Il 16 gennaio nasce Stellantis e inizia una nuova era per l’industria dell’auto italiana

di Gianluca Ficco

Con la fusione di FCA e di PSA in Stellantis il 16 gennaio si compie quel processo di internazionalizzazione della vecchia e gloriosa FIAT iniziato a ben vedere nel biennio 2009-2011 con l’acquisizione di Chrysler. Un processo certamente indispensabile per fronteggiare le sfide della globalizzazione, che ha progressivamente determinato la trasformazione della casa automobilistica torinese in una realtà più forte e più grande, ma oggettivamente meno italiana. Le esigenze di consolidamento del settore automotive si sono peraltro rafforzate negli ultimi anni, allorché è partita la corsa alla elettrificazione e alla guida autonoma. La mole di investimenti che occorrerà effettuare nel prossimo futuro richiede difatti economie di scala gigantesche, che solo i gruppi automobilistici più robusti potranno affrontare.

LA NUOVA SOCIETÁ
Stellantis si colloca come quarto produttore mondiale con quasi 9 milioni di vetture, sommando le vendite di FCA e di PSA del 2019, avrà ben 400mila dipendenti, metà provenienti da FCA e metà da PSA, e 15 marchi. I principali azionisti sono Exor, holding della famiglia Elkann-Agnelli, con il 14,4%, la famiglia Peugeot tramite due società con il 7,2%, la Banque publique d’Investissement dello Stato francese con il 6,2% e la casa automobilistica cinese Dongfeng, di proprietà statale, con il 5,6%, che però dovrebbe diminuire la sua partecipazione. Se la presidenza spetta a John Elkan, il ruolo di amministratore delegato tocca a Carlos Tavares, unanimemente riconosciuto come uno dei migliori dirigenti del settore, e ciò porta nel consiglio di amministrazione gli ex PSA in maggioranza. Infine, degno di nota è che nell’organismo di vertice della società sono stati nominati, in sedicente rappresentanza dei lavoratori, per PSA Jacques de Saint-Exupéry, già il capo del consiglio dei lavoratori dell’azienda francese, e per FCA Fiona Clare Cicconi, manager italo-britannica attualmente capo delle risorse umane della casa farmaceutica AstraZeneca, ma tale scelta è avvenuta senza consultare in alcun modo i lavoratori o i sindacati.

NON CI SARANNO CHIUSURE
FCA ha assicurato formalmente che dalla fusione non deriveranno chiusure o esuberi, ma ogni fusione porta con sé potenziali rischi occupazionali per la naturale tendenza a operare sinergie e a eliminare ridondanze. Per il momento i risparmi dovrebbero derivare dalle sinergie da effettuare sul versante delle forniture e anche in ragione di ciò i primi pericoli sono quelli che riguardano l’indotto dei produttori di componenti. Una preoccupazione ulteriore è determinata dalla fatto che i francesi possano dimostrare una maggiore capacità degli Italiani nel tutelare i propri interessi nazionali, come attestano numerose altre vicende industriali pregresse, nonché la presenza dello stesso Stato francese nel capitale e nel CdA di Stellantis.
Fortunatamente tutti gli stabilimenti italiani stanno ricevendo assegnazioni produttive e gli investimenti sono proseguiti nonostante il momento di emergenza causato dall’epidemia di covid; questo ci permette di affrontare il prossimo futuro nella migliore delle condizioni di partenza possibili: a Melfi la produzione della Compass si è aggiunta a quella della Renegade e della 500 X, a Pomigliano si attende la Tonale e si prosegue con la Panda, a Cassino si produrrà il nuovo Suv Maserati  oltre a Giulia e Stelvio, a Modena è in fase di industrializzazione la super sportiva della Maserati, a Torino è arrivata la 500 elettrica e sono in programma nuove versioni di Maserati nonché nuovi modelli di sportive, ad Atessa prosegue con successo la produzione del Ducato.

FARE SISTEMA
Tuttavia nel medio e lungo termine sarà indubbiamente decisiva la capacità del Paese di fare sistema. Più in generale dovremo riuscire ad affrontare la difficile transizione in cui è entrata l’industria dell’auto a causa delle elettrificazione e della guida autonoma. La notoria disattenzione dei Governi italiani succedutisi negli ultimi decenni verso le politiche industriali sono francamente molto preoccupanti. Basti pensare a quanto abbiamo dovuto faticare per ottenere un piano di incentivi all’acquisto di auto che non penalizzasse la produzione nazionale. Solo di recente abbiamo difatti visto accolte almeno in parte le nostre proposte, in particolare con l’estensione dei benefici a tutte le auto poco inquinanti, anche se non elettriche, e con l’inclusione dei veicoli commerciali leggeri.
Come sindacato non solo vigileremo sulle potenziali ricadute occupazionali e avanzeremo richiesta di incontro ai vertici di Stellantis, ma chiederemo al Governo di reinsediare il tavolo automotive. La sfida posta dalla trasformazione del settore dell’auto impone politiche imponenti e lungimiranti, quanto meno per affrontare ad armi pari le altre potenze industriali che da tempo si stanno preparando a vincere la competizione internazionale.

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