di Andrea Farinazzo
La cultura della sicurezza sul lavoro nasce nelle scuole, ed è soltanto partendo da questi luoghi che possiamo dare agli studenti, i lavoratori di domani, gli strumenti necessari per confrontarsi con i rischi connessi alle attività lavorative. L’attenzione che stiamo riscontrando su questo tema è incoraggiante e io voglio soprattutto sottolineare come e perché l’educazione può e deve migliorare le condizioni di sicurezza e salute nel lavoro. Sicurezza sul lavoro che peraltro è oggetto di norme, verifiche e sanzioni severissime, senza tuttavia che gli incidenti sul lavoro diminuiscano in maniera evidente, segno dunque che qualcosa non va. Ecco quindi l’importanza di una riflessione specifica sulla cultura che deve accompagnare queste azioni. Cultura, sicurezza e lavoro devono andare insieme, sono tre fondamenti della nostra società e della nostra civiltà, sono tre pilastri su cui può e deve fondarsi l’esistenza di ogni individuo. Soprattutto in Italia, culla della cultura occidentale e del diritto. Abbiamo una legislazione all’avanguardia in tema di sicurezza e il lavoro è richiamato nel primo articolo della nostra Costituzione.
INCIDENTI SUI LUOGHI DI LAVORO NEL 2018
Eppure, in Italia ogni anno dobbiamo registrare numeri drammatici a causa degli incidenti sul posto di lavoro. Solo nel 2018 ci sono state 1.133 vittime, 59.585 malattie professionali e 641.261 infortuni sul lavoro. Nell’Unione Europea, il costo per infortuni sul lavoro e malattie professionali è stimato in 476 miliardi di euro l’anno, il 3,3% del PIL Europeo, ma nel caso delle malattie professionali l’impatto finale è difficilmente quantificabile. Queste patologie insorgono infatti a distanza di anni, perché il lavoratore è stato esposto a elementi inquinanti, cancerogeni, dannosi. Alcuni elementi – con i relativi effetti nocivi – nemmeno si conoscono (da qui l’importanza della ricerca nel settore), mentre altri materiali sono tristemente noti e sono entrati nella cronaca e nella storia di questo Paese. Il pensiero va in particolare a quella catastrofe epocale rappresentata dall’uso dell’amianto che ha portato a migliaia di vittime in tutta Italia. Ma oltre all’amianto ci sono il radon, la diossina, i fertilizzanti chimici, le vernici.
DATI ITALIANI DA SCENARIO BELLICO
Stiamo parlando di un costo enorme, umano e sociale, eppure queste tragedie ormai ottengono solo una stanca attenzione da parte dei mass media e sono ascoltate con distacco da un’opinione pubblica ormai assuefatta. Il nostro Paese sembra rassegnato a convivere con il problema degli incidenti sul lavoro e l’Italia si è abituata a dover “contabilizzare” ogni anno i caduti, i feriti, gli invalidi, come fosse un fatto ineluttabile. Ma io ritengo che non sia così. Non lo posso accettare come padre di due figli che diventeranno lavoratori. Non lo può accettare l’Indire che in quanto istituto di ricerca è impegnato a cercare soluzioni ai problemi. Non lo debbono accettare gli italiani perché il problema riguarda l’intera società e tutti possono finire in quelle statistiche. Lo ripeto. Non ci si deve arrendere a quei “numeri”. Quella contro gli incidenti sul lavoro è una battaglia aperta, che può essere vinta e l’Italia, per propria fisionomia economica e sociale, non può sottrarsi a questa sfida. Il nostro è un grande Paese industriale, manifatturiero, agricolo, è una naturale piattaforma logistica per mettere in collegamento tre continenti. Ha una tradizione gloriosa in tema di meccanica industriale, di cantieristica navale, di grandi infrastrutture, di petrolchimica, di lavorazione tessile. Ha un patrimonio tecnico e tecnologico preziosissimo. In tutto il mondo, i nostri prodotti, per il solo fatto di essere “made in Italy”, sono considerati di livello superiore, migliori, più affidabili. L’Italia ha nel suo DNA la spinta alla produzione di qualità di beni e servizi.
CULTURA DELLA SICUREZZA
Questa attitudine può essere mantenuta e sviluppata solo con una forza lavoro preparata, consapevole, messa nelle condizioni di rendere al meglio. Ogni giorno uomini e donne entrano nelle fabbriche, nei cantieri, negli uffici, nei laboratori per dare il proprio contributo alla crescita del Paese e lo devono poter fare avendo in sé tutti gli elementi culturali e conoscitivi per affrontare le loro mansioni lavorative in piena sicurezza. La legislazione, le norme, i controlli, le sanzioni sono fondamentali. Ma ovviamente non bastano. Spesso si arriva ai controlli e alle sanzioni dopo che un incidente è avvenuto e ha prodotto i suoi effetti. Questo è il punto centrale. Dobbiamo spostare l’attenzione dal “dopo” – quando il danno è stato fatto – al “prima”, quando l’incidente può essere evitato. Questo lo facciamo se investiamo sulla cultura della sicurezza, dando al singolo cittadino-lavoratore la sensibilità, la conoscenza, il giusto atteggiamento per prevenire il rischio. Un euro investito in prevenzione porta un risparmio esponenziale rispetto a quanto lo Stato deve spendere in termini di assistenza, cura, riabilitazione del lavoratore che ha avuto un incidente; senza contare che un lavoratore che rimane vittima o ferito o inabile è una sconfitta per l’intero sistema Paese, ben oltre i “costi” economici e umani che si determinano.
IL RUOLO DELLA SCUOLA
In questa prospettiva, la scuola è il luogo naturale dove introdurre i primi elementi di cultura della sicurezza. Rappresenta l’ambiente dove si stanno formando i lavoratori di domani, dove si può apprendere senza essere soffocati dalla quotidianità del lavoro, dove i nostri figli vanno accompagnati in un percorso di crescita fino a diventare dei veri cittadini.
Per questo, la scuola è il terreno naturale dove seminare i primi elementi di una cultura della sicurezza e questa è una delle più importanti novità del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, la legge di riferimento su questo tema che ci sta tanto a cuore. È una legge molto importante che riordina, mette a sistema, razionalizza le norme del settore. Un testo che ha il merito di introdurre un concetto fondamentale: bisogna formare gli studenti per poter contare in seguito su lavoratori preparati e attenti sul fronte della prevenzione. Una novità importantissima che a suo tempo ha destato un plauso e un consenso generali. Una novità che purtroppo è rimasta “lettera morta”, priva di alcun risultato concreto. Un’enorme occasione persa, perché puntare sulla scuola è un’opportunità e una necessità prevista dalle norme dello Stato e prescritta dal buon senso. Tanto più oggi, con la diffusione dell’alternanza scuola-lavoro, un nuovo sistema di formazione che finalmente avvicina il mondo dell’educazione a quello delle aziende. Il passaggio dai banchi di scuola o da un laboratorio scolastico a un vero e proprio luogo di lavoro non può essere sottovalutato nella sua complessità e anche rischiosità, non ci si può limitare a pretendere che l’azienda sia in regola, abbia tutte le dotazioni, si sia dotata di tutte le procedure del caso. È chiaro che tutto questo è assolutamente necessario, ma non basta. Allo studente che si accinge a lasciare il suo istituto scolastico per affacciarsi nel mondo del lavoro vanno dati gli elementi utili. Un giovane deve essere pronto ad affrontare la complessità di un luogo di lavoro che è ben diverso rispetto a un’aula scolastica. La cultura della sicurezza è parte essenziale di quell’educazione civica che deve accompagnare la crescita di ogni giovane.
COLLABORAZIONE TRA ISTITUZIONI E AZIENDE
Regole, controlli e sanzioni sono fondamentali ma non bastano. La sfida rappresentata dagli incidenti sul lavoro può essere vinta soltanto se tra le varie azioni messe in campo si punta sulla formazione culturale dei giovani. Ci vogliono giovani preparati, formati, coscienti del rischio insito di per sé in ogni attività lavorativa. Soltanto con questa azione educativa è possibile attenuare – e in prospettiva debellare – il fenomeno degli incidenti sul lavoro che oggi è endemico. Mi preme sottolineare la necessità di una collaborazione inter-istituzionale tra tutti gli attori in campo. Il tema della prevenzione sulla sicurezza del lavoro può essere affrontato solo mettendo in rete le competenze delle Istituzioni dello Stato: il Ministero della salute, il Ministero dell’Istruzione, il Ministero del Lavoro, l’INAIL, gli uffici competenti delle ASL, i reparti specializzati delle forze di Polizia, i Vigili del Fuoco. Tutti devono collaborare, soprattutto sull’aspetto dell’educazione dei giovani. Il Decreto 81, infatti, tra tanti meriti non riesce a delineare in maniera netta e univoca chi deve occuparsi di questa formazione culturale nelle scuole. Il Miur ha ovviamente un ruolo fondamentale perché è il padrone di casa della Scuola italiana, ma non può far da solo. Le competenze tecniche specifiche sulla prevenzione sono proprie di altre istituzioni. Non si potrà incidere senza un’azione coordinata tra i tre Ministeri – dell’Istruzione, del Lavoro e della Salute – oltre alle altre realtà variamente coinvolte con compiti essenziali. La “genericità” della norma può essere superata solo col senso di responsabilità e di collaborazione tra gli uomini e le donne dello Stato che guidano e amministrano le Istituzioni che ho menzionato. Si può vincere la sfida solo facendo squadra, ci vuole una visione più ampia rispetto al compito assegnato a ognuno di noi. Insieme possiamo farcela. Gli incidenti sul lavoro possono diminuire. Basta individuare questa come una delle priorità del Paese e muoversi di conseguenza. Su questo tema non mi aspetto le resistenze e le ritrosie che spesso si registrano quando bisogna mettere diverse istituzioni allo stesso tavolo, poiché la posta in gioco è troppo importante e non c’è spazio per personalismi e giocate solitarie. Con lo sforzo di tutti possiamo far sì che un giovane coinvolto oggi in un’attività formativa di prevenzione possa evitare di finire domani in una di quelle drammatiche statistiche che ho ricordato in precedenza. È una sfida che non ammette alcun disimpegno. Basta guardare negli occhi questi meravigliosi ragazzi che diventeranno lavoratori e classe dirigente del Paese nei prossimi anni per capire l’importanza della posta in palio.
Importante sarebbe insegnare nelle scuole la sicurezza sul lavoro come strumento di educazione civica non come imposizione legislativa, i bambini di oggi saranno gli imprenditori o i lavoratori di domani e quando si troveranno davanti ad una scelta o a una decisione avranno all’interno del proprio Dna, sia che siano lavoratori che imprenditori, la Cultura della Sicurezza, e lì non ci sarà bisogno di nessuna legge imposta dallo Stato italiano. Saranno loro i veri cultori della Sicurezza sul lavoro.