Job Ciak: un sogno che si realizza 

di Lisa Destro

Un video contest che dà voce ai giovani attraverso gli strumenti con cui esprimono se stessi e il loro punto di vista. Queste sono le parole chiave sul “Job Ciak” che hanno illuminato e stimolato la mia immaginazione, inducendomi a partecipare al concorso organizzato da Uil e Uil Tv, arrivato quest’anno alla sua seconda edizione.

LA CONFERENZA STAMPA
Tutto ebbe inizio quando, lo scorso ottobre, partecipai alla conferenza stampa di presentazione all’Auditorium Parco della Musica, durante la Festa del Cinema di Roma. Allora, come spesso mi accade lavorando nell’ufficio sindacale della Uilm, il nostro segretario generale Rocco Palombella mi portò con sé all’evento, e lì ebbi modo di capire che il contest, presentato dal responsabile dell’ufficio stampa Uil Antonio Passaro insieme alla presidente della Fondazione Cinema per Roma Laura Delli Colli e al regista Gianfranco Pannone, era un’iniziativa che poteva interessarmi personalmente, non solo perché rientravo nella fascia di età dei potenziali partecipanti, ma anche perché farlo mi avrebbe permesso di ripescare molte competenze ed esperienze che fanno parte del mio bagaglio personale, oltre che professionale. Prima di entrare alla Uilm, infatti, ho lavorato come assistente in alcune piccole società di produzione, e il cinema è sempre stata una mia grande passione.

LA NASCITA DI UN’IDEA
Detto fatto, mi misi subito al lavoro coinvolgendo quello che sarebbe diventato il co-autore del corto, il montatore cinematografico Matteo Serman, che immediatamente appoggiò la mia decisione con entusiasmo. Il tema del concorso di quest’anno, “un’idea di lavoro”, di certo poteva essere analizzato da moltissimi punti di vista, e non nascondo la difficoltà iniziale a focalizzarlo in una storia che fosse avvincente e allo stesso tempo attuale. Alla fine lo spunto, come spesso accade nel processo creativo, è nato dall’esperienza personale, e ben presto abbiamo capito che il focus doveva essere: “quando nasce un’idea di lavoro”. La riflessione che più spesso emergeva era infatti quanto fosse difficile per un giovane di oggi, così come lo era stato per noi, realizzare cosa volesse fare realmente nella vita, e quali fossero le condizioni in cui questo poteva avvenire. Il messaggio che volevamo lanciare era ormai chiaro: per fare scelte di vita realmente consapevoli bisogna essere innanzitutto consapevoli di se stessi, e per questo è fondamentale che alla base ci sia un buon orientamento alla persona, che aiuti realmente i giovani a capire cosa vogliono fare a partire dalla conoscenza di sé.

IL COINVOLGIMENTO DELLA TROUPE
Ci siamo così immaginati una serie di possibili scenari in cui dei ragazzi “disorientati” si trovavano sul punto di scegliere il proprio futuro e, ahimè, non avevano affatto le idee chiare. Ma solo quando ci siamo messi a tavolino con il regista Domenico Croce e lo sceneggiatore Domenico Modafferi (ebbene sì, due Domenico) è emersa la vera e propria storia che avrebbe iconicamente e, speravamo, incontrovertibilmente trasmesso il senso del nostro messaggio: due ragazzi che hanno fatto la scelta universitaria sbagliata hanno due vite parallele destinate a non incontrarsi, perché nella realtà non è il caso a farti scegliere la strada giusta (ma il buon orientamento, appunto).
Non mi dilungo ulteriormente su altri aspetti della realizzazione se non dicendo che, una volta definita la storia, il coinvolgimento a cascata dei vari membri della troupe è stata una naturale, anche se non logisticamente semplice, conseguenza e la cosa bella è stata soprattutto vedere il formarsi di un team che ha aderito al progetto con tanto entusiasmo, che ha partecipato a decine di riunioni di sera e nei weekend e che ha profuso grande professionalità nonostante il budget risicato e le prospettive di vincita del tutto imprevedibili.

La premiazione del cortometraggio “Disorientati”

UN’ESPERIENZA DI VITA VERA
E così è nato il cortometraggio “Disorientati”, che, devo dire, una volta ultimato ci è sembrato un prodotto onesto, riuscito nel soddisfare i nostri intenti iniziali, e che quindi ci rendeva orgogliosi a prescindere da qualsiasi eventuale riconoscimento. E poi, come ogni lavoro, al di là del risultato finale è importante il processo che porta a quel risultato. In questo senso posso dire che “Disorientati” mi ha insegnato tanto, perché mi ha costretto a ripensare a quello che ho vissuto in un passato non così lontano ma abbastanza da analizzarlo da una certa distanza ed elaborarne una storia sentita perché realmente vissuta sulla mia pelle. Nelle statistiche che da subito abbiamo pensato di inserire a supporto della narrazione ho letto numeri e percentuali che però rappresentano ragazzi veri, ragazzi pentiti, indecisi, frustrati e disorientati come lo sono stata io. Nelle voci dei giovani intervistati ho riconosciuto la speranza, l’incertezza, la preoccupazione e il desiderio che stanno percorrendo un’intera generazione ma che sono forse, allo stesso tempo, transgenerazionali e universali.

LA CERIMONIA DI PREMIAZIONE
Per tutto questo la notizia della vittoria è giunta tanto inaspettata quanto gradita, perché andava ad aggiungere la cosiddetta ciliegina su una torta già molto buona, a maggior ragione perché oltre al primo premio, quello della giuria, “Disorientati” ha vinto anche la menzione speciale attribuita dallo sponsor del concorso il Fondo For.te al video in grado di mettere meglio in evidenza l’importanza della formazione nel mondo del lavoro. Non so descrivere l’emozione provata durante tutta la cerimonia di premiazione, che si è svolta lo scorso 4 aprile nella prestigiosa Sala Fellini degli Studios di Cinecittà. Io, che tante volte nelle esperienze lavorative passate ero colei che stava nell’organizzazione, coordinava gli ospiti, la scaletta ecc. adesso ero l’ospite, quella davanti ai riflettori, chiamata a fare le interviste per i vari tg e le foto di rito con il premio in mano. Ma ovviamente l’emozione più grande è stata trovarmi sul palco, premiata da una simpaticissima Veronica Pivetti che quest’anno era membro della giuria, alla presenza di tanti amici, dei colleghi della Uilm e del segretario generale, Rocco Palombella, il quale ha appoggiato fin dall’inizio l’idea della mia partecipazione al concorso evitando però, con grande rispetto e correttezza, qualunque possibile influenza e condizionamento nel mio lavoro. A lui quindi porgo un grande ringraziamento, che si unisce a quello rivolto a tutti coloro che hanno collaborato e creduto nel progetto.

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