JSW Steel Piombino: la ex Lucchini di Piombino non può più aspettare

di Guglielmo Gambardella

Ancora una volta si rimette in discussione il destino della ex Lucchini di Piombino che, a ogni cambio di proprietà o di management, vede allontanarsi la possibilità di ritornare a produrre acciaio colato e consentire il ritorno in fabbrica di tutti i lavoratori.
Sono passati ormai sei anni dallo spegnimento dell’altoforno e tre gestioni si sono avvicendate: l’Amministrazione Straordinaria, quella dell’algerina Cevital e quella attuale dell’indiana Jindal.

NUOVA FASE
Dopo la gestione fallimentare dell’imprenditore Rebrab e quella poco convincente di Jindal, con la nomina di Marco Carrai alla vicepresidenza di JWS Steel Italy, avvenuta nel luglio scorso, sembra aprirsi una nuova fase, ma con notevoli ulteriori ritardi nella realizzazione del nuovo forno elettrico.
Il 15 settembre scorso ha avuto luogo, in un capannone dello stabilimento di Piombino, la presentazione del nuovo piano industriale per il rilancio di JSW.
All’evento hanno presenziato, oltre allo stesso Marco Carrai, il sottosegretario allo Sviluppo economico, Alessia Morani, il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi e il sindaco di Piombino, Francesco Ferrari.
L’annunciato piano industriale dovrebbe vedere anche la partecipazione statale attraverso Invitalia con una partecipazione al capitale sociale di JSW pari a 30 milioni di euro, all’interno dell’iniziale investimento pari a complessivi 84 milioni di euro.

IL PIANO INDUSTRIALE
Il piano si dividerebbe in due fasi: la prima punterebbe a rendere più efficienti gli impianti di laminazione, completare la gamma prodotti e a far ritornare la società ad una redditività sostenibile e soddisfacente.
La seconda fase, da realizzare nei prossimi cinque anni, prevederebbe l’obiettivo del ritorno alla produzione dell’acciaio colato mediante l’utilizzo del forno elettrico; a questo si aggiungerebbe l’insediamento di un complesso industriale con attività diversificate, aggiuntive o complementari al core business: logistica, manufacturing e ambiente da realizzare con l’affiancamento partner finanziari e industriali.
A tal proposito, sarebbe stato infatti definito un memorandum di intesa, con il fondo energetico lussemburghese Creon Capital, per lo sviluppo di un polo energetico rinnovabile, incentrato soprattutto sull’idrogeno, oltre che sulla creazione di un parco eolico e sulla produzione di cuscinetti per l’automotive. Rientrerebbe nel progetto, inerente al GNL, anche la costruzione di un rigassificatore in grado di produrre gas a basso costo.

RIUNIONE AL MISE
Il prossimo 24 settembre si è tenuta la riunione al Mise per l’aggiornamento dell’addendum all’Accordo di Programma, passo successivo all’approvazione del piano.
La delegazione Uilm, invitata a partecipare all’evento, ha esternato nella stessa occasione, grandi perplessità su una presentazione di “linee guida” di un progetto tutto da verificare in termini di sostenibilità e tempistica: sono ancora tanti gli aspetti da chiarire.
A partire dalle risorse necessarie per la realizzazione del piano: Jindal, dopo aver investito poco meno di 250 milioni di euro per riavviare i treni di laminazione fermati precedentemente da Cevital, sembrerebbe, a causa delle crisi di mercato e quella del Covid, non aver intenzione di immettere ulteriori risorse nella controllata italiana. Invitalia sarà disponibile ad aumentare la sua partecipazione?
E poi, potremmo mai accettare che i lavoratori rimangano fino al 2025 in cassa integrazione, con meno di 900 euro al mese ed in ogni caso senza avere nemmeno la certezza della disponibilità degli ammortizzatori sociali fino alla realizzazione del piano?
Tanti dubbi che dovranno essere necessariamente fugati con un incontro di approfondimento e un confronto su un vero e proprio piano industriale che abbiamo già chiesto di poter discutere nelle sedi istituzionali. L’appuntamento è fissato per il 29 settembre.
Superata l’ennesima tornata elettorale ci auguriamo di poter avere un quadro più chiaro e risposte serie per una vertenza che non riguarda solo una fabbrica ma un intero territorio a cui il Covid ha insegnato, ma forse al Paese intero, che non si può vivere di solo turismo. 

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