“Sostenere una progressiva riconversione industriale, con investimenti pubblici e privati, e impostare la discussione sul diesel su basi razionali, senza ingiustificate demonizzazioni, sono le due direttrici su cui muoversi per salvare il sito Bosch di Bari, nonché molte altre imprese italiane che versano nella medesima condizione. L’incontro di oggi purtroppo non ha prodotto alcun avanzamento significativo e quindi speriamo che la richiesta del Ministero di interloquire al prossimo incontro direttamente con i vertici europei di Bosch possa sbloccare la situazione”. Lo dichiarano Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm, e Riccardo Falcetta, segretario della Uilm di Bari e coordinatore nazionale del gruppo al termine dell’incontro tenutosi al Ministero dello Sviluppo economico.
“Secondo le previsioni illustrateci oggi, si prevede – spiegano Ficco e Falcetta – un mercato dell’auto globale senza alcuna crescita fino al 2026 e si immagina nel 2030 una percentuale a livello globale di auto esclusivamente elettriche pari al 24%, con i restanti 36% di ibrido e 40% di motorizzazione tradizionale, a sua volta costituito per un quarto da diesel. Se si considera che l’UE sta correndo a marce forzate verso una elettrificazione ancor più rapida e che si continua a criminalizzare il diesel, a dispetto del fatto che le ultime tecnologie lo rendono sostanzialmente paragonabile al benzina o addirittura migliore relativamente alle emissioni di co2, si comprende facilmente che si sta preparando una tempesta perfetta per l’industria italiana, che da sempre rappresenta un’eccellenza in campo motoristico. Una corsa violenta verso l’elettrificazione sarebbe sinceramente comprensibile a due condizioni, che la spinta ecologista fosse condotta su basi razionali, ad esempio considerando i costi delle batterie e la necessità di costruire infrastrutture adeguate, e che fosse accompagnata da investimenti ingenti per sostenere la riconversione industriale. Purtroppo però accade il contrario e semplicemente stiamo rischiando di smantellare la nostra industria per favorire quella straniera”.
“A Bosch – sostengono i sindacalisti della Uilm – chiediamo di individuare una nuova missione produttiva per Bari che si affianchi a quella attuale incentrata sul diesel, poiché le lavorazioni portate negli ultimi anni non appaiono decisive per invertire la dinamica di declino. Al Governo invece chiediamo di passare dalle parole ai fatti, sviluppando una politica industriale nell’interesse nazionale. Atti concreti, come misure fiscali che non penalizzino la fornitura infragruppo, possono difatti aiutare a percorrere la strada della riconversione produttiva. Abbiamo anche avanzato la proposta di stipulare un accordo di programma, con il coinvolgimento della Regione Puglia, e su questo le Istituzioni ci hanno dato una risposta in linea di principio positiva”.
“La deindustrializzazione – concludono i sindacalisti – è purtroppo già iniziata, come tristemente dimostra il recente annuncio da parte di Mahle di voler chiudere due fabbriche proprio a causa della crisi del diesel, noi dobbiamo provare a fermarla prima che sia troppo tardi e la Bosch di Bari è un caso decisivo ed emblematico, poiché rappresenta la seconda azienda della Puglia dopo l’ex Ilva. A Bari non rischiamo solo i 600 potenziali esuberi di cui più volte si è parlato, ma a ben vedere la stessa sopravvivenza dello stabilimento in cui lavorarono oltre 1.800 persone”.