L’Editoriale

Cari lavoratori, 

abbiamo archiviato un anno 2020 terribile e deciso di concentrare tutti i nostri sforzi nel 2021, considerato l’anno della speranza e della ripresa con l’uscita dalla pandemia.

Già a fine dicembre è infatti iniziato il programma di vaccinazione contro il Covid-19 e nessuno di noi avrebbe mai immaginato che si potesse aprire una polemica proprio sul vaccino. La Pfizer, per motivi ancora non chiari, ha ridotto drasticamente le consegne mettendo a rischio coloro che avendo già fatto la prima dose, come ad esempio il personale medico, devono necessariamente fare il richiamo nei tempi stabiliti.

Le altre due case produttrici del vaccino, Moderna e AstraZeneca, sono ancora in attesa di avere l’ok alla somministrazione. Questo ha generato nuove e grandi preoccupazioni, oltre ad aver allungato in modo significativo i tempi del programma che prevedeva un numero considerevole di persone vaccinate entro l’estate. Preoccupazioni fondate visto il numero delle infezioni quotidiane in costante crescita, per non parlare del numero dei decessi. In totale, da inizio pandemia, nel nostro Paese ci sono stati oltre 85mila morti e circa 2 milioni e mezzo di positivi, numeri che non possiamo affatto trascurare. 

Questa emergenza genera inevitabilmente effetti a catena, poiché il Paese continua a rimanere semichiuso. Le realtà più importanti della nostra società continuano ad avere contraccolpi: la scuola, i servizi pubblici, gli enti ispettivi. Insomma, i servizi essenziali sono in estrema difficoltà.

A tutto questo dobbiamo aggiungere anche la parte legata al terziario e alle attività commerciali, compresa la grande distribuzione. I consumi in generale sono ancora fermi, quindi anche le grandi aziende continuano a usare migliaia di ore di cassa integrazione. 

Considerando che il 2020 si era chiuso con un Pil a -9%, tutte le previsioni per il 2021 facevano intravedere una sostanziale ripresa, si parlava addirittura di +6%. Purtroppo questo obiettivo è stato già ridimensionato da parte degli osservatori, addirittura dimezzato a +3% con ripercussioni negative.

I facili entusiasmi sono stati purtroppo spenti sul nascere. Da un lato quindi la crisi sanitaria e sociale, dall’altro si è innescata purtroppo anche una crisi politica e di governo di cui non riusciamo a comprende a pieno le ragioni. Sembrava rientrata la settimana scorsa, invece col passare dei giorni la fiducia ottenuta dal presidente Conte alla Camera ha dovuto fare i conti con quella molto risicata al Senato.
Mentre scriviamo la crisi è stata formalizzata: Conte ha appena rassegnato le sue dimissioni al presidente Mattarella.

È superfluo fare la cronaca delle varie fasi che hanno portato a questa situazione, ma la fotografia è quella di un Paese in estrema difficoltà mentre dovrebbe essere coeso e concentrarsi sui problemi reali dei cittadini, sull’utilizzo del Recovery Fund e delle risorse senza le quali l’Italia è destinata ad avere seri problemi di coesione sociale considerando che nel 2020 sono stati spesi circa 147 miliardi di euro per far fronte all’emergenza sanitaria. 

Noi ci auguriamo che questa crisi venga rapidamente ricomposta e si riesca a trovare una maggioranza di governo solida e in grado di poter traguardare effettivamente la scadenza naturale del mandato.
Ritengo che sia sbagliato oggi portare il Paese a elezioni anticipate, purtroppo però questo spettro continua ad aleggiare in questa fase così delicata. 

Le priorità sindacali rischiano di diventare secondarie, come le questioni riguardanti la cassa integrazione, la scadenza del blocco dei licenziamenti per fine marzo e le crisi aziendali, compresa quella di Whirlpool.

Incognite nascono anche sul futuro di ArcelorMittal Italia, poiché ci sono adempimenti da fare ed è necessaria una presenza autorevole del governo all’interno di questa realtà. Tra i provvedimenti urgenti anche l’integrazione della cassa integrazione per i lavoratori in Ilva AS.

Alle crisi aziendali si aggiungono i rinnovi contrattuali, a partire da quello metalmeccanico. Siamo riusciti a fare dei passi avanti anche a fronte di una prospettiva che faceva intravedere una ripresa, questa crisi rischia di riportarci alla condizione che abbiamo vissuto prima della pandemia.

Nonostante tutto, abbiamo faticosamente costruito un percorso e prefigurato una serie di incontri no stop con l’obiettivo di arrivare alla meta che ci siamo prefissati: il rinnovo del contratto nazionale Federmeccanica-Assistal.

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