Elica: aumentare il profitto delocalizzando produzioni

di Vincenzo Gentilucci

Il 31 marzo 2021, il Gruppo Elica, multinazionale tascabile leader mondiale nel settore cappe aspiranti, con sede a Fabriano (AN) che conta 3.800 dipendenti in sette stabilimenti nel mondo: Italia, Polonia, Messico, India e Cina, con una produzione di cappe aspiranti e motori pari a quasi 21 milioni di pezzi, annuncia il suo piano industriale triennale 2021/2023. Esso, secondo le logiche aziendali, si fonda su un assunto e cioè come non sia possibile, per un’azienda che fattura quasi 500 milioni di euro, guadagnare pochi milioni netti all’anno; di conseguenza vanno migliorati i risultati economici, agendo sulla leva della delocalizzazione delle produzioni fatte in Italia.

IL GIUSTO EQUILIBRIO
Nell’ottica di chi legge, tutto ciò potrebbe apparire ineccepibile se non ci fosse una storia da raccontare, una storia che è fatta di continui confronti sindacali nei quali, nel cercare di trovare il giusto equilibrio produttivo occupazionale, si sono nel tempo condivisi accordi che hanno dato la possibilità, attraverso fuoriuscite volontarie incentivate, di diminuire il numero dei dipendenti presenti in modo tale da poter garantire un futuro occupazionale stabile ai lavoratori rimasti. Più di 400 persone sono fuoriuscite dai siti italiani in un decennio ed eravamo abbastanza tranquilli su un equilibrio raggiunto.
A suffragare la nostra tranquillità sono state anche le parole di chi oggi detiene la maggioranza delle quote azionarie (53%), l’ex senatore Francesco Casoli, che in occasione del 50esimo della fondazione del gruppo, a fine anno 2020, con i siti italiani che lavoravano a pieno regime utilizzando anche straordinari e lavoratori somministrati, faceva proclami di garanzie produttive e la certezza di altri 50 anni di futuro Elica in Italia. Parole volate al vento.

IL SETTORE COOKING
Il 31 marzo l’azienda dichiara di voler spostare il 70% delle produzioni (1 milione su 1 milione e 400 mila pezzi prodotti), con la chiusura del sito produttivo di Cerreto D’Esi e conseguentemente la volontà di procedere con 409 licenziamenti su una platea, quella del cooking, che attualmente occupa 560 lavoratori.
In Italia, sono presenti tre siti produttivi tutti nella provincia di Ancona e una sede centrale impiegatizia a Fabriano. Nei siti produttivi di Mergo 470 dipendenti e Cerreto D’Esi 90, si produce il cooking, 1.400.000 pezzi, mentre a Castelfidardo 210 dipendenti si producono motori; poi c’è la sede impiegatizia con circa 150 colletti bianchi.
Analogamente in Polonia a Jelcz-Laskovice, Elica ha un sito produttivo con allocate medesime produzioni.
Nel presentarci il piano, l’azienda individua criticità solo nel settore coking, mentre il settore dei motori dovrebbe continuare a produrre senza subire scossoni di nessun tipo. La nostra preoccupazione futura è che anche il sito di Castelfidardo può subire contraccolpi perché i motori possono seguire le produzioni delocalizzate, visto che in Polonia già sono attrezzati e producono motori. La vertenza è resa complicatissima anche per come l’azienda sembra aver cambiato pelle.

RELAZIONI INDUSTRIALI
Le corrette relazioni industriali che per oltre un decennio hanno permesso il coniugare gli interessi dell’azienda a quelli della tutela del lavoro e dei lavoratori, oggi vengono meno, e quei valori sempre professati di attaccamento al territorio sembrano intaccati irreversibilmente.
Le persone non sono più un valore e con l’avvento del fondo finanziario Tamburi che ha rilevato le azioni detenute da Whirlpool (il 15% oggi passate al 20%), si è decretato definitivamente come il profitto e il dio denaro provocheranno una nuova mattanza sociale che per il comprensorio fabrianese, se questa vertenza non sarà risolta adeguatamente, sarebbe il colpo finale verso un declino industriale e sociale definitivo.
Non ci sono solo 409 famiglie in mezzo alla strada, ma altrettante o forse più seguiranno lo stesso destino se si tiene conto dell’indotto che lavora sul territorio per Elica.

MANIFESTAZIONI
Lo sdegno dei lavoratori è stato immediato, hanno subito aderito alla iniziativa che il coordinamento unitario Fim Fiom e Uilm ha messo in atto con i presidi a Mergo e Cerreto nei giorni di Pasqua e con cadenza settimanale continuano a manifestare la loro contrarietà al piano.
Queste manifestazioni avvengono anche con la solidarietà fattiva delle altre aziende del bianco presenti nel territorio, perché è forte la preoccupazione che se dovesse passare questo progetto da parte di una multinazionale italiana, le altre presenti, e che italiane non sono, possono sentirsi fortemente legittimate a procedere nello stesso senso.
Elica non ha particolari problematiche che possano indurre a pensare giusto questo scellerato piano industriale ed è per questo che anche le istituzioni, dai Comuni alla Regione fino al Ministero dello Sviluppo economico, lo hanno dichiarato irricevibile e sono vicini alla lotta dei lavoratori. Non vorremmo però che le Istituzioni pensino che basti solo la vicinanza, serve concretezza.
Si parla di possibili strumenti di aiuto a rendere maggiormente sostenibili le produzioni oggi presenti, ben vengano ma a distanza di due mesi con incontri in Regione e al Mise, non sono ancora emerse novità significative, tanto che l’azienda non solo rimane ferma sulla posizione ma ha iniziato a predisporre i primi trasferimenti di produzioni in Polonia.

BLOCCO DEI LICENZIAMENTI
Purtroppo anche la mancata proroga del blocco dei licenziamenti rischia di aumentare il problema. Non è detto infatti che dal primo luglio l’azienda potrebbe aprire una procedura di mobilità dettando così i tempi per cercare di trovare un accordo, un accordo che ad oggi è impossibile anche solo da ipotizzare, vista l’enorme distanza tra le parti.
Il Governo doveva aderire alla richiesta di proroga del blocco formulata da Cgil Cisl e Uil, invece di andare dietro all’arroganza di Confindustria.
Per le caratteristiche di questa vertenza comunque abbiamo la consapevolezza di essere nel giusto, cinquant’anni di presidio industriale dove i lavoratori hanno acquisito e si sono tramandati competenze, professionalità e cultura del lavoro, sono un patrimonio che non può essere sacrificato sull’altare della finanza.
Il territorio, ma crediamo l’Italia, non se lo può permettere e non lo deve permettere, ne va della tenuta della Nazione stessa.
Non si può fare a meno dell’industria ed Elica è parte integrante di essa, continueremo a lottare contro le delocalizzazioni a difesa del lavoro e dei lavoratori.

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