Federmeccanica presenta la 158° Indagine Congiunturale

La produzione metalmeccanica, dopo il crollo registrato nel 2020 (-13,5%), ha evidenziato un progressivo miglioramento che, iniziato a partire dai mesi estivi, è proseguito anche nei primi mesi dell’anno in corso. Nel primo trimestre del 2021, infatti, i volumi di produzione sono cresciuti del 15,6% nel confronto con l’analogo periodo dell’anno precedente e dello 0,8% rispetto all’ultimo trimestre del 2020.

TANTA STRADA DA FARE
“Questo miglioramento – ha osservato Fabio Astori, vice presidente Federmeccanica – ha interessato tutte le attività  dell’aggregato metalmeccanico che, in termini tendenziali, hanno evidenziato aumenti a doppia cifra. Va tuttavia sottolineato che i dati positivi rilevati si basano sul raffronto tra marzo 2021 e marzo 2020, primo mese del lockdown che ha poi determinato il più  grande calo della produzione e del fatturato mai registrato nel nostro Settore dal dopoguerra. C’è  quindi ancora tanta strada da fare per tornare a parlare di crescita e sviluppo. Non si può pertanto abbassare la guardia, anzi si deve alzare il tiro con politiche industriali mirate ed efficaci”. Nell’Unione Europea emerge una forte differenziazione delle dinamiche produttive tra i paesi membri: l’Italia, che nei mesi di lockdown aveva subito perdite maggiori, si è riportata successivamente in linea con gli altri principali paesi dell’area, con un recupero dei livelli di produzione superiore nei mesi più  recenti.

DOMANDA INTERNA E NON SOLO
Sui buoni risultati acquisiti ha influito, oltre al miglioramento della domanda interna, anche la ripresa del commercio mondiale che ha comportato, infatti, ricadute positive sul nostro interscambio commerciale. Nel primo trimestre del 2021, le esportazioni metalmeccaniche sono cresciute dell’8,9% (in misura maggiore rispetto al +4,6% rilevato per l’intera economia) e le importazioni del 15,1%. È cresciuto sensibilmente l’export verso i principali partner europei quali la Germania (+22,3%), la Francia (+15,1%) e la Spagna (+14,3%), mentre, al di fuori dell’Unione europea, i flussi sono significativamente cresciuti verso la Cina (+48,0%) e sono diminuiti verso gli Stati Uniti (-20,0%). Le prospettive a breve emerse dall’Indagine Congiunturale condotta presso un campione di imprese metalmeccaniche associate indicano la possibilità di ulteriori recuperi dell’attività produttiva anche se permane un clima d’incertezza strettamente connesso all’evoluzione della pandemia, della campagna vaccinale, nonché al problema della reperibilità e dei costi delle materie prime:

Il 53% delle imprese intervistate dichiara un portafoglio ordini in miglioramento;
Il 42% prevede incrementi di produzione;
Il 16% ritiene di dover aumentare, nel corso dei prossimi sei mesi, gli attuali livelli occupazionali rispetto all’8% che ritiene invece di doverli diminuire.

Rispetto a questo quadro emergono due fattori di criticità, sottolineati dalle imprese: il costo e la reperibilità delle materie prime e la difficoltà a trovare profili professionali qualificati.

PREZZI DELLE MATERIE PRIME
Oggi, dai dati raccolti, risulta che la gran parte delle imprese partecipanti all’indagine (84%) ha risentito del rincaro dei prezzi dei metalli e dei semilavorati in metallo utilizzati nei processi produttivi e l’incremento dei costi di produzione nel 60% dei casi determinerà sia un aumento dei prezzi di vendita sia una riduzione dei margini di profitto. Il 54% delle imprese ha, inoltre, dichiarato di avere difficoltà di approvvigionamento dei metalli e semilavorati in metallo a causa della loro scarsità sul mercato e in alcuni casi anche per la bassa qualità  dell’offerta. La difficile situazione in atto potrà determinare addirittura un’interruzione dell’attività produttiva, così come dichiarato dal 14% delle imprese partecipanti.

PROFILI PROFESSIONALI CERCASI
“Sul fronte lavoro – ha commentato Stefano Franchi, direttore generale Federmeccanica – più  della metà (56%) delle imprese ha dichiarato di incontrare difficoltà nel reperire i profili professionali necessari per lo svolgimento dell’attività aziendale. Un dato addirittura peggiore di quello già estremamente negativo rilevato circa due anni fa quando erano il 47% le aziende che evidenziavano questo grande problema. Le competenze più  difficili da reperire sono quelle tecniche di base/tradizionali (secondo il 42,0% degli intervistati), seguite da quelle trasversali (31,0%) e dalle competenze tecnologiche avanzate/digitali (24,0%). Allo stesso tempo, dalla nostra indagine emerge che sono più le imprese che prevedono di aumentare l’occupazione rispetto a quelle che pensano di ridurla, c’è un saldo positivo di circa l’8%. Però non si trovano persone con le competenze necessarie. È un circolo vizioso che non ci possiamo permettere. Si deve invece attivare un circuito virtuoso con investimenti ben mirati nell’istruzione e con politiche attive efficaci. Bisogna fare presto e fare bene”.

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