I sindacati si autoconvocano al Mise per ex Ilva ed ex Lucchini

di Guglielmo Gambardella

Fim Fiom Uilm manterranno l’impegno assunto nel coordinamento nazionale unitario Acciaierie d’Italia del 29 settembre scorso e, a fronte della mancata convocazione da parte del MiSE, si autoconvocheranno per il giorno 10 novembre prossimo in via Molise. 

RICHIESTA DISATTESA
Le segreterie nazionali Fim Fiom Uilm lo scorso 30 settembre hanno inviato ai ministri competenti dello Sviluppo economico, Economia e Finanza, Lavoro, Transizione Ecologica e per il Sud e la Coesione territoriale una richiesta di incontro per l’avvio del tavolo di confronto sul piano industriale del gruppo ex Ilva. Nessun riscontro è arrivato dai destinatari della missiva.
Con una manifestazione nazionale che vedrà sfilare per le vie di Roma i lavoratori dell’ex Ilva e dell’ex Lucchini di Piombino, Fim Fiom Uilm chiederanno di essere ricevuti dal dicastero delle Sviluppo economico per pretendere una prospettiva industriale che assicuri lavoro e dignità ai circa 25mila dipendenti dei due gruppi siderurgici e rispettivi indotti afflitti da una crisi che si protrae da oltre dieci anni.
Sindacati e lavoratori dell’ex Ilva, oggi Acciaierie d’Italia, nonostante l’ingresso del socio Invitalia sono in attesa (da mesi) di verificare il piano industriale, più volte annunciato dallo stesso ministro Giancarlo Giorgetti, ma mai declinato.

EX ILVA
Si continua con la gestione Mittal, nonostante un apporto di 400 milioni di nuovo capitale da parte dello Stato, adottando un approccio improntato sul “quotidiano”, senza una visione di lungo respiro, con una inadeguata manutenzione degli impianti di Taranto, Genova, Novi Ligure e Marghera, utilizzo massiccio di ammortizzatori sociali, un sistema dell’indotto fatto a pezzi e una ambientalizzazione che resta una grande “incompiuta”.
In un Paese “normale” nessun governo (nonostante l’alternanza di colore politico in questi anni) lascerebbe il destino di un asset così strategico per il proprio sistema manufatturiero in mani straniere senza esercitare nessun controllo e lasciando che nel tempo si prosegua con un lento deterioramento di un importante patrimonio industriale. Purtroppo, questa continua a essere la triste realtà nel nostro Paese. Senza parlare dell’impatto sociale: migliaia di lavoratori che da mesi restano a casa in cassa integrazione per l’incapacità di gestire impianti e rilanciare il business proprio nel momento più favorevole del mercato dell’acciaio.

EX LUCCHINI

Analoga sorte è toccata alla ex Lucchini di Piombino, oggi Jindal Steel. Dopo la gestione di russi, algerini e indiani, dopo lo spegnimento dell’altoforno nel 2014 a fronte di impegni istituzionali per un vero rilancio della produzione di acciaio in chiave ambientale di Piombino, anche i 2.500 lavoratori, fra diretti e indiretti, attendono da anni un piano industriale più volte annunciato, sia dall’imprenditore di turno che dal ministro del momento, ma mai presentato.
Cosa unisce le due vertenze? Innanzitutto l’ingresso dello Stato attraverso l’agenzia degli investimenti Invitalia che nel caso di Acciaierie d’Italia si è già realizzata mentre per l’ex Lucchini sembrerebbe in fase di definizione. E poi? Il fantomatico piano della siderurgia italiano, anch’esso più volte annunciato dal ministro Giancarlo Giorgetti, che dovrebbe individuare soluzioni complessive alla siderurgia italiana in chiave di transizione ambientale.
La Uilm, insieme a Fim e Fiom, intende con la manifestazione del giorno 10 novembre interrompere il silenzio del governo e dei ministeri competenti, compreso quello dell’Economia e Finanze, su queste vertenze che investono interi territori e migliaia di famiglie. Il tempo è scaduto!

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