Whirlpool: mobilitazione e sciopero nazionale il 4 ottobre

di Gianluca Ficco

Lunedì 19 settembre il coordinamento nazionale di Fim, Fiom, Uilm ha proclamato due settimane di mobilitazioni in tutti gli stabilimenti Whirlpool, che culmineranno nella manifestazione nazionale che si terrà a Roma venerdì 4 ottobre. È questa la reazione sindacale alla decisione aziendale di vendere lo storico stabilimento di lavatrici di Napoli alla società Svizzera PRS, start up che punterebbe su un brevetto della refrigerazione per riconvertire il sito campano.

EX-EMBRACO EMBLEMA DEI RITARDI
In primo luogo fin troppe operazioni di reindustrializzazione sono fallite miseramente in questi anni e perfino quelle avviate da Whirlpool a Caserta o dalla sua controllata Embraco a Torino sono in gravissimo ritardo. Inoltre c’è un accordo sottoscritto ad ottobre del 2018 con il sindacato e con le Istituzioni che prevede investimenti per tutti gli stabilimenti e di cui rivendichiamo il rispetto, pena il graduale disimpegno dal nostro Paese, così come purtroppo attesta la crisi in cui versano anche altre fabbriche del gruppo, nonché la continua delocalizzazione delle funzioni impiegatizie.

POSIZIONE DELLA UILM
Qualche mese or sono l’allora ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio aveva promesso di colpire Whirlpool se avesse dismesso Napoli e di sostenerla se invece avesse rilanciato l’attività produttiva, ma la norma poi varata ha colto solo in minima parte le nostre richieste, dimostrandosi del tutto insufficiente. È per questo motivo che come sindacato abbiamo chiesto al governo di passare dalle parole di solidarietà all’adozione di provvedimenti concreti in grado di dare una svolta alla vertenza, magari partendo dal rifinanziamento della decontribuzione dei contratti di solidarietà, a suo tempo utilizzata per aiutare a risolvere in modo vittorioso la vertenza Electrolux.
È chiaro che una vertenza del genere è possibile vincerla solo se al fianco dei lavoratori si schiereranno le Istituzioni. Per fare cambiare idea a una multinazionale, che si sta rimangiando tutti gli impegni assunti, l’intero Paese dovrebbe fare blocco. C’è urgenza, non solo per questa vertenza ma per il destino dell’industria, di norme che rendano più conveniente produrre in Italia e più costoso chiudere e delocalizzare. Solo così si rilancerà davvero l’economia, dopo decenni di stagnazione intervallata da crisi, salvaguardando quell’industria che costituisce il nerbo della nostra capacità di esportare.

 

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