Da una parte i numeri da record del mercato degli elettrodomestici in Italia con un aumento in valore di 15,5 miliardi, +5,5% nel secondo semestre 2020, grazie alla vendita di piccoli elettrodomestici (+15,5%), lavatrici (+40%) e lavastoviglie (+29%), dall’altra la conferma di Whirlpool, avvenuta nell’ultimo incontro del 6 aprile con le organizzazioni sindacali, di voler chiudere lo stabilimento di Napoli. La fabbrica è ferma dall’ottobre scorso, con 350 lavoratori a rischio occupazionale. La stessa multinazionale ha comunicato una ripresa dei volumi e l’assunzione di circa 600 lavoratori somministrati in Italia.
CHIUSURA NAPOLI INGIUSTIFICABILE
La decisione di Whirlpool sul sito di Napoli per Fim Fiom e Uilm è “ancora più odiosa e ingiustificabile alla luce del quadro generale di miglioramento del mercato degli elettrodomestici”. Per questo venerdì 9 aprile i lavoratori di Napoli si sono ritrovati in piazza Plebiscito per un’assemblea aperta per chiedere nuovamente l’intervento del Governo dopo quasi due anni dall’inizio della vertenza.
I metalmeccanici di Cgil, Cisl e Uil “dinanzi all’atteggiamento di chiusura aziendale e alla imperdonabile indifferenza del Governo” proseguono con la vertenza “per scongiurare la minaccia dei licenziamenti a Napoli, la non rioccupazione di parte dei dipendenti di Carinaro, nonché per assicurare un futuro di stabilità occupazionale in tutti gli stabilimenti del gruppo”.
Sull’interessamento della società Seri per la rioccupazione dei lavoratori di Napoli, Gianluca Ficco, responsabile nazionale Uilm del settore elettrodomestico, è stato netto dichiarando che “prima di proporsi per nuovi progetti, Seri completi innanzitutto quelli che si è già impegnata a realizzare sul territorio di Caserta e che purtroppo ancora languono”. Ficco ha concluso che “i lavoratori di Whirlpool tanto di Napoli quanto di Caserta chiedono lavoro, non promesse aleatorie”.
NO CIG SE MERCATO CRESCE
Visto l’incremento dei volumi, Fim Fiom Uilm hanno esortato la multinazionale a “non utilizzare la cassa Covid in quegli stabilimenti dove si arriva ad una potenziale saturazione” perché “non è tollerabile un utilizzo mirato degli ammortizzatori sociali né a discapito dei lavoratori con ridotte capacità lavorative, per cui si chiede la costituzione di postazioni idonee, né per gli impiegati degli staff, per cui si chiede la ricollocazione interna”.
Sempre in tema di cassa integrazione, spiegano in una nota unitaria Fim Fiom e Uilm, “l’azienda ha tenuto un atteggiamento di sostanziale chiusura, offrendo una qualche disponibilità solo su alcune questioni particolari, quali il pagamento dei ratei anche per la cassa Covid da qui a giugno, il superamento dell’attuale accordo di Siena sull’orario di lavoro e il pagamento di una indennità di soli 250 euro mensili ai soli lavoratori di Napoli, mentre per i lavoratori con ridotte capacità lavorative o impiegati degli staff c’è una generica disponibilità ad aggiornarsi e a proseguire azioni di riassorbimento”.
Una vertenza simbolo dell’Italia che resiste, dell’Italia che difende il lavoro e la dignità dei lavoratori e di intere comunità in territori già gravemente in crisi. Una vertenza che deve essere una delle priorità del Governo. Ma al momento c’è solo un silenzio assordante.