Manovra: c’è l’accordo con Bruxelles. Resta l’Ecotassa

La matassa della manovra finanziaria 2019 è stata sbrogliata. Dopo lunghe trattative sarebbe stata scongiurata la procedura d’infrazione per l’Italia e raggiunta l’intesa con l’Unione europea. La notizia è trapelata martedì 18 dicembre, ma ufficializzata solo il giorno seguente con il via libera di Bruxelles. Il deficit al 2% accompagnato dal nuovo programma di spending review e dalla revisione al ribasso del Pil sarebbe stato decisivo per convincere l’Ue sulla mini-riduzione del deficit strutturale. Sul fronte del testo le novità sono numerose, una tra tutti riguarda la famosa “ecotassa” sulle auto a benzina.

IL COMPROMESSO
La nuova soluzione proposta sarebbe un compromesso secondo cui, dal marzo 2019, verranno penalizzate solo le vetture di grossa cilindrata e premiato l’acquisto di auto elettriche o ibride, con o senza rottamazione. La tassa parte da 1.100 euro e riguarda le auto nuove che emettono tra 160 e 175 grammi di anidride carbonica a chilometro; sale a 1.600 euro per quelle che emettono fino a 200 grammi e a 2.500 euro per quelle che emettono oltre 250 grammi di CO2. Lo sconto, invece, è di 6mila euro per chi compra un’auto elettrica e ne rottama una vecchia, o di 4mila senza rottamazione; di 2.500 euro per le auto ibride che emettono fino a 20 grammi di CO2, che diventano 1.500 senza rottamazione. Tra le novità introdotte lo sconto del 30% sull’acquisto di moto e scooter elettrici, fino a un massimo di 3mila euro.

LA LETTERA DI FCA
Nonostante i passi avanti, o sarebbe meglio dire la marcia indietro, le associazioni di settore restano contrarie. Il 12 dicembre scorso, il responsabile delle attività europee di Fca, Pietro Gorlier, aveva inviato una lettera al presidente del Consiglio regionale del Piemonte, Nino Boeti, in cui spiegava che l’azienda non avrebbe partecipato al Consiglio del giorno dopo proprio a causa del meccanismo del bonus-malus.
In sostanza Gorlier ha specificato che “il piano industriale è basato sulle più aggiornate previsioni di mercato e sull’attuale impianto normativo e regolatorio del settore”, ricordando che il documento prevede “per il periodo 2019-2021 investimenti pari a 5 miliardi di euro per il lancio di 13 nuovi modelli o restyling di modelli esistenti, nonché nuove motorizzazioni con impiego diffuso di tecnologia ibrida ed elettrica”. “Il sistema di bonus-malus – continua – inciderà significativamente sulla dinamica del mercato, in una fase di transizione del settore estremamente delicata, modificando le assunzioni alla base del nostro piano industriale. Se tale intervento fosse confermato fin dal 2019 si renderà necessario un esame approfondito dell’impatto della manovra e un relativo aggiornamento del piano”.

LA POSIZIONE DELLA UILM
“Come Uilm avevamo subito denunciato che il meccanismo di bonus-malus sull’acquisto delle automobili, introdotto da un emendamento alla legge di stabilità, era tale da mettere a repentaglio l’industria italiana dell’auto. Purtroppo i nostri maggiori timori si stanno realizzando. Rischiamo di veder sfumare un piano di investimenti di 5 miliardi di euro e di trovarci in prospettiva dinanzi a molte migliaia di esuberi”. Lo ha dichiarato il Segretario generale della Uilm, Rocco Palombella.
La Uilm ha già chiesto al governo di ritirare la misura prima che provochi migliaia di esuberi e di confrontarsi per capire come sostenere, anziché ostacolare, il piano industriale di Fca. “In tutti i paesi industrializzati – ha continuato Palombella – si cerca di aiutare l’apparato produttivo a vincere la sfida della competizione internazionale; dopo molti anni di negligenza, è giunta l’ora che anche l’Italia riprenda a fare politiche industriali di sostegno all’impresa e al lavoro, quantomeno per cercare di giocare ad armi pari con i concorrenti stranieri”. Spesso, infatti, si sottovaluta il peso del settore automotive e si dimentica che offre lavoro a circa 260mila addetti. Circa 80mila sono difatti gli occupati nelle aziende produttrici finali, di cui la più grande è naturalmente Fca con oltre 60mila dipendenti, mentre altri 180mila lavorano nelle imprese della componentistica. 

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