Jindal Italia – Ex Lucchini: un presidio per il futuro di Piombino

di Guglielmo Gambardella

Forse qualcuno pensava, o sperava, che i lavoratori della storica Lucchini, dopo anni di sofferenze, si fossero rassegnati ad un destino ineluttabile. Invece, sono ancora combattivi e determinati nel condurre tutte le iniziative per rivendicare il loro diritto ad un lavoro e un futuro certo con un presidio allo stabilimento che ormai si protrae da oltre un mese.

UNA STORIA DI SPERANZA E DELUSIONI
Negli anni, dopo l’abbandono della fabbrica da parte della famiglia siderurgica dei Lucchini, alle speranze riaccese dopo ogni nuovo cambio di proprietà, si sono alternate le delusioni di gestioni fallimentari di imprenditori esteri: prima russi, poi algerini e infine indiani.
E ogni volta ci si chiede(va): perché, pur a fronte di grandi potenzialità offerte da una maestranza qualificata nella produzione di acciaio e dalle favorevoli condizioni logistiche e l’accesso diretto al mare, nessuno è mai riuscito a rilanciare il sito piombinese?
Prima il progetto di Severstal, che a partire dal 2009 avrebbe dovuto riportare la produzione a tre milioni di tonnellate annue, poi la crisi e la successiva gestione del commissario Enrico Bondi nel 2012, fino all’amministrazione straordinaria con Piero Nardi. Nel 2014 viene fermata la produzione di acciaio con lo spegnimento dell’altoforno. L’ingresso di Issad Rebrab nel 2015 riaccende le speranze dei piombinesi con un progetto di diversificazione (tutto da verificare) con lo sviluppo della logistica, l’agroalimentare e la siderurgia. Le difficoltà finanziarie del gruppo algerino Cevital e gli impegni disattesi spengono nuovamente le speranze della ex Lucchini.

LA STORIA SI RIPETE
Dopo una serrata trattativa, Cevital cede la proprietà al gruppo JSW Steel con l’accordo sancito nel maggio 2018. Anche Jindal anticipa la volontà di rilanciare la siderurgia con importanti investimenti: nuovo Accordo di Programma e nuovo progetto industriale per il riavvio della produzione di acciaio, da presentare in forma “esecutiva” entro il dicembre 2019. Ma anche Jindal disattende l’impegno, riconfermato nel 2020 per ben due volte nei confronti dello stesso ministro Patuanelli, rispetto alla presentazione del Piano. Cambia il governo e ci ritroviamo al punto di partenza.
Com’è possibile che il gruppo Jindal, posizionato nella classifica mondiale dei primi venti più grandi produttori di acciaio e che ha partecipato alla gara per l’acquisizione dell’ex gruppo Ilva, non abbia avuto la capacità/volontà di investire su impianti e logistica ed esercitare un ruolo da vero e proprio “imprenditore”? Questa è la domanda che si pongono i lavoratori, il territorio, le istituzioni e il Paese intero, e che non ha trovato ancora risposta.

IL PRESIDIO PER ESSERE CONVOCATI
I lavoratori in presidio all’ingresso principale dello stabilimento in Largo dei Caduti sul Lavoro, in rappresentanza di oltre 1.700 diretti e di altrettanti delle ditte dell’indotto, sono in attesa di quella risposta ma soprattutto sono in attesa delle decisioni del Governo che tarda a convocare sindacati ed istituzioni locali.
È stato importante che i rappresentanti di tutte le forze politiche abbiano risposto all’appello dei lavoratori e abbiano supportato il presidio: ma adesso è giunto il momento della concretezza.

NON SOLO CRISI INDUSTRIALE
Una cosa è chiara a tutti: la vertenza della ex Lucchini non ha esclusivamente le caratteristiche di una “crisi industriale”. È una questione economica e sociale che investe un intero territorio. La dimensione occupazionale, l’estensione dell’area interessata e la posizione geografica fanno assumere alla questione sul futuro del sito una rilevanza strategica per lo sviluppo di una fetta importante del territorio toscano.
Nella sua drammaticità una cosa importante ha insegnato la tragedia della pandemia: un’economia basata solo su turismo e servizi non può reggere a fronte di eventi imprevedibili che si potrebbero registrare anche in futuro sul nostro Paese e sui territori. Il valore e la difesa della manifattura sarà un elemento imprescindibile per la garanzia del benessere dei cittadini italiani.
Un’industria siderurgica compatibile con l’ambiente e il territorio piombinese si deve e si può progettare per un futuro di prosperità. I lavoratori, i sindacati e i rappresentanti istituzionali locali sono decisi nel pretendere questa condizione e non si fermeranno fino a quando l’obiettivo non sarà raggiunto.

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