Cosa serve per crescere davvero


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 L’articolo di Antonello Di Mario

L’editoriale di “Fabbrica Società”, il giornale della Uilm che sarà on line da domani

L’Europa non cresce. L’Italia nemmeno. La tragedia dei recenti attentati terroristici, nel cuore di Bruxelles e a pochi mesi da quelli di Parigi, aumenta le preoccupazioni già presenti a livello internazionale. Se l’economia non si riprende, non può esserci sviluppo dell’occupazione.

“Tutte le stime di crescita per il 2016 sono state corrette al ribasso – scrive Enrico Cisnetto, giornalista economico – ePimco (società di gestione globale degli investimenti, ndr) ha tagliato di un quarto la previsione di crescita mondiale, portandola al 2,5%, mentre la Bce ha portato all’1,4% quella dell’eurozona. Lo stesso Matteo Renzi, a fine febbraio, ha dovuto portare all’1,4% le previsioni sul 2016, dall’1,6% annunciato con la nota di aggiornamento al Def”.

Per quanto riguarda la disoccupazione giovanile, il dato medio nazionale è del 37,9% rispetto al 22% dell’Unione europea. “Una politica per lo sviluppo – ha sostenuto Giuseppe Berta, storico dell’economia, commentando i dati occupazionali – passa oggi dalla scelta di concentrare le risorse là dove più consistenti appaiono le possibilità di irrobustire la ‘performance’ economica. E passa altresì da un’analisi minuziosa e puntuale delle piattaforme economiche e produttive che devono essere potenziate con provvedimenti ad hoc”.

Attualmente l’Italia risulta in testa alla classifica dei Paesi beneficiari dei finanziamenti della Bei, attraverso il Fondo strategico per gli investimenti. Sono 1,7 miliardi di euro le risorse finora liberate dal piano predisposto da Jean Claude Juncker, presidente della Commissione Ue. Si tratta di investimenti attivati attraverso 29 progetti, tra accordi di finanziamento a Pmi e piani di infrastrutture. Almeno 12 miliardi di euro dovrebbero mettersi in circolo grazie ad un successivo effetto moltiplicatore. Bisogna, però, fare attenzione.

“E’ evidente – ribadisce l’economista Enrico Giovannini, già ministro del Lavoro nel governo di Enrico Letta – che nel Meridione c’è un bisogno straordinario di investimenti. Speriamo che i nuovi fondi strutturali europei non vengano dispersi in piccoli rivoli”.

Il problema del lavoro che manca è responsabilità anche della scuola. “Manca una cultura dell’incontro tra domanda e offerta – denuncia Michele Tiraboschi, professore ordinario di diritto del Lavoro all’Università di Modena e Reggio Emilia – Da noi l’apprendistato non funziona. L’alternanza scuola-lavoro è solo sulla carta. E’ un problema di sistema: col programma ‘Garanzia giovani’ abbiamo buttato 1,5 miliardi di euro in un deserto. La verità è che non siamo capaci a utilizzare nemmeno le risorse che ci sono”.

Occorre partire dal basso per contrastare la dispersione scolastica e professionale. “Come fanno i ‘Maestri di strada’ a Napoli – suggerisce Agnese Moro, socio psicologa del lavoro- affinché i giovani possano trovare delle figure di riferimento per riuscire a crescere”.

Insomma, per crescere occorre investire nelle imprese, ma in particolar modo sui giovani. E collocare le risorse come le tessere in un puzzle che va ultimato. Sono condivisibili le parole di Laura Pennacchi: “Bisognerebbe concentrare tutte le energie – afferma l’ex sottosegretario al Tesoro nell’esecutivo di Giuliano Amato – sul rilancio degli investimenti, con piani audaci di spesa pubblica diretta e di partnership pubblico-privato”.

Sì, ci vogliono più risorse per crescere davvero, ma anche tanta progettualità ed efficace capacità di scelta.

Ufficio Stampa Uilm
Roma, 30 marzo 2016