Torna lo spettro della vendita per lo stabilimento ternano di Thyssenkrupp, con circa tremila lavoratori, tra diretti e indotto, di nuovo a rischio occupazionale. “La decisione comunicata dal ceo di Ast Burelli di cercare un partner o compratore per il sito umbro rappresenta un atto intollerabile” dice Rocco Palombella, Segretario generale Uilm, che chiede un “intervento urgente del Governo per tutelare i lavoratori e la produzione in uno dei settori fondamentali per il nostro Paese”.
“Siamo alle solite – ha aggiunto il leader Uilm – non possono pagare di nuovo i lavoratori di Terni, che già hanno subìto importanti tagli salariali negli ultimi anni”.
AZIENDA IN UTILE
“Le dichiarazioni dell’AD di Thyssenkrupp, Martina Mertz, confermano le nostre preoccupazioni sul futuro di Acciai Speciali Terni che da anni denunciamo anche nelle sedi istituzionali” ha dichiarato Guglielmo Gambardella, Coordinatore nazionale Uilm del settore siderurgico.
“Le difficoltà finanziarie della multinazionale tedesca – sottolinea Gambardella – non possono essere pagate dai lavoratori del sito ternano che in questi anni hanno già pagato un prezzo altissimo in termini occupazionali e sociali”.
CENTRO DI ECCELLENZA
L’Ast Terni ha 2.350 dipendenti, dopo la ristrutturazione aziendale e una nuova gestione è diventato “un centro di eccellenza a livello europeo nella produzione di acciaio inox e rappresenta un business profittevole chiudendo, a partire dal 2016, sempre con bilanci positivi, con oltre 200 milioni di utili complessivi dal 2016 al 2019, andando a ripianare anche i debiti della multinazionale” aggiunge il Coordinatore Uilm.
Rocco Palombella chiede al Governo di “intervenire immediatamente sui vertici della multinazionale tedesca per garantire la sicurezza e tranquillità dei lavoratori di Terni e di uno stabilimento che produce utili e che non può essere svenduto per fare cassa. Il sito rappresenta un asset strategico per il settore siderurgico italiano e un pilastro dell’economia cittadina e della Regione Umbria, da tutelare e salvaguardare”.