere solo un obbligo sancito da leggi dello Stato italiano, ma bensì da una nostra crescita culturale. Noi della Uilm sosteniamo già dal 2018 che tutto ciò possa essere fonte di sviluppo per quei bambini di oggi, ma che domani saranno quei lavoratori che porteranno il paese Italia ad essere per cultura e per percorso lavorativo, il vero cambio culturale sul posto di lavoro.