Una ripartenza a rilento per l’impennata dei prezzi e la carenza delle materie prime e caos della logistica. Questo è il quadro dell’industria europea e statunitense che tenta di ripartire dopo la crisi peggiore dal dopoguerra a oggi.
DOVE TUTTO NACQUE
Lo scorso anno, durante i primi mesi della pandemia e a causa degli effetti devastanti sul settore industriale, il costo delle materie prime crollò del 20-30%. In quel momento la Cina ha approfittato della situazione facendo scorte, avvantaggiata anche dalla ripartenza in anticipo di quattro mesi rispetto a Europa e Usa, ancora alle prese con lockdown e misure restrittive.
Con la ripresa generalizzata della produzione industriale e lo svuotamento progressivo dei magazzini, sono cominciati a salire inesorabilmente i prezzi delle materie prime, raggiungendo ora cifre inimmaginabili, con la conseguenza del rallentamento delle fabbriche di elettrodomestici, automobili, acciaio e di tanti altri comparti industriali.
QUALI SONO LE MATERIE PRIME
Silicio, litio, nichel, stagno, zinco, rodio, neodimio, cobalto, rame, alluminio. Sono solo alcuni dei materiali e semiconduttori che sono alla base della produzione industriale in tanti settori produttivi e fondamentali per la transizione digitale ed ecologica dei prossimi decenni. Dalla telefonia all’auto, dai sistemi di intelligenza artificiale all’elettronica.
L’Unione europea ha indicato in 30 le materie prime “critiche”, in quanto l’approvvigionamento dipende principalmente dalla Cina, Taiwan, Turchia, Sudafrica e Usa.
Negli ultimi anni la Cina, grazie a un forte programma di sussidi pubblici da oltre 200 miliardi, è diventata la regina del mercato dei materiali e minerali necessari in tutte le tecnologie, avendo il pieno controllo di tutti gli stadi della catena, dall’estrazione alla fabbricazione. Al contrario negli ultimi trent’anni la quota americana del mercato dei chip è scesa dal 37% al 12%.
Come ad esempio quella del neodimio, un metallo che è presente negli hard disk dei computer, nei motori delle auto, nelle turbine a vento o nelle macchine per la risonanza magnetica. Oppure il controllo cinese sull’estrazione del cobalto nelle miniere del Congo o dello Zambia, materiale necessario per le turbine a gas, nei motori degli aerei o nel litio delle batterie per auto elettriche.
Proprio le batterie a litio ad alta capacità, centrali per la transizione energetica nel settore automotive e del trasporto in generale, sono in gran parte fabbricate in Cina. Mentre per quanto riguarda i semiconduttori di ultima generazione, ovvero microchip più efficienti da sette, cinque o tre nanometri, pari a un milionesimo di millimetri, necessari agli usi più strategici, sono prodotti al 92% a Taiwan.
PREZZI ALLE STELLE
Tutto questo ha causato una folle rincorsa all’approvvigionamento, con prezzi alle stelle e carenza di materiali, arrivando al paradosso che un microprocessore da tre dollari sia arrivato a costare 800 dollari.
Una bolla speculativa che ha causato un aumento medio dei prezzi delle materie prime per la meccanica del 40% rispetto al periodo pre-Covid, con punte del +70% dell’alluminio e +150% del rame.
Tutto questo ha reso impossibile la programmazione a sei mesi come d’abitudine per le imprese, con la conseguenza di piani settimanali e accordi quotidiani sulla fornitura di materiali in base all’andamento del prezzo. Questa carenza di microchip, semiconduttori e di materie prime durerà fino a metà 2022 con la revisione delle catene di approvvigionamento da parte dell’industria automobilistica e del settore dell’elettronica.
INDIPENDENZA PRODUTTIVA
Per evitare queste difficoltà bisognerebbe prevedere una produzione nazionale o sinergie europee nel settore dei semiconduttori. C’è il caso della Bosch in Germania con un investimento di oltre un miliardo di euro e anche in Italia, nei giorni scorsi, abbiamo avuto una buona notizia con l’accordo di collaborazione della durata di cinque anni tra il Politecnico di Milano e STMicroelectronics, leader globale nel settore dei semiconduttori, nel sito di Agrate Brianza.
Al centro dell’accordo la costituzione di un centro di ricerca congiunto sui materiali avanzati per sensori (STEAM) nel sito di Agrate Brianza per concepire, disegnare, sviluppare e far nascere nuovi prodotti della microelettronica.
“Lo Stato può essere azionista delle imprese in modo discreto e intelligente senza condizionare il management” e “in certi settori strategici lo Stato può essere azionista, come qui dove è intervenuto, e concepire qualche forma di aiuto e di intervento” ha dichiarato il ministro dello Sviluppo economico Giorgetti.
In questa direzione nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sono previsti 340 milioni di investimento per la produzione di semiconduttori in collaborazione con STM nel sito di Catania, con nuova occupazione per 700 addetti, 500 milioni di euro per sviluppare una gigafactory con nuova occupazione per 350-500 addetti, e infine 740 milioni per installare oltre 20mila punti di ricarica pubblici e veloci.
Complessivamente nel PNRR sono previsti 68 miliardi per la rivoluzione verde e transizione ecologica e 31 miliardi per infrastrutture per una mobilità sostenibile.
Ora si entra nella parte più complicata del Piano, ovvero la concretizzazione dei princìpi e dei discorsi dell’ultimo anno. Questa sarà la sfida del prossimo futuro e rappresenterà uno spartiacque per il nostro Paese. Un’occasione da non sbagliare.