Cari lavoratori,
il “nuovo” governo insediatosi da qualche giorno, dopo aver completato la nomina dei viceministri e sottosegretari, è impegnato a darsi un’immagine diversa ma contestualmente è alle prese con quelle che sono le scadenze e i fabbisogni del Paese.
Sono trascorsi cinque mesi dalle ultime elezioni europee e solo in questi giorni si è cominciato a discutere di provvedimenti che il governo intende adottare in ambito economico e occupazionale. Purtroppo la spesa corrente in questi anni ha continuato ad aumentare, raggiungendo negli ultimi tre anni una crescita di circa 50 miliardi di euro.
I Segretari Generali di Cgil, Cisl e Uil sono stati convocati per la seconda volta dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha illustrato loro le priorità che il governo intende inserire nella prossima legge di Stabilità. Si è notato indubbiamente un cambio di passo, un diverso modo di approccio tra il governo precedente e quello attuale, nonostante il Primo Ministro fosse lo stesso.
Cgil, Cisl e Uil non si sono fatti suggestionare da questo diverso modo di presentarsi perché rimane e rimarrà prioritario il merito che è rappresentato dai contenuti della piattaforma unitaria elaborata dalle organizzazioni sindacali, mai come in questo momento attuali.
Durante l’ultimo confronto i Segretari generali confederali non si sono potuti esprimere sul valore delle questioni presentate ma si sono potuti limitare a prendere atto di buoni intendimenti e auspici per il futuro.
Sono in programma nuovi incontri nei prossimi giorni e siamo d’accordo con la volontà espressa dal Primo Ministro di voler intervenire in modo determinato sulla lotta all’evasione fiscale per far pagare le tasse a chi non le ha mai pagate o le ha pagate non completamente.
Purtroppo non abbiamo ascoltato nessuna idea o proposta su come far ripartire l’economia italiana e i consumi nel nostro Paese. Il rammarico più grande è quello che ormai nei diversi governi che si sono avvicendati è scomparso il tema fondamentale del lavoro, di come si vuole impostare la politica industriale, salvaguardando e rilanciando il sistema manifatturiero nel nostro Paese.
Oltre a fare l’elenco del numero delle aziende in crisi o dei tavoli permanenti aperti al ministero dello Sviluppo economico, non si capisce quale sia la strategia del governo e quali siano gli strumenti che vuole adottare per, da un lato risolvere queste crisi esistenti senza chiusure, delocalizzazioni e perdita posti di lavoro, e dall’altro rilanciare il sistema industriale in Italia.
I dati Istat ci consegnano ancora un Paese bloccato, con una crescita vicina allo zero, un’inflazione bassissima, i consumi fermi e con i contratti a tempo indeterminato che risultano essere in crescita ma contemporaneamente ci sono meno ore lavorate.
In Italia continuano a coesistere situazioni opposte: aziende che proseguono nell’accumulare ricchezza e incrementare i posti di lavoro, in molti casi precari, e tante altre che riducono o chiudono la propria attività produttiva. Questo si verifica nelle diverse regioni italiane, a seconda delle dimensioni dell’impresa e delle capacità che queste hanno avuto nel tempo di investire in ricerca, sviluppo e innovazione.
Ora si apre indubbiamente una nuova fase: dopo tanti anni di difficoltà del sindacato confederale ci sono nuove modalità di approccio tra governo e sindacati. Dopo anni di attacchi al modello confederale, siamo riusciti a essere considerati interlocutori credibili grazie alle iniziative che abbiamo sviluppato nel corso di questi anni e soprattutto grazie al consenso che abbiamo riconquistato tra i lavoratori e i cittadini.
Non dobbiamo però cadere nella trappola di considerare quest’esecutivo amico, perché sarebbe un errore strategico. Dobbiamo invece giudicarlo sulla base dei provvedimenti che intende adottare.
La piattaforma unitaria di Cgil, Cisl e Uil ha una programmazione di ampio respiro, presentando provvedimenti e proposte da realizzare sia nel breve che nel lungo periodo.
Le organizzazioni sindacali devono essere pronte al confronto prevedendo e stabilendo le priorità del momento. Pensioni, fisco, equità sociale, investimenti, salvaguardia dei posti di lavoro e i rinnovi dei contratti rappresentano le emergenze attuali.
Bene hanno fatto le confederazioni a convocare una grande assemblea che vedrà la partecipazione di 9mila persone, rappresentanti sindacali delle diverse realtà e territori, per il prossimo 9 ottobre ad Assago, Milano. L’obiettivo è quello di discutere e programmare le iniziative necessarie per condizionare la politica e il governo partendo dai contenuti della piattaforma unitaria elaborata oltre un anno fa.
Per novembre è stata programmata una grande mobilitazione di tutti i pensionati che ancora una volta scendono in piazza perché in contrasto con le scelte del Governo che reputa questa importante categoria come il suo bancomat in casi di necessità.
Riteniamo che questi due eventi rappresentino la volontà dei sindacati di non fare nessuno sconto a questo governo e di continuare un confronto franco e trasparente.
La situazione del Paese continua a essere difficile, con numerose criticità al limite del collasso sociale.
Continueremo a seguire con estrema determinazione le vicende che interessano i lavoratori di Whirlpool che è diventata la vertenza più simbolica e importante degli ultimi mesi. Questa situazione sta dimostrando il limite e la pochezza di una classe politica che non è in grado di sostenere una soluzione positiva alla vertenza e soprattutto l’incapacità del governo nel far rispettare a una multinazionale un accordo e gli impegni presi un anno fa, nell’ottobre 2018.
Oltre alla condivisione delle iniziative programmate ormai da tempo e intensificate negli ultimi giorni, parteciperemo attivamente alla manifestazione e sciopero del prossimo 4 ottobre che coinvolgeranno tutti gli stabilimenti italiani di Whirlpool.
Chiederemo al governo e al Presidente del Consiglio Conte di intervenire per far sentire tutto il peso del governo e del Parlamento per non consentire alla multinazionale di abbandonare il sito produttivo di Napoli e di continuare a produrre ricercando tutte le soluzioni organizzative e gli investimenti possibili.
La decisione del Tribunale di Taranto di accogliere il ricorso presentato dai commissari straordinari dell’Ex Ilva, con il mantenimento in marcia dell’altoforno 2 e con l’esecuzione di interventi ambientali nei prossimi 90 giorni, ha scongiurato la chiusura l’area a caldo prevista per il 10 ottobre. Tuttavia rimangono aperti tutti i problemi riguardanti la gestione dell’articolato accordo realizzato il 6 settembre 2018.
Sulla realtà produttiva di Taranto incombono diverse difficoltà, in primo luogo la decisione di ArcelorMittal di prorogare per ulteriori 13 settimane a partire dal 1° ottobre la cassa integrazione per 1.400 lavoratori e la mancanza di un confronto costruttivo e reale con le parti sindacali per rimodulare questo strumento.
In secondo luogo la situazione del sistema degli appalti che vede la scadenza della maggior parte dei contratti entro fine settembre, con il rischio della perdita di lavoro per centinaia di persone, il passaggio dal contratto metalmeccanico a quello multi servizi e la perdita di decine di aziende locali. Tutto questo può aggravare la situazione sociale ed economica esistente in questo territorio, andando a provocare nuovi scontri e tensioni in una comunità già in grave difficoltà.
A queste importanti vertenze si aggiungono una serie di crisi aziendali e soprattutto settori importantissimi come quello auto che necessita di un’attenzione particolare, poiché decisioni assunte Oltreoceano e da parte del Governo italiano rischiano di mettere in ginocchio uno dei pilastri del sistema produttivo italiano.
Noi continueremo con determinazione a sollecitare tavoli di confronto con Fca e Cnhi per analizzare la delicata fase che il settore sta attraversando e individuare tutte quelle soluzioni adeguate per scongiurare effetti negativi sull’occupazione.