Dopo la riunione del 28 settembre in un hotel a Roma tra l’ad di Accierie d’Italia, Lucia Morselli, e i Segretari generali di Fim Fiom Uim, le tre organizzazioni sindacali il giorno successivo hanno convocato il Coordinamento nazionale nella sede di Corso Trieste 36.
Come ha spiegato il Segretario generale Uilm, Rocco Palombella, l’incontro con la Morselli, senza Invitalia, “non ha aggiunto significativi elementi di prospettiva e di certezza rispetto a quelli già rappresentati nella riunione del 12 gennaio scorso in cui venne presentata una previsione di possibile piano industriale mai condiviso con le organizzazioni sindacali. L’unico piano industriale discusso e condiviso con il sindacato – ha aggiunto – resta quello sottoscritto presso il ministero dello Sviluppo economico il 6 settembre 2018 con il quale venivano salvaguardati tutti i livelli occupazionali, comprensivi della garanzia occupazionale per i lavoratori in Ilva in A.S. con la risalita produttiva a 8 milioni di tonnellate prevista al 2024”.
STATO DELL’ARTE
Il giorno stesso è venuto fuori, attraverso i giornali, il limite occupazionale (10.700 addetti nel 2025 a parità di volumi) per l’ex Ilva prevista nella nota di aggiornamento al DEF. Un numero inaccettabile per i sindacati, che non tiene conto dei lavoratori ancora in amministrazione straordinaria.
Nel corso della riunione i rappresentanti sindacali dei singoli siti hanno rappresentato lo stato dell’arte sulla gestione degli stabilimenti che, a differenza di quella descritta dall’ad di Acciaierie d’Italia, dipinge un quadro in cui la manutenzione risulta essere insufficiente e con crescente ricorso a prestazioni di ditte terze, investimenti ambientali in ritardo rispetto al cronoprogramma previsto, assenza di relazioni sindacali e mancato rispetto degli accordi e degli impegni anche sul salario di produttività (3%).
L’INGRESSO DI INVITALIA
A oggi, hanno evidenziato Fim Fiom Uilm in una nota conclusiva unitaria, “l’ingresso del socio Invitalia non ha segnato alcuna discontinuità rispetto a una gestione che peggiora le condizioni degli impianti e che corre il rischio di perdere l’occasione di sfruttare la positiva fase di mercato dell’acciaio in cui tutti gli altri produttori stanno procedendo con importanti investimenti.
A distanza di quasi un anno dall’accordo fra ArcelorMittal e l’Agenzia governativa per gli investimenti Invitalia, il Paese, l’intero sistema produttivo legato alla siderurgia e i lavoratori dell’ex Ilva non conoscono ancora il destino del più importante asset della manifattura italiana. Di quell’accordo non si conoscono contenuti e obiettivi ma i risultati sono purtroppo evidenti: migliaia di lavoratori in cassa integrazione e una ambientalizzazione che tarda ad essere realizzata, un intero sistema degli appalti fortemente penalizzato”.
SILENZIO DELLE ISTITUZIONI
Il governo e il ministero dello Sviluppo economico continuano a rimanere in silenzio e si sottraggono a una seria discussione con le organizzazioni sindacali che continuano a richiedere un incontro per ricevere le risposte che oltre 20mila lavoratori del gruppo e del sistema di appalti rivendicano da troppi anni.
“Abbiamo inviato una nuova richiesta ai Ministri competenti per ottenere un incontro entro fine mese che avvii una reale trattativa sul piano industriale – ha spiegato Palombella – e visto il mancato riscontro vorrà dire che ci autoconvocheremo con presidio permanente presso il ministero dello Sviluppo economico”. Fim Fiom Uilm chiedono una discussione complessiva a partire dal piano industriale e da quello ambientale, sulle scelte tecnologiche future che il Gruppo intende adottare, il percorso di ricollocazione dei lavoratori in amministrazione straordinaria, chiarezza sulla gestione del mondo degli appalti, utilizzo di fondi per il potenziamento degli ammortizzatori sociali perché il piano possa essere realmente accompagnato da una tenuta sociale e non penalizzi ulteriormente i lavoratori.