Il 2 febbraio 2021, verso le 10 di un mattino neanche troppo freddo, Rocco Palombella ha lasciato la storica sede di Corso Trieste 36, dove la grande scritta FLM è rimasta intatta a ricordare gli anni migliori, e si è infilato in macchina pronto ad affrontare la sfida che attendeva ormai da oltre un anno: il rush finale della trattativa sul rinnovo del contratto dei metalmeccanici.
Lungo il percorso che porta a Viale dell’Astronomia 30 è arrivata qualche telefonata, compresa quella del presidente di Federmeccanica, Alberto Dal Poz, che con un tono di voce acceso e vibrante si è detto convinto che si sarebbe portato a casa un buon risultato. La tensione però era alta, del resto è stata una trattativa piena di imprevisti e gli imprevisti, si sa, sono sempre dietro l’angolo.
Il primo giorno di negoziato è stato indolore, come da previsioni. Alle 12:36, con circa un’ora di ritardo, ha avuto inizio la plenaria che ha dato il via ufficiale ai tre giorni (previsti inizialmente). Nel pomeriggio i gruppi si sono separati: una parte della delegazione ha continuato la discussione in plenaria, mentre il nodo più difficile da sciogliere, quello sul salario, è finito sul tavolo di una ristretta nella stanza “L” di Confindustria. Alle 15:19 Rocco Palombella si è chiuso alle spalle la porta che ha segnato il fischio d’inizio di un duro negoziato durato per oltre tre ore.
Fim Fiom Uilm ne sono usciti con una nuova proposta della controparte, più avanzata rispetto a quella del 26 novembre, ma con un ostacolo in più: la necessità di allungare la vigenza contrattuale al 2024. Una richiesta che i sindacati hanno subito contestato e con cui si è conclusa la prima giornata delle tre previste. Prima di rimettersi in macchina, però, Rocco Palombella è andato all’American Palace Hotel di via Laurentina, ad aggiornare chi purtroppo a causa del Covid non ha potuto seguire la trattativa in presenza.
Il 3 febbraio entrando nella porta a vetri che porta all’Auditorium della Tecnica la tensione era già palpabile. Federmeccanica e Assistal si sono riunite per ore rimandando la plenaria con i sindacati, iniziata alla fine intorno alle 12:45. Uno Stefano Franchi cupo, con le braccia incrociate, seduto proprio di fronte a un Rocco Palombella amareggiato ma combattivo, sembrava aver assunto le sembianze di un monolite impossibile da scalfire. La trattativa, con molta fatica, è andata avanti. Sono stati proiettati i testi su cui si era lavorato il giorno prima per un’approvazione generale. La giornata nella quale ci si aspettava qualche passo avanti significativo è rimasta per certi versi sospesa nel tempo.
Il 4 febbraio ci si è resi subito conto che gli ostacoli da rimuovere erano ancora molti e che ci sarebbe stato bisogno almeno di un altro giorno prima di provare l’affondo finale. Al centro della discussione di quella giornata l’inquadramento, uno dei temi portanti di questo rinnovo contrattuale. E proprio alcuni capoversi del contratto sull’inquadramento hanno improvvisamente provocato uno stallo di diverse ore. Gli animi si sono fatti cupi, le voci hanno tremato ed è nato il timore che potesse saltare tutto per qualcosa che fosse fuori da ogni logica e da ogni previsione. Rocco Palombella ha continuato ad aggiornare la delegazione costantemente, mente fuori dalla finestra era calato il buio sulle strade dell’Eur più deserte che mai in tempo di Covid.
I passi si sono fatti veloci, le porte si sono aperte e richiuse, i leader di Fim Fiom Uilm si sono parlati, la controparte si è arroccata per discutere. Il timore ha iniziato a crescere, ma la speranza non poteva andare persa. Rinnovare il contratto in un contesto di pandemia era stato di per sé uno sforzo enorme, di mezzo c’erano stati momenti duri e uno sciopero generale. Non ci si poteva fermare proprio in quel momento. Ed è stato forse allora che il sindacato ha dato prova della sua grande maturità aprendosi al confronto con Federmeccanica e Assistal, comprendendo le ragioni di alcuni timori delle aziende, e offrendo la massima disponibilità a superare insieme qualsiasi ostacolo. Alle 2:43 del mattino i telefoni e le luci nei corridoi si sono spenti. E’ iniziata solo allora per i metalmeccanici la notte più lunga e difficile.
Venerdì 5 febbraio, dopo quattro giorni di intensa trattativa, sembrava quasi di essersi abituati a stare insieme nel luogo dove in genere siede la controparte. Ormai neanche le mascherine riuscivano a camuffare la stanchezza e la voglia di chiudere la partita, ma di chiuderla bene.
La schiarita è entrata come una ventata di aria fresca quando intorno alle 13 Rocco Palombella è rientrato con un foglio in mano e pochi appunti, ma essenziali: “La richiesta che ho fatto ieri sera è passata in toto”. Una frase che ha scatenato un applauso sincero e quasi timoroso, come se fosse meglio non spingersi troppo in là per scaramanzia. “Abbiamo ottenuto 112 euro di incremento salariale medio così suddivisi: 25 25 27 35”. Un risultato che solo poche ore prima sembrava impossibile era lì messo nero su bianco su un foglio scritto a mano dal Segretario generale della Uilm.
Gli sguardi cupi hanno finalmente lasciato spazio ai sorrisi, gli animi si sono distesi in attesa di tornare in plenaria per la firma. I testi sono stati riletti e ricontrollati più volte. La firma è arrivata all’incirca verso le 19. Anche quella insomma si è fatta attendere. E così, mentre i giornali titolavano “Il giorno dei sì” in riferimento a Mario Draghi e alla formazione di un ipotetico nuovo governo, i metalmeccanici stavano scrivendo ancora una volta la storia, come sempre ha fatto negli anni la categoria industriale più importante del nostro Paese.