ArcelorMittal: sarà cassa integrazione. La Uilm non ci sta

di Giuseppe Danza
Sarà cassa integrazione ordinaria per un massimo di 1.395 lavoratori dello stabilimento ArcelorMittal di Taranto. La triste notizia è arrivata mercoledì 5 giugno, proprio a pochi giorni dall’incontro di lunedì prossimo con l’azienda. ArcelorMittal ha fatto sapere che la cassa integrazione durerà 13 settimane, a partire già dai primi di luglio. Duro il commento del Segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, che ha definito la scelta aziendale “grave, inopportuna e sbagliata”, anche perché “non si era mai verificato prima che, a pochi mesi dall’acquisizione, un’azienda facesse ricorso alla cassa integrazione ordinaria”.

LA CRISI DELL’ACCIAIO IN EUROPA 
Secondo il Segretario generale della Uilm ci saranno pesanti ripercussioni anche sugli altri stabilimenti ex Ilva d’Italia dove verranno utilizzati piani di smaltimento ferie per far fronte alla riduzione di volumi produttivi. “Siamo consapevoli che esiste un problema di riduzione di produzione di acciaio in Europa – chiosa Palombella – provocata dalla crisi dell’auto in particolare e non solo, ma anche per effetto dell’importanza di acciaio da Paesi terzi, Turchia e Cina in particolare, che hanno la possibilità di invadere i mercati con prodotti a bassissimo costo.” Però per la Uilm ArcelorMittal resta tra i più grandi produttori mondiali di acciaio con oltre 90 milioni di tonnellate prodotte all’anno, pertanto chiede “con fermezza che in Italia mantenga inalterati i livelli produttivi previsti dal piano industriale, come dall’accordo stipulato il 6 settembre 2018 al ministero dello Sviluppo economico”, tiene a precisare il Segretario generale.
TUTELA DELL’AMBIENTE
Intanto il 21 maggio scorso il sindaco di Taranto aveva chiesto normative più severe sull’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) per “ragioni sanitarie”. Dopo circa una settimana è arrivato un decreto del ministro dell’Ambiente Sergio Costa per procedere al riesame dell’Aia, facendo quindi intendere che le norme anti-inquinamento, le quali la ex Ilva dovrà rispettare, saranno d’ora in poi più severe. 
“Finalmente si potrà fare chiarezza sui dati dell’inquinamento ambientale – ha commentato Palombella – che con frequenza vengono diffusi da innumerevoli soggetti, spesso non identificati, e si potranno adottare quei provvedimenti necessari per monitorare, controllare e verificare il fenomeno”.
Nel frattempo sono già iniziati i lavori di demolizione dell’Altoforno 3, ormai in disuso dal 1994, all’interno dello stabilimento tarantino. Le operazioni prevedono il suo completo smantellamento per far posto ad un impianto di trattamento acque reflue di ultima generazione che sarà dedicato agli Altoforno 1, 2 e 4.
“ArcelorMittal Italia – si legge in una nota – continua a impegnarsi con serietà per rispettare tutti i termini previsti dal piano ambientale: l’obiettivo è fare di Taranto il polo siderurgico tecnologicamente più avanzato e sostenibile d’Europa.” D’altro canto, anche la Uilm spinge affinché le normative ambientali vengano rispettate così come previsto dall’accordo del 6 settembre 2018, il quale “rappresenta l’unica garanzia per i lavoratori e i cittadini di Taranto di vedere realizzato il risanamento ambientale, con il conseguente arresto delle fonti inquinanti e le bonifiche interne ed esterne allo stabilimento”.
AMBIENTE E LAVORO PER TARANTO
Non ha usato mezzi termini il Segretario generale dopo aver appreso la notizia della cassa integrazione: “Quel che è certo è che dobbiamo fare in modo che gli investimenti di ambientalizzazione, quelli sugli impianti e sulle bonifiche proseguano come da accordi. Lunedì (prossimo incontro con l’azienda, ndr) chiederemo tempi di scadenza, garanzie e impegni precisi e ci aspettiamo che questo annuncio venga ritirato.” Parole che risuonano come un imperativo quelle di Palombella, che intanto avverte: “Sarebbe un segnale sbagliato per i lavoratori di ArcelorMittal, ma soprattutto lancerebbe un segnale di disperazione per quelli in Amministrazione Straordinaria che verrebbero allungarsi ulteriormente i tempi di reintegro in azienda. Non solo, sarebbe un brutto colpo per l’intera città di Taranto e per chi crede nel rilancio e nel consolidamento della siderurgia in Italia”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *