Rompere il silenzio sul futuro dell’ex Ilva e rilanciare il futuro della siderurgia in Italia: questi gli obiettivi della lettera unitaria inviata al governo dai Segretari generali di Fim, Fiom e Uilm lo scorso 29 ottobre.
A meno di un mese dal 30 novembre 2020, infatti, data entro cui ArcelorMittal può recedere dal contratto di affitto pagando una penale “irrisoria” di circa 500 milioni di euro, come la definisce Rocco Palombella, Segretario generale Uilm, nessuno sa niente. “Tace il Governo, tace Arcelor Mittal, tace Invitalia: e nel silenzio non è detto che ‘andrà tutto bene’, in particolare per i lavoratori” scrivono Re David, Benaglia e Palombella. “Da tempo chiediamo chiarezza e trasparenza sulla trattativa che stanno portando avanti da mesi il governo e ArcelorMittal” dichiara Palombella, ma “ancora non si è arrivati a nessuna conclusione, né dal punto di vista economico né da quello industriale, sul futuro della più grande acciaieria europea”.
DATA LIMITE 30 NOVEMBRE
“Il 30 novembre si avvicina e la situazione negli stabilimenti è preoccupante: la sicurezza degli impianti è a rischio, la manutenzione è insufficiente e circa 5mila lavoratori sono in cassa integrazione” prosegue il leader Uilm.
“Nell’accordo del 6 settembre 2018 ArcelorMittal si impegnava a fare un investimento complessivo di oltre 4 miliardi di euro fino al 2023 – continua – mentre ora, grazie a quanto previsto dall’accordo del marzo scorso con i Commissari straordinari di Ilva AS, può recedere dal contratto pagando una cifra irrisoria di 500 milioni di euro”.
Nel frattempo, aggiunge il Segretario delle tute blu della Uil, “il governo sembra non interessarsi del futuro di 20mila lavoratori e della prospettiva produttiva e industriale dell’ex Ilva”.
“Sarebbe inaccettabile – conclude Palombella – se la mancanza di iniziativa del Governo, con l’alibi della pandemia, sacrificasse migliaia di lavoratori, il risanamento ambientale e il futuro non solo dell’ex Ilva ma dell’intero settore siderurgico italiano”.