Pubblichiamo integralmente il discorso che il nostro Segretario generale ha pronunciato a Cerignola in occasione della festa del 1° maggio
Grazie della vostra presenza.
Grazie per questa bellissima giornata.
Essere qui insieme a voi è sicuramente una grande occasione e un’emozione indimenticabile.
Nei lunghi anni ho sempre sperato di partecipare alla manifestazione del 1° maggio in questa realtà così significativa e storicamente importante.
Ringrazio Cgil Cisl e Uil di Foggia, le camere comunali di Cerignola, tutti quelli che hanno contribuito alla piena riuscita di questa manifestazione per avermi regalato questa indimenticabile esperienza.
Il clima che si respira in questa piazza è diverso dagli altri, rappresenta un valore storico e trasmette un sentimento molto profondo e suggestivo.
Cerignola è una delle più importanti realtà del Sud che ha combattuto contro il nazifascismo per la libertà, per i diritti, per la solidarietà e per la democrazia. Alto è stato il contributo in termini di vite umane perse durante il periodo fascista. Solo nel 1921, durante una campagna elettorale, furono uccisi nove lavoratori.
Stare qui oggi, tutti insieme, serve per non dimenticare le atrocità e per continuare a batterci per l’affermazione del diritto al lavoro.
Nonostante siano passati tanti anni, dobbiamo continuare a usare la stessa determinazione con cui Giuseppe Di Vittorio si è battuto per il Mezzogiorno e per i lavoratori. In questa piazza, come in tantissime altre piazze d’Italia, oggi si svolgono manifestazioni per ricordare, nonostante siano passati 72 anni, l’efferato eccidio di Portella della Ginestra dove furono trucidati 11 lavoratori e feriti 27, mentre festeggiavano pacificamente questa ricorrenza.
Oggi per noi deve essere una giornata di riflessione sui temi del lavoro, dei diritti, dello stato sociale e quest’anno anche del futuro dell’Europa. Noi qui, i Segretari generali di Cgil Cisl e Uil a Bologna, un’altra città come questa segnata in maniera indelebile dagli attentati di matrice fascista. Tutte queste iniziative ci devono far riflettere sulla situazione in cui versa il nostro Paese. Nonostante le lotte di questi anni, la situazione dell’Italia continua a essere per molti aspetti preoccupante. I provvedimenti dei governi che si sono succeduti sono stati inadeguati considerando la gravità della situazione. In questi anni di crisi sono aumentati i poveri e la ricchezza si è concentrata nelle mani di pochi.
Ci sono più di 5 milioni di persone che vivono nella povertà più assoluta, che rappresentano oltre 2 milioni di famiglie. La crisi ancora in atto ci consegna un Paese non solo più povero, ma anche più diviso tra il Nord e il Sud Italia. Mentre un cittadino del Sud guadagna 9mila euro all’anno un cittadino che vive al Nord ne guadagna 34mila. L’Italia non può ripartire continuando a mantenere queste differenze tra un’area e l’altra del Paese.
Questo livello di povertà si ripercuote negativamente sulla salute.
In questi anni sono aumentate in modo drammatico le persone che non si curano più: circa 12 milioni di cittadini hanno smesso di curarsi, di effettuare esami clinici e diagnostici. E 8 milioni hanno utilizzato i propri risparmi per evitare i tempi di attesa, che soprattutto al Sud raggiungono gli oltre cinque mesi. Per non parlare dei tempi di attesa nei pronto soccorso!
In Italia giorno dopo giorno si continua a perdere questo valore sociale e universale. In questi anni, per fare cassa, i governi che si sono avvicendati hanno ridotto drasticamente i finanziamenti per il servizio sanitario nazionale che per anni ha rappresentato una punta di eccellenza non solo in Italia, ma anche in Europa. Per mantenere il livello di cure mediche raggiunto in questi anni servono circa 30 miliardi di euro.
Mai come in questo momento si nota una differenza tra le strutture sanitarie del Nord e quelle del Sud Italia, continuano ad aumentare i viaggi della speranza: sono ormai migliaia le persone del sud che vanno a curarsi al nord. Mancano medici e personale qualificato, in alcuni ospedali vengono addirittura richiamati a lavoro i medici che sono andati in pensione o si cercano in altri Paesi europei.
Qui in Capitanata mancano 110 figure specialistiche. È impossibile trovare queste figure. Per poterle formare servono almeno cinque anni. Il nostro sistema universitario è inadeguato: non è pensabile continuare a tenere il numero chiuso per i corsi di laurea come quello di medicina mentre si continua a tenere il numero aperto per gli studi classici. Rischiamo di diventare un Paese senza figure ad alta specializzazione, mentre i nostri giovani vanno all’estero.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha richiamato l’Italia, perché ha fissato la spesa sanitaria al di sotto della soglia di sicurezza. Si ripropone drammaticamente il problema del diritto alla salute sancito dalla Costituzione.
Un altro problema che frena la crescita è il calo delle nascite. Ogni anno si perde una città di 100mila abitanti. Per la mancanza di nascite il nostro Paese è condannato a un progressivo invecchiamento. La famiglia classica, soprattutto quella del Sud, continua a perdere i suoi valori. I giovani non sono in grado di programmare il proprio futuro. Manca una vera prospettiva.
È mancata la volontà dei vari governi di realizzare una politica a sostegno delle famiglie, a sostegno delle persone non autosufficienti, a sostegno dell’infanzia e di contrasto alla povertà. Sono mancate le politiche di inclusione, sono mancati gli investimenti per quanto riguarda la scuola, per l’accesso al mondo del lavoro e al sostegno delle persone con disabilità.
Ormai da diversi anni l’Italia è un Paese bloccato, le previsioni parlano di una crescita del Pil di uno 0,2%. Cresce, questo sì, il debito pubblico. Aumentano i disoccupati: soprattutto al Sud hanno raggiunto la soglia del 40%. Il contributo più alto lo pagano le Regioni del Sud, i giovani e le donne. Purtroppo non si intravedono segnali di crescita. Aumentano ancora una volta le tasse sui salari, sulle pensioni e sulla casa. Mancano le risorse per far ripartire gli investimenti pubblici e privati.
Per far ripartire i consumi occorre una vera riforma fiscale incentrata sul valore della progressività e che faccia diminuire il carico fiscale su salario e pensioni. La Flat tax non può essere la risposta alla diminuzione delle tasse. Questo sistema produrrà nuovi squilibri. Dobbiamo rispettare la Costituzione: chi guadagna di più deve pagare di più!
Se non si fa una vera lotta all’evasione fiscale è impossibile abbassare le tasse. Questa è la vera emergenza italiana. Ogni anno si evadono 190 miliardi di euro di tasse. Una volta e mezzo il debito pubblico!
A questa piaga si aggiunge anche il problema dei contributi non versati e della corruzione che è la vera vergogna italiana. L’Italia è un Paese malato di corruzione e di un alto livello di burocrazia. Non esistono altri paesi europei così corrotti.
Combattere la corruzione significa combattere organizzazioni malavitose, realizzare opere economicamente sostenibili, in grado di far crescere la ricchezza e non distruggerla come avviene in Italia.
Negli ultimi anni la corruzione ha divorato oltre 100 miliardi di euro, circa 10 miliardi all’anno del Pil.
In Italia occorrono 62 autorizzazioni per una semplice ristrutturazione. I permessi edili superano i 234 giorni, mentre in Europa mediamente sono circa 30 giorni. Questa situazione ha fatto diventare l’Italia un campione europeo di irregolarità e abusivismo edilizio, di distruzione, di scempi e insulti al nostro territorio.
L’Italia per poter ripartire ha bisogno di creare lavoro. Il lavoro non si crea con le leggi, ma con investimenti pubblici e privati. Ogni anno diminuiscono le risorse destinate agli investimenti: quelli pubblici sono passati da 41 miliardi a 30. Addirittura al di sotto della media europea.
Basta tagli agli investimenti pubblici e privati! Basta tagli alla sanità pubblica!
Basta tagli alla scuola pubblica!
Basta tagli alla sicurezza del territorio!
Basta tagli a ricerca, sviluppo, innovazione e formazione!
Basta tagli al Mezzogiorno!
Basta tagli alla famiglia e alla sicurezza sociale!
Basta tagli per dare risposta ai bilanci nazionali ed europei!
Bisogna ripensare seriamente al ruolo delle banche e del credito.
Bisogna incentivare investimenti privati e salvaguardare il risparmio.
Il Documento di economia e finanza appena approvato è privo del necessario coraggio: non investe sulle vere dinamiche economiche e sociali, non ci sono interventi mirati a favore della crescita, a favore dello sviluppo e dell’occupazione. E sopratutto non ci sono investimenti per il Sud. Bisogna mettere in sicurezza i territori per i disastri climatici, sismici e idrogeologici. Gli investimenti realizzati in questi anni sono stati insufficienti e inadeguati per far fronte a questo drammatico problema. Va modificata la legge sul pareggio di bilancio delle regioni in modo che si possano spendere più risorse per aumentare il benessere al Sud.
C’è un nuovo provvedimento sul tavolo del Governo che rischia di aumentare le differenze tra il Nord e il Sud d’Italia: lo chiamano autonomie regionali, io invece lo chiamerei “secessione per i ricchi”. L’Emilia Romagna, la Lombardia e il Veneto vorrebbero più competenze rispetto alle altre regioni d’Italia. Questa richiesta creerà ulteriori divisioni tra Nord e Sud. Le tre regioni chiedono maggiore autonomia su 21 punti, tra cui: sicurezza sociale, istruzione, sanità, tasse, lavoro, rapporti internazionali, tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, coordinamento delle finanze pubbliche del sistema tributario e del governo dei territori.
Se passasse questo provvedimento sarebbe un colpo per le regioni del Sud. Altro che puntare ad avere un’Italia unita! Altro che investire nelle regioni del mezzogiorno! Sarà tutto più complicato e difficile!
Ancora una volta saremo noi a fare la differenza, a opporci a questo disegno suicida perché siamo convinti che la ripresa dell’Italia possa avvenire a una sola condizione: che ci sia una ripartenza del Mezzogiorno!
Il vero assente nel dibattito politico ed europeo è il lavoro. Non sono necessarie leggi speciali per far ripartire il nostro Paese, per dare dignità alle persone, per diminuire le disuguaglianze, per colmare la differenza tra Nord e Sud. Non sono necessarie leggi speciali per far crescere un Paese economicamente e socialmente e per garantire livelli adeguati di vita.
Il vero dramma italiano è unico: il lavoro. Manca il lavoro. Manca soprattutto il lavoro dignitoso. Manca un vero piano per il lavoro. Come abbiamo più volte detto il livello di disoccupazione è elevatissimo. Soprattutto nelle le regioni del Sud. Con il lavoro legale si combatte la povertà. Senza una vera politica per il lavoro il nostro Paese non ripartirà.
Le riforme fatte in questi anni dai vari governi sul mercato del lavoro hanno solo diminuito le tutele, gli ammortizzatori sociali e hanno fatto aumentare la precarietà. La riforma Fornero ha ulteriormente peggiorato il sistema pensionistico in Italia. Quota 100 ha solo fatto alcune piccole modifiche per noi insufficienti. Dobbiamo continuare a batterci per modificare la legge Fornero, perché i lavori non sono tutti uguali!
Anche il Reddito di Cittadinanza anziché dare risposte concrete al mondo del lavoro dà solo risposte parziali. In queste ore si parla tanto di salario minimo, per quei lavoratori che non hanno una contrattazione collettiva nazionale. In Italia, e soprattutto nel Mezzogiorno, temi prioritari come quelli dei diritti, degli orari, del salario e del lavoro precario non sono stati mai risolti. Il lavoro agricolo è quello dove esiste il più grande fenomeno di evasione contributiva e contrattuale. È vero: è necessario individuare un salario minimo orario per tutte quelle realtà non coperte da contrattazione nazionale, ma occorre anche rendere i contratti nazionali di lavoro sottoscritti applicabili per tutti i lavoratori!
Tre lavoratori perdono la vita ogni giorno sul proprio posto di lavoro. È un drammatico bollettino di guerra che non è degno di un paese civile. Nell’ultimo periodo gli infortuni gravi e mortali sono aumentati di oltre il 10%. Proprio domenica abbiamo celebrato la Giornata mondiale sulla sicurezza sul lavoro organizzata dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo triste fenomeno. Nel passato si faceva riferimento solo a infortuni nelle fabbriche e nel sistema industriale, purtroppo però anche in altri settori, compreso quello agricolo, c’è stato un incremento di infortuni gravi e mortali.
Occorre una grande consapevolezza, una grande sensibilità e soprattutto un’azione corale da parte delle istituzioni, delle organizzazioni sindacali e datoriali, ma anche degli stessi lavoratori.
La legge contro il caporalato è nata qui, ma poche aziende agricole vi hanno aderito. Il fenomeno del caporalato, come sapete, espone i lavoratori a rischi maggiori di infortuni e malattie professionali e alimenta la criminalità organizzata.
In questa realtà si registrano dati preoccupanti da un punto di vista della legalità e aumentano i reati. L’omicidio del maresciallo dei Carabinieri, Vincenzo di Gennaro, purtroppo non è l’unico grave episodio. La mafia garganica e la malavita cerignolana colpiscono in modo strategico proprio i centri nevralgici del sistema economico della provincia: l’agricoltura, l’edilizia e il turismo. Il polo manifatturiero esistente con il rilancio del polo del vetro, la presenza di Leonardo nell’aerospazio, la presenza di Cnh Industrial e la filiera della trasformazione del pomodoro pongono il tema dell’adeguamento infrastrutturale.
Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, conoscitore di questa bella realtà del Sud, oltre a istituire tavoli deve dare concretamente risposte alla Puglia e a tutta la provincia di Foggia. Sa benissimo, Conte, che bisogna investire in infrastrutture, far crescere l’agricoltura, il turismo e il manifatturiero valorizzando ancora di più il Gargano e Vieste come poli di eccellenza per le vacanze, insieme a San Giovanni Rotondo per il turismo religioso.
Infine, la grande manifestazione del 9 febbraio a Roma ha ridato ancora una volta credibilità all’azione di Cgil Cisl e Uil, una manifestazione senza precedenti fatta non contro qualcuno ma a sostegno della nostra piattaforma. Chiediamo al governo e all’opposizione di smettere di considerare il nostro Paese sempre in campagna elettorale: una volta quelle amministrative, poi quelle regionali, le politiche e ora quelle europee. I cittadini hanno bisogno di fatti concreti: basta con provvedimenti spot! Bisogna intervenire sui problemi strutturali del Paese.
Basta continuare a parlare di aumento dell’Iva sì o no!
Basta continuare a parlare di giovani senza una reale volontà di intervenire sui problemi dei giovani!
Basta continuare a parlare del mezzogiorno senza investire le risorse necessarie per farlo ripartire!
Basta parlare di diminuzione delle tasse se si vogliono aumentare!
Basta parlare di più tutele sugli ammortizzatori sociali se poi si vogliono eliminare!
Basta parlare di sanità o di scuola, se poi si tagliano le risorse per la sanità e la scuola!
Per queste ragioni chiediamo al governo di aprire un tavolo di discussione che affronti i veri nodi che affliggono il nostro Paese e in particolare il nostro Sud.
Dopo la manifestazione di Roma stanno seguendo tante iniziative in tutto il Paese, come quella di oggi.
Il 22 giugno ci vedremo a Reggio Calabria per continuare a mettere al centro dei programmi di Cgil Cisl e Uil la crescita del Paese e in particolare del Mezzogiorno.